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Mafia non è in ginocchio

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Li hanno presi mentre passavo a setaccio i negozi di Tommaso Natale e Resuttana nel capoluogo siciliano. I nove provvedimenti nei confronti degli appartenenti alle famiglie di San Lorenzo – Resuttana, sono stati emessi ieri dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, e dai sostituti Francesco Del Bene, Gaetano Paci e Lia Sava. Gli esattori sono: Domenico Alagna (48 anni, giardiniere di Villa Niscemi, sede di rappresentanza del Comune), Giuseppe Crisafi (41 anni, esattore di fiducia della “famiglia”), Vito Nicolosi (47 anni, custode del palazzotto dello sport), Salvatore Randazzo (42 anni, proprietario di una rosticceria e di una rivendita di ghiaccio), Angelo Convissuto (43 anni titolare di un negozio di abbigliamento), Bartolo Genova (28 anni, giovane nipote del capomandamento di Resuttana), Manuel Pasta (34 anni, incensurato, titolare dello Studio Crociata), Michele Pillitteri (titolare di una macelleria), Antonio Troia(figlio del capofamiglia di Pallavicino).

Una rete capillare e radicata nel territorio, alcuni insospettabili, altri soggetti già noti alle forze dell’ordine.  Indagini, quelle che hanno portato a questi fermi per estorsione,  che si sono incrociate con quelle del nucleo operativo della Guardia di Finanza che a loro volta seguivano gli affari del post- Lo Piccolo nel mandamento di San Lorenzo. Incrociando questi dati, pedinamenti e confessioni di sette pentiti, gli inquirenti sono riusciti a smantellare questa “esattoria” messa in piedi da Cosa nostra, l’organizzazione “messa in ginocchio” , secondo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, dalle numerose operazioni delle forze dell’ordine sul territorio negli ultimi mesi. “Abbiamo neutralizzato capimafia, arrestato importanti latitanti, colpito il sistema delle estorsioni, ma la mafia  – dichiara nella conferenza stampa di ieri Antonio Ingroia  – e’ capace di riorganizzarsi, come dimostra la recrudescenza del fenomeno del pizzo in diverse zone della citta’. A questo – continua Ingroia – va aggiunto che la collaborazione dei commercianti vittime e’ insufficiente rispetto ai dati del fenomeno e alla sua estensione”.

“Oggi assistiamo ad una frammentazione del potere mafioso a Palermo, dove non c’è un capo – sottolinea Ingroia – i continui colpi inferti a Cosa nostra, rendono più difficoltosa la sua riorganizzazione. Possiamo dire che siamo in una fase di assestamento». L’operazione di oggi dimostra che la Procura di Palermo colpisce ovunque e non orienta le proprie indagini. Quindi ci occupiamo dell’ala militare di Cosa Nostra, dei suoi interessi economici e, ovviamente, anche degli intrecci tra politica e Cosa nostra». «Abbiamo dato un’accelerazione all’indagine – ha detto in conferenza stampa il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo – per evitare che decine di commercianti fossero costretti a pagare il pizzo», che la mafia generalmente impone in due tranche annuali, solitamente a Natale e a Pasqua. «La lotta al racket – ha assicurato il colonnello Teo Luzi, comandante del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo – resta una delle nostre priorità, perchè aggredisce il potere economico della mafia e garantisce una minore disponibilità di liquidità per Cosa nostra. Gli arresti odierni sono il risultato di lunghe indagini, proseguite all’indomani dell’operazione Eos, che ha portato tra l’altro alla scoperta dell’arsenale della mafia a Villa Malfitano. Ma l’organico risulta ancora insufficiente per fare una vera lotta alla mafia, anche sul versante militare.

Cosi il procuratore aggiunto Ingroia in chiusura, lancia un appello al Governo: “la Procura di Palermo, nonostante le mille difficoltà piu’ volte denunciate e la spaventosa carenza di organico, riesce a colpire la mafia ovunque e a produrre risultati eccellenti. Ma la situazione e’ insostenibile, lavoriamo con un terzo dell’organico. Rivolgo un appello al mondo della politica – ha aggiunto – perche’ il Governo metta in atto provvedimenti urgenti in grado di consentire alla Procura di Palermo, e piu’ in generale a quelle del Sud Italia, di sostenere il corpo a corpo con la mafia, che non e’ vinto e ha bisogno di risorse uomini e mezzi. Siamo sotto organico del 27% – ha concluso Ingroia – rispetto al numero di magistrati che dovrebbero comporre la Procura ordinaria e la Direzione distrettuale antimafia”.

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