Parma, il ruolo dell’informazione contro le mafie
Prima un batuffolo bianco, poi un altro, fino a quando la nevicata prende rapidamente corpo sotto forma di pesanti fiocchi. Cade la neve a Parma e i passi affrettati delle persone risuonano ovattati nella coltre che copre le vie lentamente e imbianca i passanti. Difficile pensare ad altro che non sia il Natale prossimo venturo, difficile ipotizzare poi che ci possa essere qualcuno interessato a sentire parlare di mafie, mentre fuori le luminarie natalizie e l’abbondante nevicata sono lo scenario ideale per evocare ben altri ragionamenti.
Eppure una minoranza ben motivata si ritrova nella città ducale, all’interno dei locali dell’Istituto per la Resistenza, per partecipare al secondo appuntamento di “Mafie senza confini. Noi senza paura”, il percorso che Libera Informazione e l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna hanno messo in cantiere per sensibilizzare operatori dei mezzi di comunicazione e pubblica opinione sul rischio dell’infiltrazione mafiosa in questa regione, a torto ritenuta immune da presenze criminali.
“Non c’è tempo da perdere, vogliamo dare un segnale di attenzione al fenomeno mafioso che, nonostante tutto, è ben radicato in questa città e vogliamo fare la nostra parte fino in fondo”: è questo il messaggio che il referente di Libera a Parma, Giuseppe La Pietra consegna in apertura ai presenti, tra i quali alcuni colleghi giornalisti di tv e carta stampata.
Che Parma non sia un’isola felice, ma una realtà da tempo fatta oggetto di attenzione è testimoniato non solo dai documenti della Direzione Nazionale Antimafia e della DIA, ma anche dall’attività quotidiana di contrasto alle cosche, campane e siciliane in primis.
Del resto sono passati solo pochi giorni dai clamorosi arresti eseguiti nell’ambito dell’operazione “Compendium” condotta dalla Squadra Mobile di Caltanissetta con il coinvolgimento di altri commissariati italiani, che hanno riguardato alcuni esponenti della potente cosca Emmanuello, originaria di Gela. Ancora una volta sotto i riflettori l’attività di riciclaggio e di intermediazione operata nel mercato dell’edilizia pubblica e privata, che vede i soggetti mafiosi allacciare relazioni pericolose con settore ritenuti impermeabili a pressioni criminali.
E come dimenticare poi la dura replica del prefetto Paolo Scarpis in risposta alla denuncia televisiva fatta da Roberto Saviano qualche mese fa, circa la presenza consolidata del clan dei Casalesi proprio in quel di Parma: “Sono ‘sparate’ di una persona che sta a 800 chilometri di distanza, che ha visto Parma di passaggio. Se qualcuno è così convinto di saperne di più dei professionisti del settore, che si faccia avanti facendo nomi e cognomi”.
Seguirono smentite e precisazioni, ma rimase certamente in molti l’impressione che parlare di mafie in città fosse sconveniente e inopportuno. Ecco perché nel suo itinerario in Emilia Romagna, Libera Informazione non poteva non fare tappa proprio qui, a Parma.
E per ragionare del ruolo dell’informazione nella lotta alle mafie, come non partire dalla preziosa testimonianza di una vittima, quale Giovanni Spampinato, giovane cronista de “L’Ora” di Palermo, che nella sua Ragusa si trovò a raccontare, unica voce isolata nel mutismo e perbenismo autoimposto dei colleghi, gli affari delle cosche e le pericolose relazioni tra mafia ed eversione di destra. Spampinato venne ucciso a soli venticinque anni. Era il 1972 e da allora la sua è stata sempre una storia minore nel purtroppo lungo elenco delle vittime di mafia, fino a quando il fratello Alberto, giornalista di valore e oggi “quirinalista” per l’agenzia ANSA, decise di ricostruire la sua vicenda e di raccontarla in un libro, davvero ben scritto e capace di emozionare il lettore, ma anche di farlo riflettere su come fare il proprio dovere in alcuni casi diventi una condanna a morte.
Nel suo “C’erano bei cani ma molto seri” (Ponte alle Grazie, Milano 2009), Alberto Spampinato ripercorre la storia del fratello Giovanni per trovare le tracce di quell’impegno professionale che lo condussero inevitabilmente a scontrarsi con i poteri forti di Ragusa, in un contesto dove essere giornalista ti portava in prima linea ogni giorno, forse senza neanche volerlo coscientemente. Le belle parole di Spampinato affascinano i presenti che vengono però strappati all’emozione per essere consegnati all’indignazione, visto che la storia del cronista ucciso a Ragusa offre il destro per raccontare le vicende dei tanti giornalisti e cronisti che oggi sono minacciati, non solo fisicamente.
Per evitare che si ricreino, più di trent’anni, dopo le stesse condizioni che portarono all’isolamento il fratello, Alberto Spampinato ha dato oggi vita, con il contributo della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti, insieme a Libera Informazione e Articolo 21, ad “Ossigeno”, l’Osservatorio per tutelare i cronisti minacciati e rilanciare le notizie oscurate con la violenza. Per offrire ossigeno ad una informazione che sembra averne oggi quanto mai bisogno si deve con forza lavorare per rilanciare le notizie oscurate, per rafforzare reti virtuali e virtuose, per garantire sostegno al ruolo fondamentale che l’informazione deve svolgere a garanzia dei cittadini contro ogni forma di abuso, soprattutto quello proveniente dal potere, sia esso legittimo sia esso criminale.
È la volta poi di Gerardo Bombonato, presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna che dichiara fin da subito la propria soddisfazione per il percorso avviato da Libera Informazione. Si sentiva e si sente il bisogno di affrontare la questione della criminalità organizzata in regione, per non avere tra qualche anno brutte sorprese e per creare quegli anticorpi civili necessari a debellare i guasti provocati dalle mafie.
Il presidente dell’Ordine regionale esprime anche la propria preoccupazione per gli annunciati progetti di riforma in materia di intercettazioni. C’è il rischio che si pongano limiti all’operare della magistratura e al dovere di informazione in capo ai giornalisti.
È un appassionato atto di difesa della professione giornalistica quello di Bombonato che non lesina però anche le critiche ad alcuni suoi colleghi. Nell’attività quotidiana degli operatori dell’informazione, infatti, giocano spesso un ruolo negativo le forme di autocensura che, per viltà, opportunismo, timore, limitano il racconto e la denuncia. E oggi parlare di mafie in Emilia Romagna sembra essere un esercizio temerario. Ben vengano quindi tutte le forme di collaborazione che servano a porre la questione anche dall’esterno dei confini regionali: serve più che mai capire come le mafie si infiltrano nell’apparato amministrativo, come si distorcono i meccanismi di funzionamento della democrazia, come si inquinano economia e finanza.
Questo deve essere il ruolo dell’informazione nel contrasto alle mafie: non è certo una scoperta ma diventa, al contrario, una doverosa assunzione di impegno che a tutti i livelli deve riguardare chi fa informazione, ma anche chi ne fruisce.
Al termine degli interventi di Spampinato e Bombonato, c’è il tempo anche per alcune domande e brevi repliche; forse ci vorrebbe più tempo ma quello a disposizione ormai volge al termine. L’incontro è finito e a quanti lasciano la sala, ora Parma si presenta bianchissima e immacolata, sotto la nevicata che s’infittisce e accompagna il ritorno verso casa.
Ci sarà sicuramente modo di venire ancora a Parma, dove il coordinamento di Libera si sta muovendo con capacità e determinazione. Si dovrà ancora una volta affrontare la questione delle presenze mafiose nel concreto del loro agire. È una promessa per noi di Libera Informazione.
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