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L’Europa ci guarda

Di Norma Ferrara il . Interviste e persone

Una rete intenazionale, Flare,  lo scorso anno ha portato in Europa l’esperienza della 109/96, ottenuta dopo la raccolta firme promossa da Libera in tutta Italia e diventata negli anni lo strumento principale della lotta alle mafie nel nostro Paese. Adesso anche l’unione europea ha fatto notevoli passi avanti in questa direzione e i singoli paesi stanno dando il via ad esperienze legislative che si ispirano alle 109/96. Ne parliamo con Tonio dell’Olio responsabile del settore di Libera Internazionale e sta assistendo in queste settimane all’approvazione di un emendamento della Finanziaria che consente la vendita dei beni confiscati, se non destinati entro sei mesi. 

Mentre in Europa si aprono le porte alla 109/96, in Italia si chiudono, svuotandola, con l’approvazione di un emendamento che consente la vendita dei beni confiscati?

Le istituzioni europee vanno avanti avanti, quelle  italiane indietro. Questa la situazione che si prospetta se verrà confermato alla Camera l’emendamento già approvato al Senato. Ci sono passi avanti notevoli fatti da molti paesi che aderiscono all’Unione Europea e passi indietro invece fatti proprio dal Paese che per primo aveva approvato una legge che era diventata uno dei maggiori strumenti nella lotta alle mafie. In Europa alla fine della Legislatura avevamo avuto una dichirazione finale nella quale si faceva riferimento esplicito all’uso sociale dei beni confiscati come uno degli strumenti più efficaci nella lotta alle mafie internazionali. La stessa Commissione europea ha fatto la medesima cosa. 

Quali paesi hanno aderito a questi principi espressi nella legge del ’96?

Al momento noi abbiamo il governo svedese, quello serbo, quello macedone e il tedesco che in modi diversi stanno approvando risoluzioni di questo tipo. Un grande lavoro è stato fatto in questa direzione grazie all’azione di questa rete europea di giovani, Flare, che è presente in maniera capillare in trenta paesi europei. 

La possibilità di vendere i beni confiscati è contemplata in queste iniziative legislative?

No e aggiungo un importante dettaglio. In Colombia dove esiste una legge che si chiama “De Exstintion de dominio”con la quale è prevista la confisca dei beni ai narcotrafficanti e mafiosi è proibita per legge la vendita dei beni confiscati. Purtroppo li quella legge per la situazione particolarmente difficile in cui versa la Colombia questa legge non è applicata. Però esiste su carta, a livello legislativo ci sono le condizioni per evitare che i mafiosi ne ritornino in possesso. In Italia se passasse questo emendamento noi avremmo una legislazione che sarebbe arretrata rispetto a quella della Colombia. 

I fondi che si ricaverebbero dalla vendita di questi beni in Italia, secondo il disegno del Governo, andrebbero a finanziare giustizia e sicurezza. Visto il rischio effettivo che questi soldi siano di mafiosi, non c’è una palese e pericolosa contraddizione?

Con uno slogan si potrebbe dire che “le mafie comprano giustizia e sicurezza”. Nello specifico questi fondi per giustizia e sicurezza vanno garantiti, ma in altro modo, così come va fatta verità sulle vittime di mafia, vanno sostenuti oggi i loro familiari e i testimoni di giustizia,  e bisogna trovare i solidi per le forze dell’ordine. Quella di fare cassa per questi settori vendendo i beni confiscati mi sembra una furbata  anche perchè il giorno dopo molti mafiosi sui propri territori, andranno vantandosi di avere “a proprio soldo” per quanto può sembrare paradossale –  anche gli strumenti della polizia e delle forze dell’ ordine. 

Ai microfoni di Repubblica Tv, pero un esponente del Governo, ha detto che queste critiche all’emendamento “sono parole vuote”… 

Mantovano diceva anche qualcosa in più. Diceva che queste critiche sarebbero strumentali e ciò che sarebbe interessante capire è  a chi e cosa… Quello che mi preme maggiormente sottolineare però è che da quando è entrata in vigore la 109 /96 in Italia i boss non si sono intestati più nemmeno un bene. Sono andati ad investire all’ estero o hanno oliato cosi bene un meccanismo, a tratti perfetto,  di prestanomi, attreverso i quali riescono a riciclare denaro e ad aggiudicarsi beni. Tutti i magistrati oggi sono concordi nell’affermare che il riciclaggio è fra le operazioni  più difficili da rintracciare e perseguire penalmente. Non sarà purtroppo difficile, per i mafiosi, nonostante tutti i controlli che potranno essere preposti per legge sulle aste pubbliche, tornare in possesso di questi beni, attraverso questo stesso meccanimso di prestanomi presentabili, capaci persino di esibire “certificati antimafia”. 

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