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Beni confiscati vendesi

Di Norma Ferrara il . Lazio

“Villa appartenente al mafioso Salvatore Riina in vendita a partire da zero, chi offre di più?”. Sul filo dell’ironia corre oggi la protesta che si è svolta a Roma, presso la Bottega “Pio La Torre”, realizzata attraverso un’asta nella quale sono stati venduti simbolicamente oltre 40 beni appartenenti all’elenco dei 3.200 beni immobili confiscati alla criminalita’ organizzata ancora da destinare a fini sociali che potrebbero essere a “rischio” qualora passasse anche alla Camera l’emendamento alla Finanziaria approvato la scorsa settimana al Senato. 

Un’asta simbolica che ha visto come banditori d’eccezione Don Luigi Ciotti, Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, i presidenti delle principali associazioni Legambiente, Arci, Acli, Uds, Uisp, rappresentanti dei sindacati e familiari di vittime di mafie. In tutta Italia inoltre da oggi è partita una mobilitazione che durerà
sette giorni per chiedere il ritiro dell’emendamento. Sono già 15.000 i
firmatari, ad oggi, dell’appello lanciato da Libera (www.libera.it).

“350 familiari di vittime di mafia hanno firmato un appello attraverso il quale chiedono al Parlamento che non si scelga questa scorciatoia proposta al Senato – dichiara Don Ciotti – vendendo i beni confiscati alla criminalità organizzata nel Paese. La storia ci ha insegnato che, attraverso stratagemmi di vario genere, ci sono mafiosi che cercano di venire in possesso di quei beni”. Il presidente di Libera ricorda il caso del defunto boss Michele Greco detto “il Papa”  che  per anni aveva chiesto, attraverso i suoi legali, di poter vendere i propri terreni. Un esempio fra tanti scelto per sottolineare che proprio le mafie da tempo attendevano di poter percorre questa strada per tornare in possesso dei beni a loro confiscati dallo Stato.

Dopo l’approvazione dello scudo fiscale sul rientro dei capitali
dall’estero, dopo i tagli alla giustizia e al ddl in approvazione sulle
intercettazioni, arriva (quasi) servita sul piatto d’argento, per la criminalità organizzata e i colletti bianchi,  questa proposta che consentirebbe la vendita dei quei beni non destinati entro tre o sei mesi dalla confisca (un tempo troppo breve per procedere all’assegnazione).

La situazione dei beni confiscati in Italia è già in seria difficoltà, i numeri li comunica proprio Don Ciotti nel suo intervento “il 36 percento  dei beni sono ancora sotto ipoteca bancaria, il  30 percento sono condivisi di fatto con prestanomi e sono quindi ancora occupati. Quello che si chiede non è un provvedimento che li metta in vendita, ma uno che ne renda possibile il riutilizzo, cosi come stabilito dalla legge 109/96, strumenti che consentano di restituirli alla collettività. Abbiamo voluto fare oggi quest’asta simbolica perchè rappresentasse un momento di riflessione per tutti. Non è possibile – prosegue Don Ciotti  – fare cassa attraverso la vendita di questi beni. Anche questo come il ddl sulle intercettazioni, come lo scudo fiscale, come il mancato scioglimento del Comune di Fondi, sono precisi segnali cui i mafiosi “stanno molto attenti”.

Ma c’è una società civile che sente la responsabilità di creare cose positive, di mettersi in gioco, per dire oggi che quei principi che animarono la legge del 1982 che porta il nome di Pio La Torre e la 109/96 dopo e  che si mobiliterà in questa settimana per chiedere che quei principi non vengano cancellati con un emendamento.

Già da alcuni anni, a livello locale e nazionale, ci sono stati tentativi di indebolire questa legge, con altre, che contemplavano la possibilità di vendere i beni dei mafiosi. “Per questo –  commenta Don Ciotti – chiediamo un Testo Unico in materia di beni confiscati che possa raccogliere tutto il materiale legislativo che riguarda questo strumento di lotta alle mafie, con trasparenza e chiarezza”. “Chiediamo la realizzazione dell’agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati più volte disattesa ma approvata anche dal Cnel. Dov’è finito – commenta in chiusura il presidente di Libera – quella norma approvata nella Finanziaria del 2006 che precedeva persino la confisca dei beni ai corrotti e il loro riutilizzo a fini sociali? .. dove sono finiti quei soldi che potevano diventare asili, scuole, sedi di cooperative, di associazioni, luogo di produzione e riscatto?”

Libera chiede attraverso un appello e questa settimana di mobilitazione nazionale il ritiro di questo emenadamento, ma non solo, anche il rafforzamento degli strumenti per le indagini patrimoniali, la trasparenza del processo di assegnazione dei beni, la realizzazione concreta, e non solo su carta, della confisca dei beni ai corrotti e il suo naturale proseguimento in Europa.

L’Europa ci guarda. Proprio al Parlamento europeo lo  lo scorso anno una delegazione di giovani europei ha chiesto e ottenuto l’approvazione il 7 maggio del 2009 di un testo che prevede il riutilizzo dei beni confiscati in Europa.  Frutto di un lavoro condiviso con la società civile di trenta paesi europei, di tanti giovani che insieme hanno costituito una rete europea, Flare,  che ha portato l’esperienza italiana della 109 in Europa.

“Chiediamo che quell’emendamento sia ritirato ma anche  che siano  create le condizioni per trovare le risorse per la sicurezza e la giustizia, recuperando la liquidità che serve per alimentare il Fondo unico giustizia istituito nel 2008. Non si puo’ permettere la vendita dei beni solo per fare cassa  – conclude don Ciotti – serve voltare pagina e dare strumenti efficaci per la lotta alle mafie”.

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