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Operazione Compendium, ancora binomio mafia-edilizia

Di Rosario Cauchi il . Emilia-Romagna, Sicilia

Nel marzo scorso, il Prefetto di Parma, Paolo Scarpis, a due giorni di distanza dalle dichiarazioni rese in diretta televisiva dallo scrittore e giornalista, Roberto Saviano, tenne immediatamente a precisare che alcuna indagine relativa ad organizzazioni criminali era in atto nel territorio di propria pertinenza: nessuna mafia, dunque, era riuscita a travalicare i confini emiliani.  

L’operazione “Compendium”, condotta dalla Squadra Mobile di Caltanissetta, coadiuvata da quelle di Firenze, Genova, Brescia, Reggio Emilia, Agrigento, Trapani, Pordenone, e dal Commissariato di Polizia di Gela, sembra, invece, smantellare le sicurezze della massima autorità locale.  

Proprio nella città emiliana, infatti, si sarebbe strutturato uno degli epicentri economici della cosca Emmanuello, i cui membri si sarebbero dedicati alla gestione di un’occulta centrale di collocamento, mantenuta prevalentemente dai fratelli Alabiso e Infuso, sotto la direzione del portavoce al nord del boss Daniele Emmanuello, Salvatore Terlati: finalizzata all’individuazione di manodopera gelese da inserire all’interno degli organigrammi di diverse entità agenti nel locale settore edile, e fra queste alcune direttamente controllate dal gruppo riconducibile a cosa nostra.  

L’indagine portata a termine martedì, connessa anche a quella estiva denominata “Cerberus”,  ha cercato di definire ogni contorno dell’organizzazione retta, fino al momento della sua morte, da Daniele Emmanuello.  

Il prodotto finale appare di pregevole fattura: ramificazioni economiche, innestate prevalentemente dall’attività edile, consolidatesi in buona parte del centro-nord Italia, dalla Toscana al Friuli Venezia Giulia; diffuse minacce lanciate ai concorrenti; il controllo della “filiera” delle costruzioni; la diretta gestione di talune imprese; l’interesse alla frattura degli argini di accesso alle “stanze dei bottoni”, rappresentate dalle amministrazioni locali.  

Il fattore che più di ogni altro potrebbe sorprendere coloro che non fossero avvezzi alla disamina delle “gesta” della mafia gelese può facilmente rintracciarsi nell’eterogeneità dei luoghi fisici divenuti teatro degli arresti.  

Andrea Frecentese fermato a Cordenons, in provincia di Pordenone; Claudio Lo Vivo ad Aviano; Claudio Parisi a Genova; Nunzio Alabiso a Varano dè Melegari, presso Parma; Angelo Di Bartolo, Claudio Infuso, Orazio Infuso e Tommaso Placenti, proprio nella città ducale; Rosario Cascino a San Zeno Naviglio, piccolo borgo nei pressi di Brescia; Nunzio Quattrocchi a Sesto Fiorentino.  

Il gruppo Emmanuello, rinvigorito dall’unione con quello riconducibile alla famiglia Rinzivillo, dimostra, così, di essere quello maggiormente orientato all’esportazione dei propri interessi, giungendo addirittura in terra teutonica, come dimostrato dalla cattura di uno dei fratelli dell’indiscusso leader, Daniele Emmanuello, ovvero Alessandro: abbandonato anche dalla sua ex convivente, Patrizia Matt, capace di supportare l’azione degli inquirenti attraverso personali ricordi e conoscenze.  

La mafia imprenditoriale traspariva soprattutto dall’opera delle aziende, I.C.A.M srl e I.G.M. srl, riconducibili a Sandro Missuto, già detenuto in conseguenza dell’indagine “Cerberus”, e sottoposto alla proverbiale lente di ingrandimento per ciò che concerne i fatti dell’inchiesta “Quattro mura”, e da quella di una particolare ditta individuale facente capo a Giuseppe Bevilacqua, a sua volta interessato dall’operazione “Beton Free”.  

Quest’ultimo, in particolare, viene descritto alla stregua di messo degli interessi del clan Emmanuello nel settore delle costruzioni, talmente esperto dei meccanismi in esso dominanti da poter rilasciare o negare “autorizzazioni” indispensabili per poter avviare una qualsiasi attività sul territorio controllato dal clan (tra i destinatari dei veti frapposti dal clan possono annoverarsi due aziende di Niscemi controllate dai fratelli Vincenzo e Gianfranco Sanzone), riuscendo addirittura a porre sotto scacco una società del calibro della “Calcestruzzi spa”, controllata dalla “Italcementi spa”.     

L’edilizia, in ogni caso, non era l’unico interesse del gruppo: a Gela, infatti, assai gettonata era l’opzione legata al mercato degli stupefacenti, orchestrato, peraltro, all’interno dei locali della pizzeria, “Caverna-Net”, di proprietà di un nuovo adepto, Rocco Ascia, individuato anche grazie alla collaborazione offerta agli inquirenti da Fortunato Ferracane, allontanatosi definitivamente dalla sfera delle famiglie di cosa nostra gelese.  

L’ingordigia dimostrata da taluni membri dell’organizzazione li condusse, per la prima volta in assoluto al di fuori del contesto gelese, a tentare la scalata ai vertici del sistema amministrativo (assoluta garanzia per gli appalti pubblici), puntando direttamente all’ottenimento di uno scranno al Consiglio Comunale di Parma: sfida accolta da Marco Carfì, Nunzio Alabiso e Orazio Infuso, inseriti tra i candidati schierati dalla lista “Mastella/Udeur-Popolari”, antecedente all’adesione dell’attuale parlamentare europeo al progetto del Popolo della Libertà, anche a seguito dell’interessamento dimostrato dall’ex senatore, Tommaso Barbato, apparso a sua volta in talune inchieste della magistratura.  

La morte di Daniele Emmanuello e gli arresti patiti da molti componenti della sua “creatura” hanno certamente indebolito l’organigramma criminale, ma non possono ancora dirsi decisivi, a causa di una costante capacità di rigenerazione dimostrata dal sodalizio, tra i più ampi della scena, agevolata dalle ramificazioni accertate al di fuori della regione: non è un caso, ad esempio, che tra gli arrestati figuri il nominativo di Claudio Lo Vivo, referente per il circondario di Pordenone, tra gli attori dell’inchiesta “Ge.Po” del 2005, in grado di smascherare l’attivismo, dimostrato da alcune imprese edili gelesi, rispetto agli appalti affidati dalla Nato presso la base militare di Aviano; né può dirsi casuale l’intervento degli inquirenti in Lombardia, regione tra le più frequentate dalle famiglie Emmanuello e Rinzivillo, in passato interessate a lucrare sui finanziamenti statali assicurati dalla legge 488 del 1992.  Mafia, edilizia, politica, traffico di stupefacenti: un conglomerato fondamentale per le sorti di un’organizzazione multipolare.

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