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Gaetano Vassallo, il pentito dei rifiuti

Di Peppe Ruggiero il . Campania

Vent’anni di ecomafia svelati dall’imprenditore dei rifiuti Gaetano Vassallo.  Nel mese di aprile chiede di essere ascoltato dai vertici dell’Antimafia  napoletana e racconta tutto. Parole agghiaccianti. Tutto quello che era  stato scritto, fotografato, messo in scena, cinematografato diventano atti  della magistratura. Fatti rivelati da colui che per 20 anni ha rappresentato  nel nostro paese il “Ministro dei Rifiuti” alle dipendenze dei capi Francesco  Bidognetti e Francesco “Sandokan” Schiavone. Accusa i suoi 10 fratelli,  insieme a lui indagati per disastro ambientale aggravato dal favoreggiamento  mafioso e colpiti da una operazione di maxisequestro coordinata  dal pool di magistrati creato ad hoc dalla Direzione distrettuale antimafia.  

Il 10 giugno una parte del tesoretto dei rifiuti viene sequestrato:  numerose ville, 45 appartamenti, negozi, alberghi, terreni e quote societarie  per un valore complessivo di oltre 40 milioni di euro. L’azione delle  forze dell’ordine ha coinvolto 11 imprenditori – tutti indagati (nessun  arresto) – ritenuti legati al clan dei Casalesi.  Vassallo racconta agli inquirenti come dal 1988 al 2005 centinaia di  migliaia di tir abbiano attraversato mezza Italia per sversare una quantità  incalcolabile di tonnellate di veleni in ogni angolo della Campania. Dalle  sue dichiarazioni scatta il 18 luglio scorso l’inchiesta “Terra Promessa 2”  su disposizione della Direzione distrettuale di Napoli, che mette sotto  sequestro probatorio otto discariche poste al confine tra le province di  Napoli e Caserta. Otto cimiteri di veleni. La discarica in località Schiavi,  quella in via S. Maria a Cubito e Masseria del Pozzo e due appezzamenti  adibiti a sversatoi in località  San Giuseppiello a Giugliano; e poi un terreno  agricolo lungo la strada Trentola-Ischitella, due appezzamenti di terreno  in località Torre Pacifico, nel comune di Lusciano.  In queste discariche oltre a milioni di rifiuti urbani, con la benedizione  dei Casalesi, arrivava di tutto: rifiuti ospedalieri, rifiuti cimiteriali, batterie  esauste, pneumatici, veicoli buttati dopo essere stati utilizzati per  commettere delitti. E rifiuti industriali. Decine le ditte del Nord che  hanno piazzato sotto terra ogni genere di scarti tossici e industriali: fanghi,  liquami e finanche amianto nei campi di mele annurche, di fragole  e ciliegie.  
Vassallo ai magistrati consegna un elenco ben preciso dei suoi clienti che  per vent’anni hanno avvelenato la Campania. Provenivano da Lucca,  Montecatini Terme, Pisa, Milano, La Spezia, Savona. Nello specifico  (questo era già agli atti del procedimento Avorio+19 del 1994) nella  discarica Schiavi furono smaltiti 8 mila quintali di rifiuti tossici provenienti  dall’Acna di Cengio, fanghi tossici e ceneri delle centrali dell’Enel  di Brindisi, coloranti e affini di una ditta di Savona. La ricostruzione di  Vassallo fa accapponare la pelle. Come i rifiuti spediti da una azienda  farmaceutica di Castellammare di Stabia: “Dicevano che il materiale conferito  era idoneo alla produzione di legumi ma sulla terra dove veniva  smaltito il rifiuto –  racconta Vassallo – non ho mai visto nascere alcuna  frutta o ortaggio. I rifiuti liquidi erano talmente inquinanti che quando  venivano sversati producevano la morte immediata di tutti i ratti”. Ricorda  altresì che i rifiuti della “Meridional Bulloni, quando giungevano con  cisterne speciali in acciaio inox anticorrosive, friggevano e scioglievano  persino i rifiuti in plastica”. Un servizio rapido e collaudato in modo che  – precisa il pentito – quando in discarica giungevano i camion provenienti  dai comuni autorizzati “era tutto finito. Il sistema dei rifiuti era  direttamente gestito e controllato dalla criminalità organizzata. Non era  assolutamente possibile che una società non collegata o non indicata da  uno dei clan potesse avere anche solo una piccola parte di lavoro. Il controllo  del flusso era totale, non scappava niente”.  
Diverse società leader nel settore, collegate ai casalesi e federate con i Mallardo  di Giugliano. Un complesso intreccio disegnato dall’avvocato  imprenditore Cipriano Chianese, ritenuto dagli inquirenti elemento di  collegamento fra le varie anime del business. Solo nel 2003 la società realizzò  utili per sei milioni di euro: il 25 per cento con lo smaltimento di  rifiuti extraregionali, il 75 per cento con la gestione dei flussi regionali.  “Il rifiuto per chilo costava più dei pomodori”, aveva detto già agli inquirenti  Mimì Bidognetti alla fine dello scorso anno.  
“Dal consorzio Na1 – rivela Vassallo – ci fu concessa pure un’indennità  di occupazione commisurata all’utilizzo dei mezzi: 850 mila euro sono  stati incassati da mio fratello Nicola, ma deve essere pagata una seconda  tranche di un milione e mezzo di euro”. “L’immane traffico di rifiuti,  scientificamente organizzato in maniera strutturale e sistematica, a causa  del protrarsi nel tempo in cui si è realizzato, ha determinato un vero e  proprio disastro ambientale. In tali siti l’ecosistema è stato irrimediabilmente  stravolto fino alla determinazione di situazioni aberranti quali la  scomparsa di piante selvatiche”. Sono le parole del procuratore della  Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore, nella nota stampa nella  quale ha riferito dell’inchiesta che ha visto oltre ai fratelli Vassallo, anche  Gaetano Cerci, Cipriano Chianese, Elio e Generoso Roma, autentici pionieri  del traffico illecito di rifiuti. Nomi e cognomi presenti già nella prima  indagine denominata “Adelphi”  dei primi anni Novanta.

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