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MalAfrica

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

 Nel tentativo di far giungere sempre più cocaina in Europa a rischi sempre minori, i narcotrafficanti tracciano continuamente nuove rotte. Possono sembrare strane o antieconomiche, ma sicuramente sono funzionali all’obiettivo di incrementare i guadagni, tanti, minimizzando i rischi. Accade così che l’Africa, e in particolar modo il versante occidentale, nel giro di pochi anni sia diventato uno dei centri nevralgici del transito della “blanca” proveniente dal Sud America e diretta verso l’Europa.

Accade, inoltre, che la regione risulti essere una ambientazione ideale per sviluppare anche altri tipi di traffici, perchè ha in sè delle caratteristiche molto im portanti: è molto povera, le forze di polizia e l’esercito sono poco attrezzati e spesso conniventi, le élites al potere si dimostrano sensibili ai narcodollari.

“In Senegal, e in tutta l’Africa occidentale, convogliano tutti i tipi di stupefacenti destinati all’Europa. Non solo cocaina, ma anche hashish dal Marocco e, grazie all’apertura delle rotte commerciali con l’Africa orientale, hashish e oppio afgano”, scrive la Direzione centrale dei servizi antidroga nella relazione del 2008.

 Le rotte aperte dalle organizzazioni criminali per far passare la cocaina stoccata in Africa occidentale sono varie e abbracciano la geografia di un intero continente. “Sempre più frequentemente i trafficanti si avvalgono di nuovi modus operandi con- sistenti nella ricerca di rotte terrestri, aeree e navali inconsuete e inimmaginabili”, riporta la Dcsa. Rotte inimmaginabili.

Gli investigatori, ad esempio, hanno individuato una rotta atlantica. Dal Sud America la cocaina arriva in Africa occidentale, in Senegal, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, solo per fare alcuni esempi, per essere successivamente trasportata verso gli Stati Uniti. “Tali rotte, che a un primo esame appaiono antieconomiche, in quanto complesse e tortuose, presentano infatti minori rischi di sequestri dei carichi illeciti”.

Altra rotta è quella del Sahel. Via deserto, attraversando Mauritania, Mali, Niger per approdare alle coste maghrebine di Algeria, Libia e Tunisia. Deserto e oceano comportano uno sforzo organizzativo immenso e molto costoso, ma sicuramente la consapevolezza di annullare quasi del tutto i rischi. “Il sequestro di 46 tonnellate di cocaina dal 2005 ad oggi è il dato più significativo a sostegno della tesi di un hub africano – registra la Dcsa – e verosimilmente è solo la minima parte del reale volume dei traffici”.

Per provare a contrastare i traffici via mare l’Organizzazione mondiale delle dogane (Wco) e le Nazioni Unite (Uno- dc) hanno dato vita ad un programma di assistenza a vari governi, tra i quali molti dell’Africa occidentale, per controllare i container stoccati in porti ritenuti sensibili. Se si considera che il 90% del commercio mondiale avviene via mare, e che ogni anno viaggiano 420 milioni di container marittimi, l’impresa non è delle più facili. Inoltre, risulta difficile realizzare un efficace contrasto al narcotraffico in Africa occidentale proprio perchè la maggior parte dei governi della regione sono collusi con i trafficanti, se non addirittura protagonisti nella gestione dei traffici stessi.

Un altro interessante dato che emerge dall’analisi della Dcsa è la collaborazione delle organizzazioni criminali nella gestione dei traffici: “il traffico di sostanze stupefacenti è stato ed è il fattore chiave nel processo di trasformazione e di rinnovamento del crimine organizzato, basato sull’ampliamento del proprio raggio di azione, adottando una strategia di globa- lizzazione criminale-finanziaria nel contesto di una integrazione transnazionale sia dei mercati illeciti che degli stessi grucriminali”.

Anche al Dipartimento di SUsa e all’Europol fanno un’analisi siml’Africa Occidentale è considerata un criminale a tutti gli effetti, con conseguze devastanti sulla stabilità dell’intero ctinente. Le rotte della cocaina, inoltrecollegano direttamente e stabilmente gli altri traffici che flagellano l’Afrarmi, esseri umani, diamanti, e rifiuti sici e tecnologici.

Le organizzazioni crinali fanno affari e prosperano, traccialleanze e consolidano i propri rappcon l’establishment politico – economafricano. Il tutto nel silenzio più assordte che avvolge il grande continente dimticato.

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