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La mappa dei beni confiscati in Puglia

Di Giuseppe Florio* il . Puglia

L’emendamento alla Finanziaria approvato al Senato il 13 novembre scorso prevede la vendita dei beni immobili di cui non sia possibile effettuare la destinazione entro 90 o 180 giorni. La scure di quel breve dispositivo di legge pende su una considerevole serie di immobili anche nel territorio brindisino, dove la situazione è complessa, considerata la lunga vicenda criminale di questa zona.

Gli elenchi delle proprietà confiscate ai mafiosi sono aggiornati al 30 giugno di quest’anno e quindi nel frattempo la loro «posizione» potrebbe essersi modificata. Sono articolati in: «immobili in gestione», «immobili destinati consegnati», «immobili destinati non consegnati», «immobili usciti dalla gestione», «beni aziendali in gestione» e «aziende destinate».

A rischio le voci elencate in «immobili in gestione» e «immobili destinati non consegnati». In particolare, tra gli «immobili in gestione», apprensione per quelli già gravati da ipoteche oppure per quelli – recita la formula – «in corso di accertamento». Soltanto nella città capoluogo, due appartamenti, spesso anche in zone centrali perché i mafiosi non conducono, come si può pensare, una vita ritirata; tre autorimesse; una villa. A Fasano, che dall’elenco dei beni sequestrati sembrerebbe il crocevia principale degli interessi del mondo criminale, potrebbero essere messi all’asta un appartamento, due garage, una villa di campagna, un terreno agricolo. Per finire, tre appartamenti ad Ostuni.

Altro discorso merita il problema degli immobili che, pur destinati, non sono ancora stati consegnati: anche per queste preziose proprietà c’è il pericolo di doverle mettere all’incanto. A Brindisi molti appartamenti o intere ville sono stati trasferiti al Comune perché vi dislocassero la burocrazia municipale, o vi allestissero centri per attività sociali, o ancora utili alloggi per indigenti. Così a Fasano per tre appartamenti destinati sempre agli indigenti, o a Ceglie Messapica con case di diverso tipo e un terreno agricolo, o ad Ostuni (due appartamenti): tutti in attesa di venire consegnati ai rispettivi Comuni.

Quale la causa principale del ritardo? Il «laissez faire» tutto italiano, certamente, ma anche l’intoppo costituito dall’Agenzia del Demanio che svolge bene il proprio compito ma non è stata dotata di mezzi e strutture adeguate. I comuni stessi hanno la loro responsabilità: quando vi sono delle «criticità» (magari l’«ingombro» di un proprietario di un certo peso criminale), percepiscono il compito di riutilizzare il bene confiscato come un fastidioso problema da accantonare in attesa di tempi più comodi. Oltre, questo è evidente, ad una mancanza di sensibilità culturale e civile che molti amministratori riservano a tali questioni: dopo l’illustre esempio dell’allora Sindaco di Mesagne Mario Sconosciuto, il quale innescò una fortunata collaborazione con Libera, aderendo tra le prime città della regione Puglia alla legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, poco altro si è notato dalle parti del brindisino.

* Gazzetta del Mezzogiorno

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