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Domani parte la Missione di Pace a Gerusalemme

Di Stefano Fantino il . Internazionale

Oggi Barack Obama è stato insignito
del Nobel per la Pace, proprio alla vigilia di una importante
manifestazione che proprio sul tema del pacifismo porterà un
importante contributo in Medioriente.
Rompe gli indugi Flavio
Lotti, animatore della Tavola della Pace:«Il Nobel per la pace a
Barack Obama è una gran bella decisione. Un premio ad una persona
che deve gestire una eredità pesantissima ma che sta provando ad
aprire una pagina decisamente nuova nelle relazioni tra i paesi e i
popoli di tutto il pianeta». Il focus di Lotti si concentra sulle
volontà di cambiamento che il presidente prospetta: «Il suo
straordinario discorso pronunciato solo pochi giorni fa all’Assemblea
Generale dell’Onu delinea la volontà di imprimere un forte cambio
di rotta al mondo. Barack Obama non ha ancora avuto il tempo di “fare
pace” ma ha già saputo riconoscere i problemi, indicare con
chiarezza degli obiettivi e sostituire il linguaggio della guerra con
il linguaggio della pace e dei diritti umani. Invece dello scontro,
il dialogo. Invece della guerra, il negoziato politico. Invece
dell’unilateralismo, la condivisione degli oneri e delle
responsabilità. Invece dell’esclusione, l’inclusione. Invece
della devastazione, la difesa dell’ambiente».

Responsabilità e condivisione che
saranno alla base di un impegno concreto in Medioriente. Domani, infatti, partirà
ufficialmente una Missione di Pace. Un tempo la si sarebbe chiamata
“Marcia della Pace”, quella Perugia Assisi ben nota, che però
quest’anno ha fatto un salto importante. Per una settimana dal 10 a
17 ottobre saranno infatti Gerusalemme, Israele e i territori
palestinesi occupati la cornice di questa missione intitolata “Time
for Responsabilities” (Il tempo delle responsabilità). La
missione, organizzata dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali
per la Pace e i Diritti Umani, la Piattaforma delle Ong italiane per
il Medio Oriente e la Tavola della pace, vedrà impegnati oltre
quattrocento italiani, da semplici cittadini, giovani, studenti e
insegnanti, a sportivi, artisti, giornalisti, amministratori locali e
rappresentanti di associazioni. Una marcia per ricostruire le
speranze che ora mancano. Questo aveva fatto trasparire dalle sue
dichiarazioni Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace, nel
momento della presentazione, cinque mesi, del progetto che ora prende
viva forma.

«L’idea della marcia della pace –
aveva dichiarato Lotti – vuole essere uno stimolo per l’Europa a
cogliere le proprie responsabilità e a cogliere con mano ciò che
accade in quei territori; al contempo intende ricostruire quelle
dinamiche di speranza che ora sembrano ridotte, annullando sul
nascere le precondizioni necessarie per un accordo». Ora,
nell’imminenza della partenza, Lotti ribadisce ancora la necessità
di prendere coraggio e agire: «Vogliamo andare a Gerusalemme per
fare noi, cittadini europei, quello che deve fare oggi l’Europa:
assumersi le proprie responsabilità». E lo fa senza dimenticare il
forte lavoro diplomatico che l’amministrazione Obama sta intessendo
in Medio Oriente: «L’Italia e l’Europa non possono restare alla
finestra. L’Italia e l’Europa, che hanno grandi responsabilità
storiche sia verso gli israeliani e che verso i palestinesi, devono
rispondere immediatamente all’iniziativa di Obama con altrettanto
coraggio e determinazione. Con proposte precise e iniziative
puntuali».

Prima della partenza la Tavola della
Pace rivolge un appello al mondo dell’informazione affinchè dia
adeguata copertura mediatica all’avvenimento: «E’ vero che una
bomba come quella scoppiata a Kabul lo scorso 17 settembre fa molto
più rumore di qualsiasi iniziativa di pace. Gli operatori di pace
non riusciranno mai a spettacolarizzare le sue azioni come riescono a
fare invece la guerra e il terrorismo. Ma è compito dei media, e in
particolare del servizio pubblico radiotelevisivo, di illuminare gli
eventi di pace con almeno la stessa intensità degli eventi di
guerra. Non solo per ragioni politiche ed etiche. E’ anche una
questione di salute pubblica».

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