Appello ai giornalisti di buona volontà
Come cittadini abruzzesi, vogliamo innanzituttomanifestare la nostra solidarietà e vicinanza ai siciliani colpiti dalle alluvioni di questi giorni. Anche loro, come i terremotati abruzzesi, sono vittime di un disastro annunciato e di un Dipartimento di Protezione civile – targato Bertolaso – che da troppi anni si occupa solo dell’organizzazione di Grandi eventi mancando ai suoi doveri fondamentali, almeno in tema di previsione e prevenzione.
Siamo anche noi qui a Roma a manifestare per dire NO al guinzaglio per l’informazione e per il DIRITTO DI SAPERE e il DOVERE DI INFORMARE. Noi puntiamo l’attenzione sull’ultimo punto perchè intervenire, su questo, dipende soprattutto dalle coscienze dei singoli giornalisti.
L’Italia repubblicana sta vivendo una delle fasi più nere della sua storia, una deriva sociale e civile che sembra inarrestabile.Ma se si vuole comprendere l’autoritarismo che avanza dovete venire tra le macerie di L’Aquila. Da qui è possibile vedere meglio dove sta andando questo nostro Paese e quali sono le forme e imeccanismi che hanno portato alla sospensione dello Stato di diritto – almeno per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi – quasi su una intera provincia: e se è successo qui, con qualche aggiustamento, può succedere in una qualsiasi altra parte d’Italia.
Lo strumento operativo utilizzato per ottenere questo risultato è il Dipartimento nazionale di protezione civile, negli ultimi anni opportunamente plasmato emodificato sino a ottenere una struttura parallela oggettivamente fuori da ogni controllo del nostro ordinamento democratico: con il Potere di ordinanza si scrivono leggi senza il passaggio parlamentare, il Potere di deroga consente di aggirare norme e leggi in vigore e anche la spesa è di fatto fuori dal controllo della Corte dei conti. Una macchina infernale che a L’Aquila – da sei mesi – sta dispiegando tutta la sua geometrica potenza.
Allarmi su rischio sismico e su edifici sensibili si susseguivano a L’Aquila dal 2001 e nessun provvedimento è stato preso nemmeno dopo i 4 mesi di sciame precedenti la scossa del 6 aprile: i primi due doveri della Protezione civile, Previsione e Prevenzione, completamente disattesi. In un paese normale il capodipartimento si sarebbe dimesso per manifesta incapacità: qui in Italia – complici i media – Bertolaso è stato invece osannato come “il salvatore” anche dalle popolazioni colpite.
A poche ore dal sisma – lo ha rivendicato Berlusconi stesso – si è scelto il Progetto C.a.s.e., lanciato con lo spot “Dalle tende alle case”, mentre con lo slogan “Tutti al mare a spese dello stato” si è avviato l’esodo di decine di migliaia di persone che ha prodotto, in 6 mesi, lo spopolamento di un’intero territorio.
Il soccorso alle popolazioni da parte delle colonne regionali è stato celere ed efficace, ma dal primo giorno il Dipartimento nazionale di Protezione civile, attraverso la creazione del Di.coma.c. (il nebuloso Dipartimento di comando e controllo) ha assunto i pieni poteri, esautorando gli enti locali e disarticolando le forze dell’ordine nelle loro funzioni.
Enormi risorse si sono bruciate con gli appalti dell’emergenza e del Progetto Case, sottraendole alla ricostruzione vera. A 6 mesi dal sisma, nulla è stato fatto – nemmeno la rimozione delle macerie – e non si è avviata neanche la ricostruzione leggera, così altre decine di migliaia di persone non sanno come e quando rientreranno nelle loro abitazioni.
Il risultato di questa strategia è un territorio in via di spopolamento, con economia e comunità locali distrutte: disatteso completamente, così, anche il quarto compito istitutivo della Protezione civile, il Ripristino delle comunità. A causare i danni maggiori, in Abruzzo, non è stato il terremoto, ma le scelte di Bertolaso. Non ci credete? Venite a L’Aquila a vedere con i vostri occhi e a raccontare. Almeno a futura memoria.
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