«Lo Stato non può far cassa vendendo i beni confiscati»
Incontro con Angela Napoli, parlamentare del Pdl, componente della Commissione antimafia che parla delle sue battaglie contro la vendita dei beni confiscati ai boss mafiosi, delle sue prese di posizione spesso in controtendenza rispetto al suo stesso schieramento, e della nascita, nel centro-destra, di un movimento culturale aperto ai valori della legalità che, a suo avviso, può diventare vincente.
Onorevole, lei ha presentato un emendamento soppressivo contro la norma, inserita nella Finanziaria, che prevede la vendita dei beni confiscati. Pensa che la sua iniziativa portà andare a buon fine?
Io continuo a sperare, anche se una iniziale speranza è venuta meno quando l’emendamento che ho presentato in Commissione Giustizia è stato respinto. L’ho ripresentato in Commissione Bilancio, insieme ad altri emendamenti di altri gruppi parlamentari, quali il Pd, l’Italia dei Valori, l’Udc. Nel frattempo ci sono stati anche interventi fermi, quali appunto quello di Libera, dei familiari delle vittime di mafia per aiutare ad eliminare questo emendamento.
Io stessa avevo sollecitato rispetto alla necessità in Commissione antimafia il ministro dell’Interno Maroni, che, pur non avendo ancora risposto alle nostre domande, mi era parso che ponesse molta attenzione alle motivazioni che ciascuno di noi ha portato relativamente all’emendamento inserito, per altro così all’ultimo momento nella finanziaria al Senato. Non so dirle perché, purtroppo la legge finanziaria ha il dominio assoluto del Ministro dell’Economia, non è neanche il Presidente del Consiglio, ma è proprio il Ministro dell’Economia che gestisce la legge finanziaria.
Questo emendamento è stato inserito al Senato con la prospettiva di fare cassa per lo Stato. E’ una prospettiva non condivisibile. E’ assolutamente sbagliato pensare che si possa fare cassa, al di là dell’opportunità, non ritengo che sarà poi così fruttuoso un provvedimento del genere. Non credo che qualcuno che sia al di fuori della gestione delle cosche malavitose, o che non sia prestanome delle stesse, andrà mai ad acquisire un bene di illecita provenienza.
Quindi la speranza. E’ chiaro che quando uno crede in un atto parlamentare quale quello emendativo da me proposto deve per forza sperare. Ho già l’emendamento, per altro sottoscritto da altri quattro parlamentari del Pdl, pronto per essere ripresentato eventualmente in aula, dove se ne potrà discutere, qualora dovesse saltare nella commissione bilancio. Se ne potrà discutere solo se il governo non porrà la fiducia sulla finanziaria.
A Viterbo, nel corso dell’incontro “Parole e mafie”, ha affermato che quella della legalità deve essere una battaglia trasversale che vada al di là degli schieramenti politici. Lei, come altri deputati di questa maggioranza, ha espresso delle posizioni molto chiare, molto nette, spesso anche in controtendenza rispetto ad alcuni provvedimenti adottati. Questo in linea anche con un percorso culturale che stanno portando avanti nel centro-destra “Il Secolo d’Italia” e la Fondazione Fare Futuro. C’è un movimento che si sta rafforzando e che cerca di portare avanti una battaglia di legalità. Crede che questa possa diventare una posizione via via maggioritaria e vincente all’interno del suo schieramento?
Io penso di si, perchè tutto sommato devo riconoscere anche all’attuale Governo, che trova in parlamento una sua maggioranza politica, di aver avviato delle norme di contrasto alla criminalità organizzata, sicuramente positive. Lo stesso provvedimento che sui beni confiscati è stato inserito nel pacchetto sicurezza tende ad accelerare i tempi per il sequestro dei beni, svincolando il sequestro dalla posizione giudiziaria dell’illecito proprietario. Mi sembra che era partito bene e che quindi il gruppo parlamentare poteva tranquillamente seguirlo. Purtroppo ci sono stati tanti altri problemi che hanno finito col canalizzare l’attenzione di molti componenti del gruppo parlamentare di maggioranza alla Camera, e apparentemente si è venuti meno alla necessità di rispetto della legalità e di interventi per abbattere il crimine organizzato. Senza, tuttavia, per questo dimenticare i numerosi arresti di latitanti, l’elevato numero di sequestri di beni illeciti, e quant’altro.
Sono estremamente fiduciosa. In alcuni momenti potrebbe anche apparire come un atto di forza, ma invitiamo a questi valori, al rispetto della legalità. Non dobbiamo sentircelo dire magari solo nei momenti elettorali, o dall’esterno. E’ bene, a mio avviso, che alcuni di noi all’interno della gestione dell’attività legislativa sollecitino l’attenzione su questi temi. Sono convinta che si potrà davvero andare oltre, forse superato questo momento di grande disagio per alcuni, ma credo anche per l’intero paese, si potrà adeguatamente fare un discorso che possa continuare. Un discorso che, ripeto, è iniziato in particolare in questa legislatura, contro la criminalità organizzata e per il rispetto della legalità.
Lei è calabrese e si è impegnata molto all’interno della Commissione antimafia sui problemi della sua terra. Abbiamo sentito la sua voce sulla questione delle navi dei veleni e sulla necessità di fare piena luce su una situazione che rischia di avvelenare un’intera regione. Una regione che, tra l’altro, affronta la ‘ndrangheta, definita tra le organizzazioni criminali più potenti in Italia e nel mondo. C’è la possibilità che la società calabrese possa dotarsi di strumenti per contrastare questo fenomeno e rialzarsi?
I cittadini calabresi devono innanzitutto cambiare radicalmente la cultura, l’approccio stesso nei confronti della criminalità organizzata, la ‘ndrangheta in particolare. In Calabria si è creato, accanto a questo strapotere ‘ndranghetista, un sistema di malaffare, di corruzione e di collusione. Non riesco a percepire l’indignazione ampia rispetto alla necessità di abbattere un sistema di questo genere. Per carità, va dato atto a diverse associazioni come Libera, e non solo Libera, che stanno iniziando ad incalzare con la loro attività questa necessità di cambiamento di culturale.
Tuttavia, con molta sincerità, il sistema di cui ho parlato è talmente trasversale e concatenato che diventa difficile da contrastare. Per molti cittadini questo sistema si è rivelato di grande utilità e quindi la reazione non c’è stata. Non dimentichiamo che la Calabria è stata da sempre abituata a vivere di assistenzialismo e di clientelismo, difficilmente si è trovata la disponibilità a rimboccarsi le maniche per darsi da fare. Tutto questo non ha fatto altro che incrementare la potenzialità della ‘ndrangheta e la creazione del sistema di cui ho parlato.
Ancora ci vorrà molto. Certo, guai a demordere e guai a perdere le speranze, ma sicuramente mi sento di dire che la Calabria, a differenza di altre regioni come ad esempio la Sicilia, tarda a reagire. Tarda a dimostrare quella reazione necessaria per sradicare il fenomeno della criminalità organizzata.
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