La piovra che fa affari e politica
“Se trovo quelli che hanno scritto i libri sulla “Piovra”, che ci hanno
fatto conoscere nel mondo per la mafia, giuro che li strozzo”: questo
l’aforisma campeggiante sulle colonne dei principali fogli, italiani ed
internazionali. Le tesi espresse dal premier, però, nel corso
delle medesime ore, dovevano scontrarsi con una quotidianità assai
conosciuta in terra di Sicilia, e di certo priva di qualsiasi innesto
letterario o cinematografico.
Il contesto, un dibattito organizzato dall’Enac ad Olbia, incentrato sul trasporto aereo e la continuità territoriale, non faceva presagire a nessuno degli intervenuti, tra i quali lo stesso presidente dell’Ente Nazionale Aviazione Civile, Vito Riggio, che il prestigioso oratore, ovvero il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, potesse monopolizzarlo, non approfondendo elementi conformi al tema in analisi, ma disquisendo di mafia e cinematografia a questa connessa.
La criminalità organizzata siciliana, e non solo, costituirebbe, stando all’intervento condotto dal presidente del Popolo della Libertà, una fenomenologia avente quale nume putativo l’eccessiva e dannosa, per le sorti dell’intera nazione, inventiva di cineasti e scrittori: colpevoli di assegnare, entro i confini delle rispettive opere, un protagonismo fuori luogo ad uomini ed eventi in grado di far sfigurare il paese da lui guidato nel confronto con altri idilliaci territori.
Le dichiarazioni promananti dal palco di Olbia, pronunciate dall’illustre relatore sabato 28 novembre, erano state precedute da un provvedimento, assunto ventiquattro ore prima dal Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, certamente esemplificativo, anche se passato quasi inosservato: lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale di Furnari, piccolo centro dei Nebrodi, in provincia di Messina.
Quale strategia potrà mai acquisire la decisione di consegnare alla gestione di un commissario straordinario un comune di 3.704 abitanti, arroccato sui Monti Peloritani? Le sorti, politiche ed economiche, di Furnari, distante solo pochi chilometri da Mazzarrà Sant’Andrea (Me), si sono inevitabilmente intrecciate a quelle dell’omonima discarica, bacino di affluenza per i rifiuti prodotti nell’intera provincia messinese: fucina di interessi e brame delle locali cosche, fra tutte quella dei Mazzarroti, in grado di controllare, per il tramite di società di comodo, il settore del movimento terra e dei servizi orbitanti intorno alla stessa.
Proprio da queste indagini prese il via l’operazione “Vivaio”, condotta dalle forze dell’ordine nell’aprile del 2008, che consentì di bloccare l’azione condotta da Tindaro Calabrese, nuovo reggente del gruppo Mazzarroti, e dai suoi adepti. Nel corso della stessa si riuscirono a delineare talune, significative, incursioni del gruppo tra i meccanismi del locale processo politico, culminato nell’elezione, avvenuta nella primavera del 2007, del sindaco Salvatore Lopes, in carica fino all’assunzione della decisione ministeriale. Tindaro Calabrese, infatti, intercettato dagli inquirenti, descrive ad alcuni interlocutori, il personale merito nell’aver “trasferito”, in favore della lista capitanata da Lopes, centocinquanta voti, rivelatisi decisivi per la sconfitta dello sfidante, Mario Foti.
L’elezione, secondo gli investigatori, fu pesantemente viziata da interventi esterni, forse favoriti dallo stretto rapporto intercorso tra Giulio Lopes, fratello del sindaco eletto, e lo stesso Calabrese: del resto i rapporti tra le famiglie Lopes e Calabrese si intensificarono proprio all’indomani della tornata elettorale, come dimostrano i vari incarichi professionali assegnati da società partecipate dall’ente locale all’architetto, Romina Calabrese, sorella del leader del gruppo dei Mazzarroti.
Un intreccio, sfociato addirittura nell’aggressione dell’ex sfidante, Mario Foti, perpetrata dal fratello del sindaco Lopes, idoneo alla formazione di dubbi ed interrogativi relativi alla gestione amministrativa del Comune destinatario del provvedimento appena varato dal titolare del dicastero dell’Interno.
Mercoledì 2 dicembre, intanto, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina, si è provveduto al sequestro di tutta la documentazione inerente l’affidamento, in somma urgenza, dei lavori di ricostruzione successivi all’alluvione che colpì il comune di Furnari nel dicembre dello scorso anno.
Nella serata del 28 novembre, a pochissime ore di distanza dalla cerimonia di Olbia, in un’altra provincia siciliana, quella di Caltanissetta, un nuovo accadimento contribuiva all’erosione dei pilastri portanti dell’impalcatura berlusconiana. San Cataldo, Corso Vittorio Emanuele: una serie di spari interrompono la routine di un normale sabato di provincia.
Le esplosioni provengono dall’ufficio che ospita l’ “Agenzia Onoranze Funebri Fratelli Mosca”, al suo interno, accasciato e sanguinante, è presente uno dei titolari, Stefano Mosca, immediatamente trasportato al locale nosocomio per ricevere le necessarie cure. Nel comune nisseno non si udivano esplosioni prodotte da armi da fuoco in pieno centro cittadino da almeno un anno, da quando il selciato fu percorso da una miscela di acqua piovana e sangue umano, proveniente dal corpo di Salvatore Calì, zio di Stefano Mosca, tra i principali animatori della locale malavita, ucciso la sera del 27 Dicembre 2008 davanti alla saracinesca della “Calì Salvatore Onoranze Funebri” di via Roma.
San Cataldo, dunque, nuovamente alla ribalta, questa volta però non per un omicidio ma per un agguato rivelatosi, molto probabilmente, inferiore alle attese di chi lo ha condotto: nessun morto, infatti, ma solo un ferito eccellente. Il rapporto di parentela intercorrente tra Stefano Mosca e Salvatore Calì, non è di certo sfuggito agli investigatori, convinti, già un anno fa, della strategicità dell’omicidio di quest’ultimo; Totò Calì, infatti, veniva descritto alla stregua di un agente destabilizzante degli equilibri malavitosi locali. Intento a conseguire il massimo profitto dai mercati degli stupefacenti e delle costruzioni, con riferimento soprattutto ai progetti per la realizzazione di alcuni grandi magazzini.
Il medesimo destino era stato tracciato per il nipote, Stefano Mosca: le indagini sono in pieno fermento, perseguendo lo scopo di fare vera chiarezza intorno ad un’inquietante serie di avvertimenti ed omicidi. La cronologia, imperniata sulla costante presenza di taluni fattori, in primis l’attività nel settore delle pompe funebri (condotta a San Cataldo da quattro agenzie, tutte gestite da soggetti legati fra loro da vincoli di parentela), si avviò il 16 dicembre 1981, data dell’uccisione di Luigi Calì, padre di Salvatore e nonno di Stefano Mosca, proprietario di un’attività commerciale di onoranze funebri, colpito come un vero boss sull’uscio di un circolo ricreativo; procedette nel 1984, anno nel quale cadde il cugino di Luigi Calì, suo omonimo, anch’egli operante nel medesimo settore; a questi episodi si aggiungono quelli del Dicembre del 2008 e quello che ha coinvolto Stefano Mosca.
I giochi, insomma, sono aperti, in un settore monopolizzato da un’unica famiglia. Questi ed altri dati, anche più eclatanti, non costituiscono il soggetto di un testo letterario o teatrale, ma, al contrario, appartengono ad una realtà opprimente.
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