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La mafia non si sconfigge con 10 punti, ma con i fatti

Di Antonio Turri* il . Lazio



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Il ministro dell’Interno Roberto Maroni
è stato colpito, anch’egli dalla “sindrome del dieci” dopo le
famose domande di Repubblica. Il responsabile del Viminale il 6
novembre, nel corso di una conferenza stampa ha dichiarato: «Stiamo
predisponendo un piano straordinario contro le mafie in dieci
punti che presenterò al presidente del Consiglio entro le prossime
settimane per rendere l’azione di contrasto ancora piu’ efficace e
vincere la guerra contro la criminalita’ organizzata».
Maroni sa
bene che le mafie, tra le forme associate di criminalità, sono
sicuramente le più difficili da debellare perchè hanno nel proprio
Dna, oltre la componente militare, la cosiddetta mafia con la
coppola, la essenziale compartecipazione e complicità di pezzi della
politica, dell’economia e delle istituzioni.

La mafia è per alcuni un edificio
criminale a tre livelli. Il primo è abitato dai “soldati di
mafia”, quelli che operano materialmente il controllo del
territorio, quelli che sparano, incendiano, minacciano, taglieggiano
e che dipendono direttamente dal secondo livello. In questo “secondo
piano” dell’edificio si trovano, con funzioni di capi clan, i boss
che potremmo tranquillamente definire gli “ufficiali” della
criminalità organizzata, cui spetta il compito di governare la
truppa sottoposta e di organizzare i grandi traffici di armi e droga,
la tratta degli esseri umani, il racket, l’usura e l’accumulazione di
denaro, il reinvestimento dei capitali, l’immenso patrimonio
economico di cui dispongono.

Sin qui, per definire il contesto
criminale di cui parliamo, potremmo usare la sola definizione di
criminalità organizzata, quella che si trova con varie e specifiche
varianti in molti altri paesi. Il Ministro Maroni sa, o comunque non
puo’ ignorare, che le criminalità organizzate si trasformano in
mafie quando si realizza il “terzo livello”dell’edificio
dell’organizzazione, composto da un gruppo di soggetti costituente un
vertice delinquenziale politico-economico formato da uomini politici,
esponenti dell’economia e personaggi riconducibili a settori deviati
della massoneria o delle istituzioni. E’ questo il livello che
interagisce con i boss e che ne favorisce il radicamento sui
territori e favorisce altresì le decennali latitanze di questi
criminali.
Questa organizzazione delle mafie, in tre livelli, non
può essere considerata una ricostruzione di tipo
politico-ideologica, ma storico-giuridica: è l’analisi che si
evince da una attenta lettura processuale delle vicende di mafia.
Così è fin dai primi del secolo scorso, da quando il nostro Paese è
diventato epicentro di questo problema criminale che assume, sempre
più spesso, l’aspetto di una emergenza internazionale. Del resto il
ministro Maroni sa che la definizione di mafia
si evince  dalla
 lettura dell’articolo 416 bis del nostro codice penale che al
terzo e quarto comma  specifica: «L’associazione è di tipo
mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di
intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e
di omertà che ne deriva per commettere delitti,
per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il
controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni,
appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi
ingiusti per sé o per altri».

Se l’associazione è armata si
applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi
previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi
previsti dal secondo comma. Il legislatore ha ben distinto le mafie
dalle altre forme di criminalità organizzata consapevole che le
attività economiche, gli appalti, i servizi pubblici non si
controllano senza la complicità del potere economico e politico,
senza far leva sulla disponibilità a lasciarsi corrompere da parte
di settori della politica o senza le necessarie commistioni tra i tre
livelli dell’organizzazione. Bene ha fatto il legislatore a
stabilire che l’essere armati per i mafiosi è solo un’aggravante,
quindi le mafie possono svilupparsi anche senza “lupare” e può
configurarsi l’associazione mafiosa anche senza armi. Fatta questa
premessa è utile porre dieci domande al Ministro dell’Interno per
sapere se, anche questa volta, la lotta alla mafia sarà più
enunciata che praticata. Se riguarderà, come in passato, una
“ripulitina” solo ai primi due piani dell’edificio criminale
mafioso e lascerà
indenni gli abitanti del terzo
livello.

Domande:

1-Signor Ministro i dieci punti
previsti per sconfiggere le mafie prevedono l’esclusione per legge
dalle cariche elettive, nei comuni,province,regioni e parlamento di
chi è formalmente  rinviato a giudizio o è stato condannato
per associazione mafiosa, corruzione, concussione, per
delitti
contro la pubblica amministrazione o l’amministrazione della
giustizia?

2-E’ previsto il potenziamento delle garanzie e
delle protezioni per i testimoni di giustizia e un nuovo e più
efficace utilizzo dei cosiddetti collaboratori di giustizia?

3-E’
prevista l’elaborazione di un testo unico di leggi contro la mafia
?

4- E’ previsto che i beni confiscati alle mafie non
rimangano per anni,come pur avviene, in uso ai mafiosi?E’ prevista l’
Istituzione di una Agenzia Nazionale per i beni confiscati che limiti
i tempi biblici per l’assegnazione a cooperative ed associazioni per
il loro riutilizzo sociale?

5- E’ prevista l’ineleggibilità a
cariche elettive per chi vìola le leggi sul finanziamento ai
partiti,delle
campagne elettorali e la decadenza dall’incarico
politico per chi si serve dell’appoggio elettorale di personaggi
comunque riconducibili a organizzazioni mafiose?

6- E’
prevista la sospensione, se indagati, o il licenziamento per tutti i
funzionari pubblici se condannati, per i reati di corruzione e
concussione.

7- E’ previsto l’inasprimento delle pene per
reati di falso in bilancio e di esportazione clandestina di
valuta?

8-E’ prevista la norma che non renderà possibile non
sciogliere un comune per mafia quando a richiederlo è una
commissione d’accesso composta da alti Ufficiali della Polizia di
Stato,dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, da un Prefetto e
dallo stesso Ministro dell’Interno,come
avvenuto per il caso del
comune di Fondi?

9-E’ previsto che tutto quanto sarà
contenuto nel suo decalogo verrà rispettato anche attraverso
il
potenziamento delle strutture delle Forze di Polizia e della
Magistratura che contrastano le mafie e senza che vengano
depotenziati gli esenziali strumenti investigativi come quello delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali?

10-Infine, cosa
importante perchè il tutto sia credibile, è prevista l’ipotesi
delle sue dimissioni qualora i suoi colleghi di governo si
opponessero a iniziative ritenute indispensabili per la lotta alle
mafie del terzo livello, dimissioni che Ella pur minacciò quando si
ventilò l’ipotesi che non passasse
l’istituzione delle ronde?

* referente Libera Lazio

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