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Lo spiaggiamento della Jolly Rosso ad Amantea

Di Anna Foti* il . Calabria

Sono trascorsi 19 anni dallo spiaggiamento della Jolly Rosso a largo di Amantea a Formiciche il 14 dicembre 1990. La verità è ancora avvolta negli abissi del mare. Da allora si sono incrociate diverse inchieste giudiziarie, tra cui quella di Reggio Calabria, condotta dal procuratore Franco Neri, e quella di Paola, condotta dal procuratore Franco Greco, confluite in un’archiviazione, la prima, e in un rinvio a giudizio la seconda. Con riferimento a quest’ultima l’assoluzione è intervenuta nel 2008 ma per capi di imputazione di occupazione del demanio marittimo e abbandono di cavi, di un rimorchio, di un portellone, di un gruppo frigo e lamiere varie nei fondali marini. Il rinvio a giudizio per la Ignazio Messina & C. s.p.a,.proprietaria della jolly rosso e per la Mo.Smo.De.ditta crotonese chiamata con gran fretta a demolire il relitto, si fondava quindi sulla contestazione di occupazione abusiva di suolo demaniale e di smaltimento illegale di rifiuti ma non radioattivi e pericolosi.

E’ utile ricordare che la prima ditta interpellata, la Smit Tak con sede a Rotterdam – una grande società per una imbarcazione abbastanza piccola – lasciava il relitto a logorarsi sulla spiaggia dopo avere incassato quasi un miliardo di vecchie lire. Avrebbe dovuto recuperarla e rimetterla in mare. Invece l’abbandonava, riscuotendo prima. Qualche domanda dovrebbe sorgere. In quella inchiesta la Ignazio Messina & C. s.p.a, quindi, non dovette rispondere di smaltimento illegale di scorie radioattive con danni a persone e a luoghi e disastro ambientale. Dunque l’assoluzione aveva e ha un’altra valenza, un’altra portata.

A riguardo si evidenzia che è invece intervenuta un’archiviazione parziale, nel maggio di quest’anno, con la quale veniva fugato ogni dubbio circa un possibile nesso tra lo spiaggiamento della Rosso e i rilievi tossici e radioattivi registrati nel tratto compreso tra i 370 metri e i 450 metri nelle acque di Belvedere Marittimo e di Cetraro. Le indagini appurarono che tale anomala presenza in mare non era riconducibile ad un presunto carico della stessa Rosso.

Ciò tuttavia non escludeva che i fusti mancanti nel relitto arenato, invece di essere stati scaricati sul fondo nel mare, fossero stati interrati, nè escludeva che quelle alterazioni fossero dovute al carico di altra nave. Se si fosse, e sono solo ipotesi, trattato di un affondamento mancato e i fusti della motonave Rosso non avessero per una qualunque ragione raggiunto il rassicurante fondo marino, questi avrebbero comunque dovuto trovare a terra un luogo in cui essere nascosti.

Questo filone, forse fantasioso, forse no, rimane comunque percorribile; altrettanto evidente quanto ancora ingiustificata rimane anche la presenza di cromo, alluminio, arsenico e cobalto nel tratto di mare prima indicato e divenuto oggetto di un’ordinanza di divieto di pesca del 2007, poi revocata dopo poco più di un anno dalla stessa Capitaneria di Cetraro.

Dunque lo scenario non attiene solo agli affondamenti dolosi in mare ma anche agli interramenti mai accertati, forse anche dei fusti presumibilmente trasportati dalla Rosso e che sarebbero mancati all’appello al momento dei primi rilievi sull’imbarcazione spiaggiata. Gli interramenti, rimasti più inesplorati. E’ il tempo delle nuove spinte giunge con l’arrivo a Paola del procuratore Bruno Giordano che riesuma quel fascicolo del 2005 e, accertata la presenza radioattiva sulle terra ferma, ne trae due filoni.

Uno relativo agli affondamenti delle Navi dei veleni, poi trasmesso alla DDA per il significativo coinvolgimento del crimine organizzato, e uno sui presunti interramenti nel Torrente Oliva, tra Serra d’Aiello e Aiello Calabro, in cui si è registrato un notevole tasso di radioattività, un’anomalia termica con variazioni di temperatura di quattro-cinque gradi e una cifra abnorme di persone affette e decedute per patologie oncologiche. Il procuratore Giordano raggiunto da Strill.it telefonicamente si mostra cauto e prudente con riferimento a possibili collegamenti con la Jolly Rosso. “Parleremo – ha spiegato il procuratore paolano – quando avremo dati certi. In questo momento non sappiamo neppure se in fondo al Torrente Oliva ci siano fusti. Le due questioni potrebbero non essere collegate”. 

Adesso è infatti prioritario indagare sui tre siti inizialmente individuati lungo il torrente Oliva, risultati altamente radioattivi e tossici con concentrazioni di Cesio 137 e Mercurio. In particolare uno di questi, il più grande, potrebbe contenere la fonte di una radioattività che, come da controlli successivi, potrebbe avere causato l’incidenza drammatica di mortalità per tumore in quella zona.

 “Di concerto con il Ministero dell’Ambiente, l’Arpacal e da qualche giorno anche i Forestali, ognuno con le proprie competenze – ha spiegato Bruno Giordano –  stiamo procedendo a ritmo serrato con la messa in sicurezza di tutta la zona al fine di avviare il piano di caratterizzazione che il Ministero ha già presentato alla Procura”. Il procuratore Giordano ha parlato anche di una buona sinergia con riguardo a tali delicati accertamenti che, in questa prima fase di indagini in superficie, coinvolgono tutti i livelli: l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per conto del Ministero, l’Arpacal (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria) per conto della Regione, e il Corpo Forestale.

“I primi e i secondi si stanno occupando delle analisi di natura chimica e radioattiva, mentre i Forestali stanno mettendo a disposizione i loro magnetometri e i loro elicotteri per effettuare rilievi a infrarossi al fine di appurare l’eventuale presenza di metalli sotto terra”. All’Ispra anche il compito di individuare la ditta che eseguirà i carotaggi, attualmente in fase di individuazione con una procedura particolarmente celere. Una stretta collaborazione tra Procura, Ministero e Regione, assente negli accertamenti sottomarini sulla presunta Cunsky, che dovrebbe condurre in breve tempo all’avvio dei carotaggi nelle aree individuate nel piano ministeriale. “I carotaggi potrebbero iniziare anche prima di Natale – dichiara fiducioso il procuratore Giordano -. ed entro i successivi quaranta giorni dovremmo già potere avere i risultati”.

Degli interventi successivi, e dei possibili risvolti, è dunque prematuro parlare. Forse si procederà con la messa in sicurezza di ciò che verrà  individuato qualora dovesse risultare maggiormente difficoltosa o pericolosa l’asportazione. La parola chiave rimane bonifica, anche se ne dovrebbe aggiungere un’altra: verità.  
 
* da Strill.it
 

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