Cultura e mafie
Non basta la buona motivazione di partenza: se un prodotto culturale,come fiction, libri,film hanno la conseguenza di generare nelle masse non un’azione educativa o promotrice di consapevolezza di una realtà come la criminalità organizzata ma di fomentare la mitizzazione del “cattivo”, quello su cui dobbiamo lavorare sono i “segni dell’impatto” che questi prodotti hanno sull’audience. È questo uno dei cardini della discussione che più ha animato e visto confrontarsi i partecipanti del gruppo di lavoro.
La riflessione è stata stimolata da un’iniziale intervento in cui Antonio Ingroia sottolineando il rischio di una chiusura autoreferenziale ribadisce l’urgenza di un confronto tra intellettuali e magistrati per evitare che cultura e società vengano vissuti come ambiti separati e non comunicanti. La magistratura non si deve limitare esclusivamente all’azione repressiva e le agenzie di produzione culturale devono impegnarsi nel non confezionamento di rappresentazioni del reale che siano funzionali alla sola logica estetica e commerciale ma che si carichino della responsabilità dell’impatto che avranno sul pubblico. Gran parte del sapere del cittadino comune è formata dall’immagine televisiva.
Il dibattito ha visto protagonista in questo contesto il discusso film “il Capo dei Capi” esempio calzante di un prodotto ben riuscito nella sua forma artistica e cinematografica ma che ha visto nella ricezione del pubblico controverse manifestazioni,in particolare quelle scaturite dalla visione nella stessa popolazione rappresentata. In risposta a tale intervento , il regista Enzo Monteleone, ha ribadito la non volontà di mitizzazione da parte di chi era coinvolto nella realizzazione del film, la cui sceneggiatura è stata basata su testi di giornalismo d’inchiesta e con la supervisione di importanti membri dell’antimafia, come Claudio Fava; Monteleone sottolinea che la responsabilità dell’effetto mediatico non è solo a monte ma di fondamentale importanza è il tessuto sociale con cui il prodotto si confronta. Rischio ulteriore è infatti anche quello di rimanere paralizzati per paura di un eventuale risposta del pubblico non coincidente con lì intento iniziale che ha motivato lo sviluppo dell’opera.
Il dibattito ha visto coinvolte diverse realtà di produzione di cultura audiovisiva e di promozione di valori di una politica della legalità. “A volte manca perfino la buona intenzione iniziale” specifica Maffucci che, concentrandosi in particolare sullo strumento televisivo ha posto l’attenzione sul fatto che oggi prevale la logica del consenso dei numeri rispetto a una scelta di professionalità e alla ricerca di un messaggio etico. Il pm Marino porta l esempio del lo spaccato del tessuto sociale napoletano in cui la camorra non è solo un sistema criminale ma uno stile e un modello di vita, che catalizza attorno a sé un gran numero di risorse umane: a Napoli non esiste una frattura netta tra mafiosi e anti mafiosi, ma è percorsa da tutta quella zona grigia che inevitabilmente interagisce e si fonde con questo modello culturale, che invade tutti i livelli della struttura sociale.
Anche un testo innovativo e dirompente come quello di Saviano, insieme al film che ne è stato tratto, scritto su fatti reali e inchieste giudiziarie, deve fare i conti con una cultura che non riesce ad uscire da alcune secche e che affonda nel “brodo dell’illegalità”, in cui prosperano non solo la camorra, ma anche le istituzioni e la società civile. Saviano ha comunque il grande merito di essersi inventato un linguaggio, che non è quello né della cronaca giudiziaria né quello della narrazione fantastica, e di aver fatto così conoscere una realtà che prima era ambito riservatoa a giudici ed esperti del settore”.
Barbagallo mostra soprattutto come il problema non sia tanto del singolo prodotto quanto dello stesso impianto comunicativo con cui questo viene veicolato. La complessità della realtà che si viene a mostrare viene infatti appiattita e banalizzato nel canale televisivo che tende alla semplificazione dei propri contenuti, quando invece ciò che viene rappresentato dovrebbe essere accompagnato e contestualizzato per sopperire alla vera e propria analfabetizzazione comunicativa che dilaga nei palinsesti televisivi. In queste condizioni, diventano quasi piu importante le modalità d’impatto comunicativo del prodotto stesso.
La giornata ha visto personalmente coinvolte molte realtà dal pubblico interlocutore che hanno sentito l’urgenza di rivedere e discutere il linguaggio comunicativo con cui quotidianamente arte e pubblico si misurano. La fitta rete di relazioni economiche politiche sociali che legano e rendono interdipendenti tutti gli strati della criminalità organizzata internazionale non può essere sottovalutata neppure quando si tratta dell’impegno nella ricerca creativa di nuovi linguaggi di avvicinamento della società alla presa di coscienza della realtà contemporanea globale.
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