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Viaggio nella regione-discarica

Galesi - Mangano* il . Calabria

“Un paese dove si muore di tumore, in silenzio. Un terreno destinato
all’apicoltura biologica accanto ad un discarica tossica. Rifiuti
sotterrati vicino la pista dell’aeroporto, seppelliti nei muri delle
scuole, accumulati accanto ai centri abitati, depositati nei pressi
delle falde acquifere. Nel porto di Gioia Tauro arrivano 72 tonnellate
di batterie israeliane. In quello di Vibo Marina i residuati del
petrolio nigeriano. Eternit, pet-coke, resti di animali. E scorie
radioattive, almeno in tre siti. Viaggio in una regione-discarica: come
la Campania, forse peggio della Campania
“.

“In Calabria vi sono oltre 500 discariche abusive e la regione, considerato che le discariche regolari stanno esaurendosi, potrebbe trovarsi nell’identica situazione in cui l’emergenza rifiuti ha messo in ginocchio la Campania”. E` quanto emerso dall`audizione tenuta a Reggio Calabria dalla “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e reati connessi”, un nome barocco per una struttura nata dopo il disastro napoletano.

La grande attenzione sulle vicende dei mari calabresi ha tenuto finora fuori dai riflettori la situazione nell’interno della regione. Il territorio è vasto e poco popolato, le zone montuose inaccessibili, l’omertà diffusa. Anche quando tacere diventa molto più pericoloso che denunciare.

RADIAZIONI

Per almeno tre siti è stata ipotizzata la presenza di scorie radioattive: Serra d’Aiello, Casignana, Cosoleto. Nel paese in provincia di Cosenza, la vicina Procura della Repubblica di Paola rilevava una “radioattività strumentale è molto più alta del normale, da tre a sei volte; [ed] un incremento notevole, rispetto al circondario, di leucemie e tumori”. Un anno fa, i carabinieri sequestravano una discarica contenente 5.500 chili di rifiuti speciali pericolosi nei pressi di Casignana, in provincia di Reggio Calabria. Veniva ipotizzata la presenza di materiale radioattivo. Il mistero – mai chiarito – iniziava con cinque tonnellate di rifiuti affidati a due ditte di smaltimento e sparite nel nulla. Ma la situazione più grave è quella di Cosoleto, novecento abitanti alle falde dell’Aspromonte.

Nel gennaio del 2008, l’allora sindaco Angelo Surace scriveva una drammatica lettera al ministro per la salute Livia Turco ed a tutte le autorità locali. “I dati relativi al numero delle persone decedute per cause tumorali sembrano enormemente preoccupanti”, denunciava. Quattro mesi dopo terminava il mandato di Surace, che non sarà rieletto. “C’è chi ha detto che ho bloccato l’economia del paese, che si basa sull’olio di oliva. Cosa tra l’altro non vera perché non ci sono stati effetti negativi sulle vendite”, ci racconta l’ex sindaco. “Secondo alcuni, meritavo una denuncia per procurato allarme. Ma la maggior parte della gente era con me. Oggi, invece, è rassegnata. La situazione è evidente a tutti. Siamo un piccolo paese. In città, puoi anche non rendertene conto, ma in un centro con poche centinaia di abitanti basta vivere sul posto per sentire le voci, osservare i conoscenti che muoiono o si ammalano”, prosegue.

“La gente ha paura, non vuole testimoniare”, conclude con amarezza Surace. “Persino il parroco ha tentato di ottenere qualche informazione sui siti tossici: ‘ditemelo almeno in confessione, sono tenuto al segreto’. Niente. Promettevo alle persone che sarebbero rimaste nell’anonimato, ma nessuno ha voluto parlare, c’è paura di esporsi. Le voci sull’argomento sono tantissime. Ho saputo di gente che ha visto camion con fusti gialli e verdi contrassegnati dai teschi che indicano i rifiuti tossici. Ho conosciuto un forestale che ha visto operazioni di allargamento delle strade di montagna per far transitare mezzi pesanti. Ho sentito persino di una famiglia che avrebbe accettato di farsi seppellire i fusti nel cortile di casa”. Intanto a Cosoleto si continua a morire, in silenzio.

 PET – COKE

E’ una sottile polvere nera, scarto della lavorazione del petrolio. Si usa come combustibile nei cementifici. La Nigeria ne “produce” tanto, ma in Europa deve essere trasportato e stoccato con estrema prudenza perché altamente tossico. Lo scorso maggio, a Vibo Valentia, venivano sequestrati 20 mila metri quadri di terreno usati proprio per lo stoccaggio del pet-coke. Il trasporto avveniva senza il rispetto delle norme, al punto che le polveri si depositavano su auto e balconi. Le navi provenivano dal Venezuela e dagli Stati Uniti. Nell’ottobre 2008 una nave scaricava nei moli di Vibo Marina pet-coke proveniente dai pozzi petroliferi africani. Nel corso di una surreale riunione, alcuni consiglieri comunali esprimevano dubbi sulle autorizzazioni e sui rischi per la salute delle persone. In contemporanea, infatti, sarebbe stato scaricato sulle banchine grano per uso alimentare.

Restando in tema di porti, a Gioia Tauro alla fine dello scorso anno, sono state sequestrate settantadue tonnellate di scarti e rottami di batterie al piombo esauste provenienti da Israele. Quarantaquattromila chili  erano invece in partenza verso il Pakistan, nello stesso periodo. Un container proveniente da Modugno, nei pressi di Bari, ufficialmente conteneva “materia prima seconda”, cioè ottenuta dal riciclaggio: in realtà erano rifiuti urbani e speciali diretti in Asia. Nel porto calabrese, sono innumerevoli i sequestri di armi, stupefacenti, merce contraffatta, persino sigarette. Ma si tratta di una piccolissima parte del totale.

Molti edifici pubblici di Crotone, in particolare alcune scuole, sono stati costruiti mescolando il calcestruzzo con i rifiuti tossici della fabbrica Pertusola. Dall’ultimo screening, effettuato all’inizio dell’autunno da un consulente della Procura, 290 studenti di quattro scuole elementari e superiori avrebbero assorbito concentrazioni di zinco, nichel, cadmio, uranio e piombo. In precedenza, nell’ambito dell’inchiesta “Black Mountains”, erano state sequestrate 19 aree dove venivano stoccate illegalmente le scorie della stessa Pertusola e dell’Ilva di Taranto. Le analisi citavano alte concentrazioni di arsenico in tutte le aree interessate, che si trovano vicino ad aree abitate. Nella zona sarebbero stati smaltiti illegalmente un totale di 350 mila tonnellate di rifiuti tossici.

QUADRILATERO TOSSICO

Località Zimarda, nei pressi di Mileto. Un’area destinata all’apicoltura, alla produzione di miele biologico. Ed invece a pochi centinaia di metri la Finanza sequestrava 19 tonnellate di rifiuti tossici e speciali, di cui 5 di eternit in lastre frammentate, distribuiti su 21 mila metri quadri. A poca distanza, erano stati scaricati quantità tali di rifiuti da deviare il corso naturale del fiume Russo.

Si tratta di una delle situazioni più gravi della provincia di Vibo Valentia, scoperta nello scorso giugno. Ma non certo l’unica: tutta l’area è disseminata da discariche di ogni tipo. Dieci quintali di rifiuti tra cui pannelli di eternit e scarti e frattaglie di animali: resti di macellazione che avevano attirato nella zona numerosi cani randagi ed insetti (il fetore poteva essere avvertito a decine di metri di distanza), individuati dai carabinieri dell’8 elinucleo alle porte del comune di San Gregorio. Duecentomila metri quadri individuati nei pressi di Vibo Valentia dalla Finanza, nell’autunno del 2008, con dentro 27 tonnellate di rifiuti. Duemilacinquecento metri quadri di terreno sequestrati a Rombiolo dalla polizia provinciale, sul letto di un affluente del fiume Mesima. Millecinquecento metri quadri nel comune di Filandari: scarti di bitume, pneumatici di mezzi pesanti, oli esausti, lamierati di veicoli. Poi 300 mila metri cubi di rifiuti speciali in località “Cacariaci” di San Gegorio d’Ippona, che potrebbero aver contaminato le sottostanti falde acquifere. Infine, nei pressi di Vibo Valentia, 5 mila metri quadri e 20 tonnellate di rifiuti di ogni genere che hanno quasi ostruito il corso del vicino torrente Levrisi.

AEROPORTO

Proseguiamo il viaggio nella provincia di Reggio. Lo scorso febbraio, nei pressi di San Luca, dunque in pieno Aspromonte, i carabinieri del Noe sequestravano un’ampia discarica contenente rifiuti speciali pericolosi. Una delle storie più gravi è quella che riguarda il piccolo centro di Motta San Giovanni, dove migliaia di Tir provenienti dalla cen
trale a carbone “Federico II” di Brindisi, venivano a scaricare i veleni dell’Enel in una cava  a pochi chilometri da Reggio Calabria. Fanghi altamente nocivi che dalle argille finivano in mare. Nel marzo 2007, i forestali ponevano sotto sequestro un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi e non, nell’alveo del torrente Tuccio, nei pressi di Melito Porto Salvo. Alla fine di settembre, la Guardia di Finanza sequestrava, nei pressi di Taurianova, 15 mila metri quadrati contenente rifiuti dannosi.

E, per finire, a luglio i carabinieri del NOE comandati dal capitano Paolo Minutoli sequestravano 80 mila metri cubi di rifiuti (in particolare residui di bitume e tubi in plastica) nei pressi di una pista di volo dell’aeroporto di Reggio Calabria. Veniva denunciato l’amministratore della società di gestione dello scalo.

*Laura Galesi – Antonello Mangano

Terrelibere.org


Consulta qui la mappa delle discariche

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