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Il giornalismo torni a raccontare il Paese reale

Di Norma Ferrara il . Lazio

Accade a Roma. Nella villa di un boss
della Magliana alcuni ragazzi sostituiscono simbolicamente
il passato del mafioso Nicoletti con quello di Peppino Impastato e di un nuovo impegno antimafia. Si tratta di diritti riconquistati in un territorio violato
dalle mafie sotto gli occhi  disattenti di un’informazione locale che troppo spesso invece spegne i riflettori sulle cosiddette “good news”.  

Questa una delle tante facce dell’informazione locale nella capitale emerse oggi nel corso
dell’incontro “Parole
&mafie” che si
è tenuto a Roma presso la casa del volontariato. L’appuntamento pubblico
si inserisce in un ciclo di appuntamenti nato dalla collaborazione
della Fondazione Libera Informazione con la Casa della legalità
della Presidenza della Regione Lazio con l’intenzione di mettere
insieme i giornalisti della stampa locale e radiotelevisiva, 
associazioni, giovani cronisti, studenti universitari e molte altre
realtà locali impegnate sul territorio.

“Abbiamo 
pensato questi appuntamenti  – dichiara Lorenzo Frigerio di
Libera Informazione – come un momento per fare il punto e
riflettere sul ruolo dell’informazione nel racconto della realtà
che ci circonda; una realtà sempre più oggetto degli affari
criminali, dell’illegalità diffusa in un Paese sempre più terra di
conquista delle organizzazioni criminali, anche al nord e nella
capitale. In questo contesto l’informazione gioca un ruolo
delicatissimo e cruciale. Fondamentale dunque fare rete con chi si occupa di questi temi e anche all”interno della categoria, cercando di superre le autocensure “spesso più frequenti delle censure”
a causa della situazione editoriale in cui versano quasi tutte le
testate giornalistiche. C’è in questo momento la necessità di
ripensare questo mestiere – conclude Frigerio  –  anche nel
nome di tanti che si sono spesi perdendo la vita per raccontare le
verità nascoste in molte parti del Paese e all’estero”. Proprio
oggi tre anni fa moriva la giornalista russa Anna Politkovskaya,
un’altra morte senza risposte.

Ci sono realtà che spesso sono totalmente diverse da come appaiono agli occhi dei giornalisti, come
commenta nella sua analisi il giornalista Maurizio Torrealta di
Rainews 24.
“In queste
settimane mi trovo a dover fare i conti con due notizie di cui tanto
mi sono occupato ma che oggi si ripresentano ancora come casi
aperti: la strage di via d’Amelio e l’inchiesta sul traffico di
rifiuti internazionale. Entrambe hanno avuto sviluppi
impensabili.  Dopo aver raccontato l’arresto di Riina dalla voce del capitano Ultimo, nel 2002 Torrealta
pubblicò La Trattativa un libro attraverso il quale
ricostruìì gli scenari di un patto scellerato fra pezzi delle
istituzioni, le mafie e sistemi di potere non ben identificati che
coinvolgono movimenti scissionisti ed eversivi. “Bisogna essere
molto umili nel fare questo mestiere – conclude Torrealta – oggi
mi rendo conto eravamo nell’impossibilità di conoscere quello che
stava accadendo nel passaggio fra la prima e la seconda Repubblica e oggi stiamo scontando un debito di informazione e
un bisogno di conoscenza  su quei fatti.  Il giornalista di Rainews24 rivolge un appello ai
giovani giornalisti presenti in sala affinché si mobilitino per accrescere sempre più il livello di
conoscenza dei fatti che una Repubblica fondata su questi misteri
necessita per poterla raccontare oggi e farlo sperimentando nuove
forme di comunicazione.

Della strage di via d’Amelio solo due anni fa se ne stava occupando anche Francesco
Forgione 
allora presidente della Commissione
antimafia. Grazie ad un consulente racconta “avevo iniziato un percorso interrotto con la fine
della Legislatura proprio sul recupero del carteggio che riguarda il
ruolo dei servizi segreti nella strage di via d’Amelio: pare
fossero circa 30.000 pagine – io credo che anche la nuova Commissione
antimafia dovrebbe ricominciare da li. Quello è uno degli aspetti
principali da chiarire”.  Oggi coordinatore della Casa della legalità
Forgione ricorda anche la sua esperienza come direttore di Telejato
“una tv un pò pazza ma libera e che per prima ha raccontato
l’inquinamento di una distilleria su un territorio occupato da mafie
e interessi criminali” “Quello che è venuto meno in questi
anni – dichiara Forgione – è una narrazione reale del Paese e per
farlo dobbiamo partire dai territori, nella pancia profonda
dell’Italia. 11 giornalisti
sono stati uccisi dalle mafie, perché erano cronisti che la notizia
la cercavano fuori dalle aule dei tribunali e non solo dentro.
Recuperando una dimensione sociale della lotta alle mafie i
giornalisti dovrebbero occuparsi soprattutto del locale: perché è
li che avviene lo scambio fra parti della politica e della
mafia.

L’ultimo appello lo lancia Giuseppe Giulietti
portavoce di
Articolo21 una doppia proposta
che punta dritto alla tre giorni di lavoro di “contromafie”
organizzati da Libera a Roma il prossimo 23-24-25 ottobre. 

“Penso
che 
Contromafie – dichiara Giulietti – possa essere il luogo in cui
portare l’esperienza positiva di tutte quelle persone che sono scese
in piazza del popolo lo scorso 3 ottobre per chiedere un’informazione
libera in questo Paese, rompendo il muro del silenzio sino a raggiungere  il parlamento Europeo”. “Bisogna superare un
certo pessimismo: molti passi avanti sono stati fatti e ne possiamo
fare altri. In particolare tornare ad un servizio pubblico che faccia
inchiesta, che racconti di drammi collettivi in prima serata e non la
dedichi solo ai delitti individuali (Cogne, Garlasco, Perugia) e che
si arrivi presto ad una legge che obblighi le testate giornalistiche
a presentare un certificato antimafia; sono le uniche in Italia a non
doverlo presentare per aprire un ‘impresa editoriale”.  

“Ci
sono cronache imperfette, isolate, dimenticate e poi ci sono fatti
volutamente oscurati – sottolinea Nello Trocchia giornalista e
autore di un libro che racconta i comuni sciolti per mafia in
Italia”. “Non si può fare oggi questo mestiere – continua
Trocchia –  se non si capisce che è necessario mettere le
singole cronache in un quadro complessivo  e  confrontarle
con il passato creando un racconto che dia conto di quello che i
cittadini hanno diritto di sapere: basta guardare Avellino e Messina
ci sono analogie sui dissesti idrogeologici che dovrebbero far
riflettere.  Un piano casa oggi ritirato in Sicilia dopo la
tragedia dell’alluvione di Messina perché non teneva conto della
situazione idrogeologica. “Se ci sono imprenditori che facevano
affari vent’anni fa e continuano a farli oggi a spese dei cittadini è
perché c’è una incapacità dei giornali di rende pubbliche queste
storie. C’è bisogno – fa notare Trocchia – di costruire un vero e
proprio ponte fra le realtà locali e quelle nazionali”.

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