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Francesco Vecchio: un uomo semplice e giusto

Di Salvatore Vecchio il . Sicilia

Francesco Vecchio, è stato per molti anni il Direttore Generale della ICM Leonardi, una delle più importanti realtà economiche ed industriali di Acireale e della Sicilia orientale, rimasta operativa fino a metà degli anni ’80 con attività nella produzione della pasta e nel settore agricolo e zootecnico. Dopo la grave crisi economica che colpì il settore alimentare, ed in particolare il gruppo Leonardi, con la chiusura dello stabilimento principale adibito a pastificio e mangimificio, Francesco Vecchio ottenne l’incarico di Direttore del Personale dell’Acciaieria Megara, altra importante industria catanese che all’inizio degli anni ’90 occupava in via diretta oltre 300 dipendenti, e un centinaio di lavoratori tra le aziende dell’indotto. E’ stato assassinato all’età di 52 anni nella Zona Industriale di Catania intorno alle 18,30 del 31 ottobre del 1990, insieme all’Amministratore Delegato della Megara, Alessandro Rovetta, poco lontano dall’uscita dell’azienda mentre a bordo della sua auto tornava a casa dopo una giornata di lavoro.

Sul finire degli anni ottanta l’Acciaieria Megara aveva avviato un processo di ammodernamento tecnologico degli impianti produttivi per il quale aveva chiesto ed ottenuto finanziamenti dalla Regione Sicilia per circa 60 miliardi di lire.

Per la realizzazione delle opere di ammodernamento degli impianti, l’azienda era ricorsa alle prestazioni di alcune società esterne, che utilizzavano proprio personale.Fino a poco prima dell’estate del 1990 Vecchio si occupava della gestione del solo personale che era alle dipendenze dirette dell’azienda. La gestione delle maestranze e delle aziende dell’indotto (impegnate nella ristrutturazione dei reparti) era compito affidato alla Direzione Tecnica.

Nel mese di agosto 1990, con l’uscita dall’azienda del Direttore Tecnico, la gestione di questi rapporti passò alla Direzione del Personale. A seguito di alcuni controlli effettuati sulle attività di queste ditte, Vecchio decise di estendere anche ai dipendenti delle aziende esterne le modalità di controllo delle presenze al lavoro già in uso per i dipendenti della Megara. Poco dopo iniziarono le minacce telefoniche e le intimidazioni in azienda.

Le indagini sono state indirizzate sia sul versante del possibile interesse della mafia al finanziamento regionale ed alla acquisizione del controllo dell’azienda, sia su quello del mutato approccio alla gestione dei rapporti con le ditte e le maestranze dell’indotto. 

Vecchio era sempre stato molto riservato ed a casa non parlava quasi mai del suo lavoro. In famiglia era colui che risolveva i problemi badando a non trasmettere mai le sue preoccupazioni.

Era un marito ed un padre buono, attento ed affettuoso; tentava di limitare il più possibile le ansie dei suoi cari, i loro timori, non manifestando preoccupazione per le telefonate e le minacce che giungevano a casa.

Per quanto egli abbia cercato di minimizzare e di non mostrare ansia, in quel periodo ormai tutta la famiglia viveva con la consapevolezza inconscia di un pericolo che, al tempo stesso, in qualche modo, si tentava però di rifiutare ed allontanare nel tentativo di continuare a condurre una vita serena.Per la moglie Elvira la vita è finita quel 31 ottobre del 1990! Niente è stato più come prima.
All’epoca i due figli erano poco più che “ragazzi”, con tanta voglia di fare e mille progetti che, loro malgrado, quella barbara violenza ha istantaneamente spazzato via, portando via il padre e stravolgendo la vita di tutta la famiglia.
Sono passati più di diciassette anni dalla sua morte ed il suo omicidio non ha ancora avuto giustizia. Non c’è stato un processo, non ci sono stati indiziati. E’ rimasto tra i pochi omicidi di mafia a Catania dell’ultimo ventennio ad essere ancora impunito.
Francesco Vecchio è una vittima innocente della mafia che ha avuto la sola colpa di non volersi piegare al ricatto e di volere rimanere libero ed onesto. 
Una cara amica di famiglia ha voluto recentemente ricordarlo scrivendo alla famiglia queste parole:”Il modo migliore per ricordare Ciccio Vecchio, credo sia quello di adoperare poche parole comprensibili a tutti, poiché in esse sarà facile ritrovarlo per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, ed immaginarne lo spessore per chi invece ne sente parlare per la prima volta.
Ricordare Ciccio Vecchio vuol dire, innanzi tutto, ricordare un “UOMO”, o meglio, un “VERO UOMO”; un individuo, cioè, in cui forza e delicatezza coesistono e si combinano armoniosamente, una persona carismatica, coinvolgente, un leader indiscusso, capace di far sorridere, di rassicurare, di organizzare e coinvolgere.
Un uomo capace di farsi amare dai bambini, quale io ero quando lo conobbi, come dagli adulti, dai professionisti più eruditi come dalla gente più umile, un uomo in grado di rapportarsi con tutti.
Un uomo semplice e giusto, in grado di amare, di credere, di lottare per ciò che riteneva giusto fino al punto di morire per difendere delle idee.
Un uomo che ha pagato, infatti, la sua rettitudine con la vita, perché chi è troppo puro per esser “sporcato” diventa estremamente pericoloso per chi, invece, in quella sporcizia e di quella sporcizia ci vive, necessitando di macchiare ogni cosa che tocca ed ogni individuo che incontra.”Macchiare” Ciccio non è stato possibile, è morto “pulito” per come ha vissuto.
Ciccio Vecchio era un uomo tanto straordinario da rimanere impresso nell’animo di chi lo ha conosciuto anche dopo tanto tempo.Ecco… questa è la verità, una verità semplice e chiara come l’uomo di cui racconta.”.

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