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Calabria, lo spettro della “verità”

Di Stefano Fantino il . Calabria, Dai territori


La fame di verità rimane. Passato il caso Cetraro ora è necessario mantenere alta la guardia per evitare che altri gravi problemi finiscano inghiotti e spazzati via, come se non ci fosse niente. Passato uno, passati tutti. Eppure dati importanti che parlano della redditizia attività di inabissatori di carrette del mare avviata dalla ‘ndrangheta c’è traccia fisica in diversi atti di indagine. La più clamorosa, e sconcertante, già riportata nella pubblicazione Mare Monstrum 2005, da Legambiente era nei faldoni delle indagini coordinate da Alberto Cisterna, magistrato della Direzione Distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Si riportava la conversazione tra due boss della ‘ndrangheta che, parlando dello smaltimento in mare dei rifiuti tossici, dicevano: “Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?” A questo punto l’interlocutore all’altro capo del telefono sembrava avere qualche perplessità: “E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l’ammorbiamo? “Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi – era la risposta – che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un’altra parte…”
Dopo l’appello di politici (non ultimo il caso della componente dell’Antimafia Angela Napoli) e della società civile è necessario continuare ad appurare la verità, evitando di “chiamarsi fuori” ma prendendo coscienza di quanto succede ed è successo. Così sembra accadere anche nel reggino, dove il coordinatore di Libera Reggio Calabria, Mimmo Nasone ha più volta visto la sete di giustizia e verità scontrarsi con una apatia e un condizionamento gestito non solo dalla mafia ma anche della paura di ascoltare verità annichilenti. Libera Informazione l’ha contattato per informare e rilanciare la possibilità di un riscatto che deve partire dalla gente ma soprattutto da un approccio più risoluto da parte istituzionale.

Mimmo Nasone, nonostante la distanza geografica come avete accolto  le notizie sul caso di Cetraro, che di fatto hanno posto fine a quella emergenza?
In noi c’è stata preoccupazione, per il fatto che da quella vicenda, dopo si è scoperto che non si trattava di rifiuti radioattivi, si iniziasse a parlare di bufala, del fatto che il pentito Fonti non è attendibile. Che tutte le precedenti notizie in nostro possesso, anche l’omicidio di Natale de Grazi, fossero tutte congetture, niente di concreto ma solo una tigre cavalcata da quelli che vedono sempre nero ovunque.  E anche una preoccupazione di tipo economico, perché alla fine conveniva un po’ a tutti dire che “fortunatamente” non c’era niente di vero, che non esistevano queste navi. Risolveva anche qualche aspetto economico, questa impostazione.

In che senso?
La preoccupazione qual è? Allora, diciamo che sia vero che siano queste navi, trenta, quaranta, affondate nel nostro mare e che, non solo, anche i nostri territori siano stati pattumeria per smaltire questi rifiuti. Risulta chiaro che la gente, a parte tutti gli effetti che avrebbero sulla salute, pensi alla questione legata al commercio, legata alle piccole industrie, legata all’agricoltura, legata al mercato ittico e al mondo del turismo.

Un indotto che verrebbe condizionato dalla conoscenza di queste verità…
Esatto, allora meglio dire niente, secondo molti.

Personalmente ha mai avuto qualche sentore diretto di questa realtà?
Ricordo che due anni fa in un paese che io conosco bene, Palizzi, nel cui mare si sospetta sia affondata un’altra nave, durante un convegno pubblico lo dissi chiaramente che era una nostra preoccupazione, quella di appurare la verità riguardo questo caso e venni rimproverato dagli amministratori locali.

Una verità scomoda..
Mi dissero: tu che vai dicendo, qui noi siamo poveri, la gente scappa e restiamo sempre più poveri . C’è una preoccupazione, per alcuni aspetti anche legittima, di tutelare quella che è l’immagine di un territorio per evitare che la gente scappi del tutto.

Quella parte della provincia di Reggio, la Bovesia, è storicamente al centro di questo problema delle “navi a perdere”, vero?
Le dichiarazioni dei pentiti hanno messo in luce l’esistenza di una nave a Palizzi, come ti dicevo, nella zona di Capo Spartivento, ma non solo, anche nei pressi del comune di Melito Porto Salvo. Questo caso è particolare perché fu al centro di una conversazione tra ‘ndranghetisti intercetta. Si proponeva l’affondamento a Melito di una nave e il boss si lamentava perché in quella zona vivevano i suoi nipoti. Al che gli fu prontamente risposto che con i soldi guadagnati avrebbe potuto trasferirsi altrove. A Melito di Porto Salvo proprio dieci giorni fa abbiamo fatto una manifestazione però la gente della zona non c’era: sì c’erano i ragazzini delle scuole, che erano stati portati, ma gran parte dei cittadini non prende coscienza, non ha consapevolezza di questo dramma. Da una parte una sorta di rimozione a priori del problema e una paura del condizionamento mafioso.

Ieri la Diocesi di Locri è intervenuta su questo tema. Dice: non si può rimanere indifferenti e passivi, ma occorre denunciare e intervenire in modo efficace e urgente, cosa ne pensa?
Tra le poche forze che nella nostra realtà si salvano, ci sono pezzi di Chiesa. Chiaro che quando una diocesi in una realtà contaminata da diversi punti di vista come la Locride, prende posizione in maniera netta con il proprio vescovo con la Commissione giustizia e pace, un organismo ufficiale della diocesi, questo può avere una incidenza. Ovviamente si parla di tempi lunghi per effettuare un cambiamento, ma sono comunque scelte culturali importanti che tutti dovrebbero seguire.

In un recente incontro col il procuratore Neri, da anni al lavoro su questo tema, è stato da lui il ribadito il ruolo di “service” che ha la ‘ndrangheta in questo settore..
Anche io credo che la ‘ndrangheta sia solo uno strumento in una macchina che ha ormai contorni internazionali. Le indagini che ha portato avanti Neri hanno preso strade che conducono anche all’omicidio Alpi. Mi viene più di un dubbio sul fatto che si voglia fare davvero verità su questo argomento. Perché se sono vere queste ipotesi, di traffici internazionali, coperti da parti deviate dello Stato, che usano la malavita organizzata, facilmente assoldabile, per questi smaltimenti, allora siamo di fronte ad una situazione inquietante.

Per indagare sulle navi mancano spesso fondi, come reperirli? Ho sentito Neri parlare di prenderli  alla ‘ndrangheta stessa, in particolare dai liquidi sequestrati…
Tra i beni confiscati, quindi nella disponibilità dello Stato, oltre ai beni immobili ci sono anche soldi, tanti contanti che finiscono in un fondo utilizzato anche per le vittime di mafia. Una cosa importante. Ma molte denaro non viene utilizzato. Un parte di esso potrebbe essere utilizzato, anche se non basterebbe solo quello, per finanziare indagini e perizie tecniche del caso.


Alle porte una nuova carovana antimafia, Libera proporrà tappe sul tema?
Io oggi stesso proporrò di fare una tappa della carovana su questo aspetto, probabilmente a Crotone, realtà tra le più devastate dal punto di vista ambientale. E portare avanti anche l’idea di una sanzione da codice penale per i reati ambientali, tramite la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare, che non sanerà i dann
i del passato ma potrà prevenire e punire quelli futuri.

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