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Ninetta Burgio:una storia di amore e coraggio

Di no. fe. il . Atti e documenti

“Sono ubriaca di questa
gioia, mi sento stordita, perché mi ha coinvolto in tutto, dalla testa al cuore che si era frantumato molti anni fa e si è ricostruito da qualche giorno, anche se
sanguina ancora. Ringrazio libera che ci da questa opportunità,se sono riuscita
ad andare avanti è merito delle istituzioni, e di  don Luigi Ciotti. 

Sono le parole di Ninetta Burgio, madre di PierAntonio Sandri, un ragazzo scomparso per mano mafiosa e i cui resti sono stati riconsegnati ai familiari solo oggi, dopo 14 anni. Ninetta è di Niscemi e da questa piccola cittadina ai piedi del promontorio nisseno e a due passi dal mare ha portato in giro per tutto il Paese, in questi anni, un cartellone con la foto di suo figlio, chiedendo che le autorità lo ritrovassero.

Ne parla al seminario sui Testimoni di Giustizia, Ninetta, nella seconda giornata di lavori di Contromafie a Roma.  Il corpo di Antonio ha fatto ritorno dalla madre coraggio Ninetta, e anche se è un momento straziante, per lei avere una tomba su cui piangere quella scomparsa è stato il primo segnale di un nuovo inizio.

“Devo dare un grazie di cuore
alle autorità che mi hanno dato questa notizia con una amore, un
affetto grandioso. Ho ricevuto la notizia – continua Burgio –  prima da Enza Rando (ufficio legale di Libera) e quando ci siamo sentite al telefono lei mi ha detto: Ninetta a parte il dolore, tanto, abbiamo vinto”.

Questa storia è inoltre la storia di uno Stato presente, puntuale e umano come testimoniano le parole di Ninetta Burgio di fronte ad una platea, quella dei Testimoni di giustizia, che con le istituzioni spesso si trova invece ad interagire in maniera poco soddisfacente. “Gli uomini delle forze dell’ordine sono venuti a
casa in punta di piedi, abbracciando il mio dolore, con una finezza
d’animo che mi hanno veramente stordito. Mi
hanno accompagnato in questi giorni, non mi hanno mai lasciato sola
dalla scomparsa di Pierantonio. Tutte le volte che ho chiesto di parlare
con loro, non mi hanno mai chiuso la porta – commenta Burgio”.

Lascia tutti con una carezza che arriva proprio dalle parole di suo figlio Pierantonio che prima di morire, di fronte alla situazione internazionale, alle guere, aveva scritto : ormai al giorno dopo
non si fa altro che parlare di violenza e criminalità in quest’ultimo
periodo il caso della ex jugoslavia […].  L’uomo non
ha pià rispetto di se stesso e del prossimo, bisogna essere convinti
che il nostro futuro sarà più certo, se si preparano i giovani, se
li si fa diventare responsabili e trasparenti.  Arrivo a chiedermi
se non ci sono altre strade diverse dalla violenza, serve che  ognuno di
noi tenti di non essere passivo a ciò che vede, mostrando agli altri
che bisogna avere attenzione al dolore, anche quando non è il nostro.

Questo era Pierantonio Burgio, giovane ragazzo di 15 anni che credeva nella sua generazione, nella possibilità di cambiamento  e nella necessità di assumersi responsabilità collettive. Viveva a Niscemi Pierantonio, periferia di una Sicilia lontata dai conflitti mondiali ma terra impegnata in un conflitto permanente fra mafia e legalità.

Oggi Ninetta porta con se questo messaggio positivo che la mafia ha creduto di smorzare con le armi. Ma – sembra dire la madre regalandoci questa lettura – le parole sopravvivono alla morte, alle mafie, alle guerre.

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