NEWS

Alla ricerca di una vera riforma

Di Stefano Fantino il . Interviste e persone

Anna Canepa, magistrato ligure, attualmente in forza alla Direzione Nazionale Antimafia, è stata intervistata da Libera Informazione, toccando vari aspetti di stretta attualità giudiziaria e legislativa, dai tempi ragionevoli del processo, alla riforma della giustizia fino all’emendamento appena votato sui beni confiscati. 

Leggendo il disegno di legge, si ha la netta sensazione che l’appello alla brevità sostanziale del processo che garantisce tempi brevi per arrivare alla sentenza, sia affrontata tramite un criterio di brevità solamente temporale: ovvero non garantire mezzi e strumenti per velocizzare un processo ma solo dare limiti temporali. Cosa ne pensa? 
Affrontare il discorso dei tempi della giustizia, esclusivamente tramite questa proposta di legge è un qualcosa di totalmente e radicalmente sbagliato. Tutti vogliamo un processo breve, soprattutto il cittadino, ma per parlare di “processo in tempi ragionevoli”, quello di cui parla la Costituzione lo si deve inserire in un contesto di risorse che è completamente diverso da quello attuale. Non solo una una questione di risorse, comunque, ma proprio il bisogno riformare il sistema senza inserirsi “a gamba tesa” con questa norma che garantisce tutto meno che un processo giusto. 
In questo senso ritiene, fatte salve le eccezioni per alcuni reati, che siamo di fronte a una depenalizzazione? 
Assolutamente sì, anche perchè bisogna confrontarsi con quelli che sono i tempi dei dibattimenti e con le procedure, perchè ci sono accertamenti per reati particolarmente complessi, con un elevato numero di imputati, con un elevato numero di imputazioni, anche per reati non particolarmente gravi dal punto di vista della pena, che richiedono tempistiche che sicuramente vanno al di là dei due anni previsti dal disegno di legge. E quindi si risolve in una depenalizzazione di fatto: la sanzione, se tu non porti a compimento nei due anni il dibattimento, è un “addio” all’imputato, all’imputazione e soprattutto alla giustizia per le vittime dei reati. 
Facendo un esempio, quali reati potrebbero rimanere impuniti?
 Innanzitutto la corruzione, reato per cui l’Italia è sotto osservazione da parte dell’Europa, un reato gravissimo che condiziona l’economia e di difficile accertamento, perchè richiede in dibattimento tempi lunghi e perizie tecniche. Sicuramente è alla prova dei fatti che i dibattimenti per i reati di corruzione anche con pochi imputati non posso concludersi nei due anni. Teniamo inoltre presente che noi abbiamo uno strumento, il rito accusatorio, che è entrato in vigore nel 1989, quest’anno si celebrano i vent’anni, che ha proprio spostato tutto sul dibattimento, dilatando quindi necessariamente i tempi. 
Da questa situazione, come si adeguerà la giustizia e con quali conseguenze? 
Il problema è che è impossibile adeguarsi, lo dico come magistrato e membro della ANM. Per di più questo disegno di legge si inserisce in una serie di situazioni contraddittorie in cui si chiede più sicurezza ma allo stesso tempo si danno meno risorse, in cui il processo e la riforma della giustiza viengono messi al centro degli snodi politici e non si danno risposte quando si dice «non ci sono i magistrati» e soprattutto «bisogna riformare le circoscrizioni». Questo è stato da noi richiesto fin dall’inizio a questo governo che aveva la forza dei numeri per fare questa riforma che prevede la ridistribuzione delle risorse sul territorio. Partendo da qui si poteva fare un serio discorso sulla giustizia, sul processo giusto, sul “processo breve”; se non si parte da questa riforma strutturale tutto questo è inutile, oppure le finalità sono altre. 
Sulle tempistiche graverà anche l’abolizione di alcuni strumenti di indagine come le intercettazioni? 
Non parlerei di problema di dilatazione dei tempi, ma tornerei a parlare del problema di farsi carico dei problemi della giustizia, perchè allora rilancio dicendo che in Parlamento è pendente il disegno di legge del ministro Alfano che porta a dilatare ulteriormente i tempi del processo e l’impossibilità in futuro di poter utilizzare la sentenza passata in giudicato in un altro giudizio, o ancora l’impossibilità per il giudice di ridurre le prove che ritiene sovrabbondanti, che sono portate dalle difese. Tutto questo va in contrario avviso con quello che è impropriamente detto “processo breve”, definizio che già di per sé distorce: la giustizia non deve essere né breve, né lunga, ma deve essere una giustizia che rende giustizia e dà una risposta ai cittadini. Nessuno dice che i tempi della giustizia in Italia siano a favore del cittadino, ma per riformarli bisogna pensare ad altro, fare altro. 
In che modo, quindi, bisognerebbe agire per garantire una ragionevole durata del processi? 
In primo luogo la redistribuzione delle risorse, non solo materiali ma soprattutto umane, partendo dalla rivisitazione delle circoscrizioni giudiziare. Poi bisogna incidere sulla struttura del processo, penso a tutte le lunghezze che sono dovute ad esempio ai procedimenti contro gli irreperibili oppure al “sistema delle notifiche”, un sistema arcaico e anche su questo ci siamo sempre battuti e abbiamo offerto al ministro, a inizio legislatura, delle proposte a costo zero ma non abbiamo avuto risposte. Nella relazione del disegno di legge, in merito alla necessità del provvedimento si afferma che «il processo penale, oltre ad essere irragionevolmente lungo, è anche in molti casi privo di reale sostanza, come dimostra il numero sempre maggiore di reati dichiarati estinti per prescrizione. Ciò significa che l’organizzazione giudiziaria occupa una parte delle proprie risorse per celebrare processi privi di reale utilità». 
Come commenta questo passaggio? 
Il “processo breve” si riferisce alla cosiddetta prescrizione processuale che ha poi effetti sostanziali. Inoltre dobbiamo fare i conti con la cosiddetta prescrizione sostanziale: il cittadino in ordine a determinati tipi di reati non può essere sottoposto alla “mannaia” della giustizia a tempo inderminato: in relazione alla gravità dei reati c’è la prescrizione sostanziale quindi passato un certo numero di anni non si può più procedere. Sommando tutto questo di fatto non si tutelano più vittime perché noi dobbiamo pensare alle vittime: non ci sarebbe più un processo. 
A chi parla di magistrati che lavorano poco, come risponde? 
A me piacerebbe che davvero chi parla di giustizia venisse davvero a vedere come si lavora negli uffici, in quali condizioni. 
Mancanza di reale informazione sul tema quindi?
Una strumentalizzazione, un far ricadere le colpe su chi è piu facile da colpire, noi che coi cittadini spendiamo la nostra faccia. Sicuramente noi un discorso di professionalità, di responsabilità, di autoriforma noi al nostro interno lo stiamo facendo e lo dobbiamo fare. Ma dico che è troppo facile far ricadere su di noi il problema. 
In chiusura, cosa pensa dell’emendamento alla Finanziaria, approvato in Senato, che prevede in alcuni casi la vendità dei beni confiscati? 
Libera si batte contro questo e anche noi siamo con voi. È andare contro quel bellissimo ideale che era alla base di quella legge, la 109/96. Ci si rende conto che con questo emendamento si consente alla mafia di ricomprarsi i beni, perché in fin dei conti sono i poteri i
llegali quelli che hanno i soldi.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link