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Piera Aiello torna a Partanna

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Adesso viene da pensare che non è stata
una “disattenzione” ma un fatto voluto quello di far saltare
la riservatezza attorno a Piera Aiello. E’ successo diversi mesi addietro,
sembrava fosse stata la semplice disattenzione di un carabiniere e
invece oggi Piera Aiello si trova senza protezione. Lo ha scoperto dopo
averlo sospettato e mettendo alla prova il ministero dell’Interno. Piera
Aiello è tornata a Partanna, la sua città, paesino del Belice, assieme
all’amica Nadia Furnari, animatrice dell’associazione dedicata a Rita
Atria, cognata di Piera Aiello che con lei fu testimone di giustizia
contro le cosche mafiose del trapanese, fino a quell’insano gesto del
26 luglio 1992. Da una parte ha avuto conferma di essere fuori dal programma
di protezione la Aiello, dall’altra parte i carabinieri di Partanna hanno detto
loro che in quel paese rischiano, sono in pericolo.

Storie che si ripetono
in Italia. Testimoni di giustizia lasciati da soli come è successo
anche all’imprenditore calabrese Pino Masciari. Stato e Governo double
face, da una parte si sollecitano le collaborazioni, le testimonianze,
dall’altra parte si danno chiari segnali, come in questo caso, che inducono chi vuole
collaborare a ripensarci.  Loro due non sono testimoni di giustizia
qualsiasi:  sono stati portati a vivere in località segrete, hanno dovuto cambiare le generalità, le loro denunce erano state pesanti,
avevano sgominato le cosche dei loro rispettivi paesi, fatto i nomi
di complici dentro le istituzioni. Piera Aiello ha avuto il marito ed
il suocero ammazzati dai mafiosi, con la cognata Rita Atria affidarono
le conoscenze al giudice Paolo Borsellino, Piera Aiello continuò anche
dopo il suicidio della giovane cognata, «uccisa» dal dolore per la
strage di via D’Amelio.

Tanti gli sforzi per riuscire a riprendere
una vita “normale”, a rifarsi una famiglia, ad avere dei figli,cambiando tante cose  senza mai negare quel patto di fedeltà e collaborazione
con lo Stato e la Giustizia. Fino a quando ad aprile scorso l’ “incidente”,
un carabiniere che svela la “copertura” di Piera Aiello. Lei
scrisse al presidente Napolitano, raccontando come da testimone di
giustizia è stata costretta a subire le disattenzioni pericolose dallo
Stato: «Ho voluto ricostruire caparbiamente una mia vita personale
fatta di affetti e di relazioni e di un lavoro che mi ridesse dignità
di cittadina. In questo percorso lo Stato è rimasto spesso amaramente
assente, pensi Presidente Napolitano – continuava a scrivere – che per
lunghi periodi sono stata costretta ad utilizzare il codice fiscale
di una carissima amica, che ho dovuto iscrivere mia figlia a scuola
dicendo chi ero perché a Roma si erano dimenticati che avevo una bambina.
Ma nonostante queste incredibili difficoltà ho sempre avuto un profondo
rispetto per le Istituzioni».

Dopo questa lettera sembrava che le cose
si fossero messe a posto. «Ci parlarono di vigilanze, video sorveglianze
– dice adesso Nadia Furnari dell’associazione “Rita Atria”
– allora commentammo affermando che finalmente qualcuno delle Istituzioni
dimostrava di essere Stato ma che si attendevano nuovi passi avanti
non solo per Piera Aiello ma anche per la complessa e delicata condizione
in cui si trovano a vivere i Testimoni di Giustizia in Italia». I passi
avanti non ci sono stati, quelli a retromarcia si. Piera Aiello è fuori
dal programma di protezione.

L’ha scoperto, come si diceva, tornando
nella sua casa di Partanna. I carabinieri del posto hanno avvertito
lei e Nadia Furnari che il luogo per loro è pericoloso, le due donne
lo sanno già perchè mentre in auto raggiungevano Partanna hanno avuto
un’auto a seguirle, lo racconta Nadia Furnari, la voce è tesa, preoccupata:
«Ci hanno superato, a bordo di quell’auto c’erano tre uomini, ci hanno
tenuto fissi i loro sguardi su di noi, abbiamo dovuto pensare ad una
fuga per sottrarci ad altri inseguimenti. Adesso siamo qui, sole».

Martedì mattina a Partanna ci sarà
una conferenza stampa, con Piera Aiello e Nadia Furnari ci sarà anche
don Luigi Ciotti, il presidente di Libera. La norma per dare protezione
ai testimoni di giustizia prevede che la cessazione delle misure è
conseguente ad una «effettiva cessazione del rischio», «ma stando
qui a Partanna – dice Nadia Furnari – ci dicono che c’è pericolo e
quindi il rischio resta». A questo punto non si capisce come mai Viminale,
servizio centrale di protezione, prefettura competente della località
segreta di fatto da maggio sono immobili con Piera Aiello.

Piera Aiello spiega di essere tornata
a Partanna anche per chiedere un sereno colloquio con le procure siciliane
che si sono avvalse delle sue testimonianze per avere chiarezza sulla
condizione di pericolo in cui attualmente versano lei e la sua famiglia.

Piera Aiello ha anche scritto una nota,
del servizio di protezione ne parla indicando assenza e indifferenza
rispetto alle storie e alle vicende dei testimoni di giustizia: «Abbiamo
avuto a che fare con persone che hanno dimostrato purtroppo un assoluto
senso di superficialità per quanto riguarda la questione delicatissima
dei Testimoni di Giustizia, invece di dimostrare  quella attenzione
e quell’attento accompagnamento dei “Testimoni di Giustizia”
che lo Stato ha progressivamente imparato ad assumere come compito e
tradurre nello spirito e nel dettato delle specifiche Leggi promulgate,
ma di cui costoro sembra non abbiano mai avuto conoscenza o comprensione».

«Ritorno in Sicilia – scrive Piera Aiello
– visto che sono una ex testimone, ritorno a casa mia, dove nessuno
può cacciarmi, ritorno alla mia identità che nessuno ha diritto di
cancellare. Ritorno tra i ragazzi per rivendicare il diritto alla vita.
Non torno per morire ma per lottare.

Preferisco passare gli ultimi giorni 
della mia vita (per quanti essi potranno essere) nella mia Sicilia,
in mezzo ai mie affetti, che mi sono stati strappati 18 anni fa. Ma
desidero farlo rendendo pubbliche le ragioni della mia decisione. Prendo
tale decisione con serenità e con consapevolezza. Per proteggere la
mia nuova famiglia, per far sapere all’opinione pubblica l’inefficienza
di persone e funzionari istituzionali che hanno l’ardire di gestire
con assoluta incompetenza e totale disinteressamento situazioni delicatissime
che a dir poco sono sfuggite loro di mano. Qualche anno fa ho ricevuto
una lettera da una bambina di 12 anni del mio paese: “tu vivi esiliata,
Rita Atria è morta, ci state chiedendo di diventare eroi?”. 
Rispondano i funzionari dello Stato a questa domanda. Io ho deciso di
dimostrare alla mia Terra che dobbiamo pretendere protezione e allontanare
i mafiosi dalle città, e non i cittadini onesti».

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