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Muore boss ‘ndrangheta, calciatori in lutto

Fonte: Ansa il . Calabria

Sono scesi in campo con il lutto al braccio per ricordare la morte
del boss Antonio Pelle “gambazza”, nome storico della ‘ndrangheta,
imparentato con uno di loro. Una decisione, quella dei calciatori del
San Luca, presa all’insaputa della società, presieduta dal parroco del
paese, don Pino Strangio.

Il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, su proposta dei
carabinieri, ha emesso un provvedimento di Daspo (il divieto di accesso
alle manifestazioni sportive) per un anno per il vicepresidente,
Giuseppe Trimboli, l’unico dirigente presente allo stadio, e la Procura
federale della Federcalcio ha già aperto un’inchiesta. San Luca, il
paese della faida culminata nella strage di Duisburg del Ferragosto
2007 e che in 20 anni ha provocato decine di vittime, torna quindi
nuovamente al centro dell’attenzione. Quella fascia nera (indossata da
alcuni giocatori, secondo la società, e da tutta la squadra secondo i
carabinieri) non è passata inosservata agli occhi dei militari in
servizio allo stadio per la gara di prima categoria tra San Luca e
Bianco, giocata domenica scorsa, a quattro giorni di distanza dalla
morte del boss Antonio Pelle, deceduto il 4 novembre scorso per cause
naturali dopo essere stato arrestato il 12 giugno del 2009 dopo una
latitanza di nove anni.

Il primo a pagare è stato il vicepresidente Trimboli, raggiunto dal
Daspo perché “tale forma di commemorazione, peraltro avvenuta senza
autorizzazione né della Lega Calcio né del direttore di gara ha
concretizzato una violenza morale d’impatto dirompente, che ha
annullato i valori nobili delle competizioni sportive”. Anche il
comportamento dell’arbitro, però, è oggetto di valutazione da parte dei
carabinieri che presto lo sentiranno ed intanto hanno acquisito il
referto. La società, ha assicurato Trimboli ai carabinieri, non ne
sapeva nulla. Una versione confermata anche dai giocatori, che agli
investigatori hanno parlato di un “gesto spontaneo”. E anche don Pino
Strangio, parroco impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, ha escluso di
essere stato informato: ”non ne sapevo niente ed ovviamente se
l’avessi saputo sarei intervenuto per impedirlo. Condanno il gesto che
è stato compiuto. Oggi ho parlato con i ragazzi e sono stato molto duro
con loro”. “Non hanno percepito – ha aggiunto – cosa sarebbe successo.
Sono tutti addolorati. Pensavano di fare un gesto buono nei confronti
dei compagni di squadra imparentati con Pelle. Non è stato un gesto
premeditato. Ho pensato di lasciare ma ho deciso di rimanere, anche per
aiutarli. A darmi forza è la possibilità di partire da un fatto
negativo per vedere se può diventare un momento di rilancio”.

Don Pino è presidente della squadra dal 2004, quando convinse alcuni
compaesani a comprarla, convinto che potesse essere uno strumento di
aggregazione per i giovani della zona da contrapporre alla ‘ndrangheta.
Il sacerdote ha anche ringraziato il Questore, il dirigente del
Commissariato della polizia di Bovalino e gli ufficiali dei carabinieri
di Locri: ”ho trovato persone disponibili che mi hanno incitato ad
andare avanti nel lavoro che stiamo facendo sui giovani con il calcio,
una delle poche cose che ci sono rimaste. Tutti si sono detti
disponibili ad aprire un dialogo con i giovani che possa aiutarli a
crescere nella pace. Spero che anche la Federcalcio capisca”. La
vicenda di San Luca ha dei precedenti. Nell’ottobre del 2004, nel
crotonese, fu osservato un minuto di raccoglimento in occasione di
Strongoli-Isola Capo Rizzuto per la morte di Carmine Arena, ritenuto
dagli investigatori un elemento di spicco della ‘ndrangheta, mentre
nell’ottobre del 1997 il minuto di raccoglimento fu osservato in
occasione della gara Locri-Sciacca per la morte di Cosimo Cordì (zio di
due calciatori del Locri), un presunto boss ucciso in un agguato.

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