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“Modello (?) Caserta”

Di Norma Ferrara il . Campania

“A più di un anno dalla sua attuazione, il modello Caserta in questa provincia, è come un intervento chirurgico non concluso, che rimanendo aperto, crea molti danni dove invece pretende di risolverli”. Cosi Lorenzo Diana politico casertano, animatore di tante battaglie per la legalità nell’area campana oggi commenta con Libera Informazione i risultati e le mancanze di un modello che il Governo ha istituito in terra di camorra per combattere i clan e che ad oggi presenta il conto di un inefficace contrasto alle mafie sul versante politico ed economico.

Cos’è oggi il “Modello Caserta” , un anno dopo la sua nascita?

Il modello Caserta è l’intervento attuato dallo Stato all’indomani della stagione stragista del clan dei casalesi. Dopo la fase della mattanza scatenata dal gruppo di fuoco guidato da Setola lo Stato ha scelto di incrementare su quel territorio il lavoro di forze di polizia con l’ausilio dell’esercito. A Caserta quindi è utilizzato l’esercito nel contrasto alla criminalità organizzata. Questo modello ha dato dei risultati in termini di controllo del territorio e di rassicurazione dell’opinione pubblica ma a distanza di un anno questo intervento comincia a mostrare quanto abbia il “respiro corto” se non accompagnato da intervento più organico, complessivo.

 Quali i risultati di questo “Modello Caserta” e cosa è mancato invece?

Sotto il profilo dell’ala militare camorristica si sono avuti alcuni arresti, ma molti latitanti importanti sono ancora liberi. Intelligence e investigatori sono pure stati utilizzati in questo anno ma molti capi sono ancora liberi di comandare sul territorio, affari e vita sociale. Il modello caserta oggi è come un intervento chirurgico non concluso, avviato ma lasciato in corso d’opera. Questo crea danni di un certo peso. Il ministro dell’interno Roberto Maroni ha dichiarato in più occasioni che la camorra casertana è diventata talmente potente da essere presente nei comuni, nelle amministrazioni locali, nel sistema politico- economico. Ma dopo queste dichiarazioni non ci sono stati interventi in questa direzione, eccetto un Comune dove la magistratura ha aperto indagini, con una commissione d’accesso, nel casertano non si è fatto nient’altro.

 Un “Modello Caserta” dunque che ha lasciato fuori dalla sua area di interventi i rapporti politica – economia e camorra?

 Si in questa direzione non si è fatto quasi nulla. Mentre questo accadeva si faceva strada l’altra vicenda, che ha assunto rilevanza nazionale, quella del sottosegretario Cosentino. Al di la delle valutazioni penali che spettano solo alla magistratura, anche questo è una dimostrazione del fatto che troppo spesso ci si ferma davanti ai luoghi del potere. Io penso che non ci si debba fermare davanti alle porte dei palazzi del potere che sia politico o economico.

 
Quella del Governo è una diversa filosofia di lotta alle mafie o si ha una idea diversa delle mafie?
 
A mio avviso è una visione sbagliata della lotta alle mafie. Lo si capisce dai tanti segnali che la politica ha lanciato in questi mesi: dalle norme sullo scudo fiscale a quelle per la vendita dei beni confiscati. Quello che emerge con chiarezza in questa strategia è che si vuol rassicurare l’opinione pubblica rispetto ai danni che possono creare le varie mafie ma non si fa niente di concreto verso l’organizzazione criminale economica di stampo camorristico. Da diversi anni infatti è chiaro che i clan utilizzano all’occorrenza l’ala militare ma è l’impresa economica a garantirne la sopravvivenza. Quello che abbiamo di fronte è più simile ad una holding criminale economica vera e propria che non ad un esercito in quanto tale. L’impresa mafiosa camorristica sta sfruttando in tutte le direzioni l’economia del meridione dove ormai si è impossessato a pieno della piazza di mercato. Altro che liberalismo…

 Che futuro quindi per questa provincia se questo intervento rimane solo di natura militare?

Purtroppo il “Modello Caserta” se non accompagnato da interventi che vadano a recidere le radici del potere mafioso camorristico nell’ economia e nella politica, è destinato a fallire. Quello che si richiede infatti per recidere i collegamenti fra i clan e la società è anche un intervento di tipo culturale.

Qual è l’atteggiamento del Governo in questa direzione?

 Ambiguo. Non si può assistere ogni giorno ad apprezzamenti verso i magistrati che arrestano latitanti e mafiosi e poi assistere ad attacchi diretti alle stesse persone che queste operazioni le conducono. Non si può fare il tiro al bersaglio verso questi servitori dello Stato e  fare affermazioni che lasciano perplessi come quella che il mafioso Mangano “è un eroe”. Sono tutte ambiguità che lanciano dei segnali precisi che un intervento di tipo culturale e politico non dovrebbe permettere. Quello che serve fare da parte della politica e tagliare i ponti con tutte queste zone di confine che rendono poco chiare le azioni dei partiti sui territori, la scelta dei candidati per le tornate elettorali. Serve rifondare un’idea di politica in questi territori lontana da questi collegamenti e soprattutto concentrata ad un’azione di contrasto quotidiano e trasparente del sistema camorristico. Inoltre un serio intervento da parte dello Stato su questo versante potrebbe per esempio decidere di investire, faccio un esempio, su nuovi mille laureati in economia nelle forze investigative, questo permetterebbe di avere maggiori strumenti nella lotta alla criminalità economico – mafiosa. Colpirli nei loro averi rimane ancora lo strumento più efficace di lotta al sistema politico – mafioso – economico. Su questo versante i collaboratori di giustizia raccontano poco, tesori, investimenti, appalti a volte rimangono difficili da trovare e provare. In questa direzione aumentare le risorse potrebbe dare una marcia in più nella lotta alla Camorra.

 Mentre ancora si ragiona sugli strumenti di contrasto alle mafie in Italia, si scopre ogni giorno di più quanto questa holding criminale abbia assunto dimensioni internazionali …

Si tratta di holding che da decenni sono presenti anche in molti paesi europei e  hanno dislocato li molti dei loro possedimenti e  investimenti finanziari. Serve al più presto una legislazione antimafia comune, per poter correre alla stessa velocità, c’è bisogno di “amalgamare la lotta alle mafie”. E’ l’Italia che ha la legislazione più avanzata in questa direzione a doversi fare promotore di questi percorsi. Dopo Eurojust e Schengen sarebbe davvero  importante lavorare in questa direzione. Altrimenti passerà il convincimento, per l’opinione pubblica, come per le mafie, che basterà aspettare condoni o un emendamento come la vendita dei beni confiscati, per rendere vani anni di battaglie sui territori difficili come Caserta.

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