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L’abbraccio di Contromafie a Napolitano

Di Stefano Fantino il . Progetti e iniziative

Napolitano si alza dalla poltrona in
prima fila all’Auditorium della Conciliazione a Roma e raggiunge
Luigi Ciotti. Il presidente della Repubblica ha accettato l’invito
per Contromafie, gli stati generali dell’Antimafia che si sono aperti
oggi a Roma. E la platea ha subito rivolto un caloroso applauso con
standing ovation alla scelta di Napolitano: «Vinceremo la lotta
contro la criminalità organizzata- dichiara il presidente- grazie
all’azione dello Stato e della coscienza civile delle persone».
Ancora un’ovazione per il capo dello Stato, che già aveva dato il
via all’appuntamento di Libera con un messaggio benaugurale; un
invito a un risveglio e una partecipazione democratica fondamentali
per sconfiggere le mafie.

Dopo tre anni Libera ha convocato
nuovamente la tre giorni di studio e confronto sul tema di mafia e
antimafia, con lo spirito che già nel 2006 fece nascere la prima
edizioni: incontrarsi per proporre alla politica e alle istituzioni
delle soluzioni al problema sempre più gravoso della criminalità
organizzata di stampo mafioso.

Davanti alla platea tocca al sindaco di
Roma, Gianni Alemanno, aprire gli interventi istituzionali ricordando
come da primo cittadino nei mesi scorsi abbia vissuto sulla “propria
pelle” l’infiltrazione delle mafie nel tessuto economico romano.
Segno, questo, e il sindaco lo sottolinea, delllo sdoganamento in
tutta Italia della presenza mafiosa e della necessità di non
sentirsi estranei a un fenomeno ormai diffuso. Chiude con una
immagine Alemanno, ricordando Borsellino, «uomo oltre che
magistrato, esempio da ricordare come punto di riferimento per le
nuove generazioni».

Anche il presidente della Provincia di
Roma, Zingaretti, non manca all’appuntamento, sottolineando la
necessità di un impegno politico e civile che vada oltre una logica
emergenziale, e sottolineando l’importanza del valore memoria: «Il
Consiglio Provinciale ha deciso all’unanimità di intitolare la Sala
Stampa a Peppino Impastato». Un forte aggancio con l’attualità che
ha visto la memoria molto spesso calpestata; ma tuttavia Zingaretti
non fa solamente questo cenno alle attuali vicende. Un passaggio
molto significativo è dedicato a Fondi, comune pontino, recentemente
commissariato ma non sciolto per infiltrazioni mafiose. «Un grave
errore» definisce il presidente della Provincia la scelta del
ministro Maroni. Qui a Roma non c’è il ministro dell’Interno ma il
suo sottosegretario Mantovano, che mette in luce davanti al pubblico
presente le azioni del governo nel contrasto alle mafie, considerate
“priorità nazionale”, tuttavia incontrando qualche contestazioni
da parte del pubblico in sala.

A chiudere gli interventi istituzionali
il procuratore nazionale Piero Grasso che ha portato avanti il suo
intervento toccando molteplici aspetti della vita del Paese,
dall’aspetto politico a quello giudiziario, sfiorando in più casi il
tema mafioso. «Credo che questi siano i giorni della speranza, io
credo nell’antimafia della speranza» dice Grasso, in contrasto a
quella mancanza di coinvolgimento che spesso induce alla delega nel
contrastare le mafie. Grasso nel suo lungo intervento non lesina
passaggi molto duri verso il governo, nella fattispecie rivendicando
l’autonomia della magistratura e denunciando la costante
intimidazione cui sono sottoposti molti magistrati. Un duro passaggio
riguarda il tema delle stragi e del “papello”, da giorni agli
onori della cronaca. «Abbiamo sete di giustizia – dice il
procuratore – come si può pensare di giustificare una qualsiasi
trattativa, che peraltro ha posto in pericolo la mia stessa vita, tra
le istituzioni e Cosa nostra? E come si può pensare di accusare
uomini dello Stato di aver parlato troppo tardi su cose di cui tutti
avrebbero dovuto essere a conoscenza se non avessero perduto la
memoria?». Un sipario, quello sulle stragi, che secondo Grasso non
si sarebbe alzato senza alcune importanti rivelazioni di mafiosi e
figli di mafiosi, e che rivolgono un appello alle nostre coscienze
per aiutare a trovare una verità che manca da diciassette anni.

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