L’esperienza positiva della cooperativa Terre di Puglia
Alessandro Leo, presidente provinciale della cooperativa “Libera Terra – Terre di Puglia” e referente di Libera, come al solito ragiona sulle cose. Senza veemenza, senza dare giudizi «tranchant», pur vibrando di indignazione per l’emendamento approvato al Senato che mette a rischio l’efficacia della legge sul riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi.
«Quello di non vendere gli immobili confiscati non è un dogma, non pretendiamo che ogni bene frutto di confisca sia destinato al riutilizzo sociale. Siamo realisti: alcuni non sono immobili interi ma “particelle”, alcuni sono edifici allo stato grezzo, alcuni ancora sono strutture abusive. I beni appartenenti a queste categorie non sono utilizzabili e, quindi, si vendano tranquillamente. Ma nessuno provi a negare il lavoro positivo svolto, tra gli altri, da “Libera Terra” quando, lavorando i campi che furono frutto di attività mafiose, crea lavoro, sviluppo economico e movimento culturale. Per queste ragioni ci saremmo aspettati un’azione tesa a rafforzare la legge 109 e non ad indebolirla. Un esempio? Abbiamo stimato che per formulare un progetto di riuso sociale e realizzarlo ci occorre un anno e mezzo o poco più. Come potremmo continuare a farlo se l’emendamento alla Finanziaria introduce tempi capestro di 90 o 180 giorni? Poi, la vendita all’asta.
Qualcuno promette maggiore vigilanza degli organi preposti, Questura, Prefettura? Già i meccanismi delle aste giudiziarie potrebbe non essere dei migliori, figuriamoci in un contesto in cui la mafia ha due diversi interessi in ballo: da un lato quello di reinvestire il denaro sporco, dall’altro di riappropriarsi simbolicamente di un’arma ormai spuntata dalle mani dello Stato democratico».
* Gazzetta del Mezzogiorno
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