L’antimafia nonostante il Governo
Si è parlato molto nelle ultime settimane dell’azione governativa di contrasto alle organizzazioni criminali. La maggioranza rivendica risultati importanti e di sostanza: arresto di latitanti, sequestro di beni, normative più stringenti per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Alla prova dei fatti, tuttavia, si assiste a uno scenario differente: i consigli comunali non vengono sciolti, i beni confiscati sono messi in vendita, e le forze dell’ordine sono costrette ad autotassarsi per portare avanti le indagini. Facciamo il punto con Claudio Giardullo, segretario dello Silp – Cgil.
Libera Informazione ha seguito, in questo periodo, la polemica sui meriti che il Governo si prende sul risultato che le forze dell’ordine riescono, con molte difficoltà, a portare avanti. Qual è la posizione del Silp e che tipo di antimafia questo Governo sta facendo?
La prima considerazione è che si sta facendo un’antimafia tutta fondata sull’impegno, sullo sforzo e sul sacrificio delle forze di polizia. Stiamo parlando, naturalmente, per quel che riguarda le attività di polizia. C’è il versante della magistratura che è altrettanto importante. Sul fronte mafioso si fa uno sforzo e un impegno analogo. L’antimafia che si fa, e i risultati che si ottengono, si realizzano attraverso l’impegno, la competenza e il sacrificio delle forze di polizia. Sono risultati che si ottengono nonostante, e l’avverbio è importante, il programma di Governo che viene materialmente realizzato. Nonostante il Governo abbia fatto il più pesante taglio alle forze di polizia mai avvenuto in Italia; nonostante in questi due anni ci sia stata un ulteriore riduzione di personale, salvo il fatto che adesso in finanziaria è stato presentato un emendamento che dovrebbe coprire il turn-over per i prossimi tre anni. Nonostante il Governo immagini di abolire o ridimensionare fortemente modelli fondamentali dell’attività investigativa, quali le intercettazioni. Nonostante tutto questo, ci sono forze di polizia che riescono ad ottenere risultati degni di rilievo. Va anche detto che sono risultati dovuti al nostro impegno e alle sinergie con la magistratura. Se fosse per il Governo, o se il programma di governo dovesse essere il valore aggiunto di questa attività, allora questo valore aggiunto non ci sta proprio.
Il Governo ha addirittura istituzionalizzato le ronde, utilizza i militari…
A fronte di un taglio delle risorse sta aumentando la domanda di sicurezza nel nostro paese. A parte i risultati che si hanno sul versante della cattura dei latitanti, non possiamo dire che le attività economiche e di radicamento delle mafie siano in crisi. Tuttavia, nonostante tutto questo, il Governo offre in alternativa o le ronde, che sono un problema piuttosto che una soluzione per le attività di polizia, oppure l’impiego dei militari. Impiego non soltanto nelle vigilanze fisse degli obiettivi sensibili, ma anche nel pattugliamento delle città, cosa che non ha veramente senso.
Considerando che in questi ambiti i militari non hanno la professionalità della polizia…
Intanto i militari, e lo diciamo con rispetto e con amicizia, sono preparati nel fare altre cose e non sicurezza, il che rende il loro impiego più un problema organizzativo che non una soluzione. Con i soldi, 64 milioni soltanto il primo anno, che sono stati spesi, e che verranno spesi, si potevano avere più volanti, non chiudere i commissariati, avere più personale e più tecnologia, più formazione. In una parola, tutti quegli elementi e quei fattori che sono oggi determinanti nel contrastare le organizzazioni mafiose.
Come si diceva in precedenza, nonostante tutti i tagli, tutti gli impedimenti, gli agenti della squadra mobile di Palermo, ad esempio, hanno dovuto anticipare i soldi per portare a termine il loro lavoro, per ottenere dei risultati importanti…
Si, è successo in ogni periodo e con tutti i governi, questa è una cosa che va sottolineata. Quel nonostante oggi ha un valore ancora maggiore, perchè nessuno può nascondere ormai, e non lo fa neanche il Governo, che il taglio realizzato in questi anni è un taglio particolarmente pesante. Il paradosso di questo paese è che da un lato aumenta la domanda di sicurezza, l’esigenza di contrasto delle mafie, dall’altro il Governo riduce le risorse per le forze di polizia. I risultati, che comunque ci sono, non sono attribuibili a quel programma ma solo all’impegno degli operatori di polizia.
E’ stato votato alla camera un emendamento che prevede la vendita dei beni confiscati alle mafie. Tra le varie giustificazioni portate avanti da esponenti della maggioranza c’è anche il fatto che i soldi ricavati da queste vendite serviranno a coprire i tagli fatti alle forze di polizia. Oltre al rischio che i beni confiscati venduti tornino in mano ai vecchi proprietari, non è da questi canali che le forze dell’ordine avrebbero bisogno di interventi economici e di sostegno…
A parte la considerazione che gran parte dello sforzo delle forze di polizia sul versante antimafia viene così vanificato, provocando sfiducia nel cittadino. Sono decenni che conosciamo il valore, anche simbolico, di alcune scelte che fa lo Stato. Restituire un bene a un mafioso o a un suo portavoce attraverso la vendita vuol dire svuotare di contenuto quelle norme, a partire dalla legge Rognoni-La Torre che introdusse le misure di prevenzione di tipo patrimoniale come arma strategica nella lotta alle mafie. Colpire la ricchezza delle mafie è una delle risorse maggiori. Siamo consapevoli di questo, e rimaniamo meravigliati di scelte del genere.
A parte questa considerazione, rimane il fatto che quei soldi, da quantificare comunque sia, essendo risorse assolutamente incerte, poichè non si sa quanti beni verranno sequestrati, quanti possano essere venduti, questi soldi hanno una caratteristica tecnica che non risponde alle esigenze delle forze di polizia. Sono risorse una tantum, con le quali non si può costruire un programma strategico, non si possono assumere operatori, non si può immaginare di tenere aperto un commissariato. Si può fare un uso che è una tantum, e quindi al massimo si possono pagare i debiti pregressi. Non mi sembra il massimo dal punto di vista della programmazione e della pianificazione.
Considerando poi le sfide poste in essere dalle organizzazioni criminali, è una lotta senza confini…
Non c’è dubbio. C’è la tendenza ovviamente all’espansione della presenza mafiosa in tutto il territorio nazionale. Laddove c’è un tessuto economico e sociale abbastanza vivace e ricco, lì c’è il rischio che ci sia un insediamento mafioso. Ormai la globalizzazione dell’impresa e dell’organizzazione mafiosa richiede una strumentazione da parte dello Stato di livello sicuramente più alto che nel passato. Questo richiederebbe investimenti consistenti, duraturi, e non discontinui o una tantum.
Avete fatto uno sciopero, e molti si sono stupiti che la polizia scendesse in piazza. Pensa che il Governo potrà rivedere la sua posizione nei confronti di chi, facendo il proprio dovere, mette a repentaglio la sua vita quotidianamente?
Oggi registriamo con amarezza che non c’è stata una svolta, un cambiamento radicale da parte del Governo. Dopo quell’iniziativa c’è stato un risultato parziale, che apprezziamo. Sono stati stanziati altri 100 milioni sul contratto. Ma, a parte la questione del turn-over, la copertura dei vuoti in organico, un risultato ascritto evidentemente alla nostra iniziativa, a parte questo non sono stati previsti fondi per il funzionamento degli apparati di polizia. Di qu
el miliardo che è stato tagliato, sono previsti soldi per la copertura del turn-over nei prossimi tre anni, ma mancano all’appello 700 milioni che dovrebbero servire per ridare vitalità e poter realizzare una programmazione e pianificazione per le forze di polizia. Su questo versante il Governo non ha fatto nulla di più.
Sul versante delle politiche del personale sono stati stanziati 100 milioni, esattamente la metà di quanto stanziato dal governo Prodi alla stessa voce, che è quella della specificità, l’elemento distintivo del lavoro delle forze di polizia. Specificità vuol dire rischio, professionalità, lavoro in condizioni di disagio permanente. Ancora una volta il Governo non presta attenzione a questo lavoro, a questo disagio, a questa produttività. Nei riconoscimenti formali si sottolinea l’impegno, lo sforzo degli operatori di polizia, ma nella realtà non si ha un’attenzione concreta.
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