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Piera Aiello, torna un testimone da proteggere

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Piera Aiello non è più a Partanna. C’era tornata
per far notare una circostanza anomala, quella che lei, testimone di giustizia,
fino a pochi anni addietro chiamata a deporre davanti ai giudici per raccontare
dell’organigramma di quella mafia belicina che le ha ucciso in poco tempo il
suocero e il marito, si era ritrovata fuori dal programma di protezione e per di
più con la circostanza che la disattenzione di un carabiniere aveva fatto
disvelare il luogo dove da anni è andata ad abitare. Piera aveva protestato e
per tutta risposta in modo informale dal ministero le si disse che «non era più
a rischio». Da qui il ritorno a Partanna. In quel paese dove aveva vissuto anche
con sua cognata Rita Atria, la giovane che si suicidò sconvolta dall’uccisione
di Paolo Borsellino. Piera e Rita avevano affidato a Paolo Borsellino le loro
testimonianze «di verità e giustizia».

Piera Aiello ha lasciato Partanna dopo
avere adempiuto a quello che si era ripromesso di fare, parlare con i magistrati
delle procure siciliane, Principato a Palermo, e Di Pisa a Marsala, che l’hanno
spesso citata come teste nei processi. È tornata in una località segreta. La
commissione ministeriale che si occupa della gestione dei testimoni e dei
collaboratori di giustizia ha rivisto le sue decisioni, lei è tornata ad essere
una «testimone di giustizia» da proteggere. Alla fine ha prevalso il buon senso,
l’impegno della società civile, di associazioni come «Libera» e «Rita Atria», il
lavoro di don Luigi Ciotti sempre prezioso, puntuale e intelligente. «La mafia
non dimentica» aveva avvertito l’ex presidente della commissione bicamerale sen.
Beppe Lumia che sul caso aveva reagito sottolineando come «i testimoni, invece
di essere considerati una risorsa sono ritenuti un peso, un intralcio; sono
tollerati e gestiti in modo burocratico, come fossero delle pratiche».

La
vicenda ha invece lasciato amaro in bocca alle associazioni che sono state
vicine a Piera per l’atteggiamento mostrato dall’amministrazione comunale di
Partanna. «Non si è visto nessuno» ha detto Nadia Furnari dell’associazione
«Rita Atria». «Partanna – prosegue Nadia Furnari – è stata “bocciata” agli esami
di riparazione ed è sempre più vera la frase che ci ha lasciato Rita Atria, “la
mafia siamo noi per il modo sbagliato di comportarci”. Il nostro lavoro e quello
di Piera però continuerà anche a Partanna, continueremo ad incontrare gli
studenti, i giovani che hanno voglia di combattere la mafia e cambiare sul serio
le cose, l’amministrazione comunale credo che continua a non avere alcun titolo
a ricordare Rita Atria».

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