Ruotolo: sempre più difficile fare il giornalista in questo Paese
Dopo alcuni mesi dallo scandalo che ha coinvolto il Presidente del Consiglio la trasmissione Annozero ha ospitato ieri in collegamento da Bari l’escort Patrizia D’Addario per parlare della sua candidatura, delle cene a palazzo Grazioli e soprattutto del “sistema Tarantini”: donne, droga e politica, da quello che emerge nelle indagini dei magistrati. Sino ad oggi a intervistarla erano state solo le emittenti straniere, da ieri il tabù mediatico sul “Caso d’Addario – Berlusconi” è stato violato anche nel nostro Paese. Durante la trasmissione si è parlato inevitabilemente delle anomalie della libertà di stampa nel nostro Paese con l’intervento da New York anche del premio Pulitzer Carl Bernstein. Ne parliamo con Sandro Ruotolo giornalista d’inchiesta del Servizio pubblico e della trasmissione Anno Zero.
Ieri sera su Anno Zero prima e poi su Porta a Porta dopo si è parlato di libertà di stampa: per il programma di Santaro è emergenza nel Paese per quello di Vespa invece questo diritto costituzionale non sarebbe in pericolo, anzi i giornali e le tv sarebbero sbilanciati a favore dell’opposizione. Lei cosa ne pensa?
Direi che è piuttosto evidente che un problema in un Paese in cui il presidente del Consiglio controlla direttamente o indirettamente 5 canali televisivi su 6 c’è. Inoltre ha un controllo anche su giornali ed editoria. Non è vero che ci sia oggi la libertà d’informazione. Gran parte degli italiani si informa solo attraverso la televisione, il 70% circa. Noi di Annozero per esempio siamo un programma finito in una sorta di lista di proscrizione, e occupiamo dure ore e mezzo di palinsesto in una settimana. I Tg controllati da Berlusconi invece vanno in onda ogni giorno. Gli stessi Tg che non hanno mai intervistato Patrizia D’Addario. Così è successo che abbiamo dovuto aspettare la seconda puntata di un programma di approfondimento per mettere i cittadini nella condizione di farsi un’’idea, di capire. La questione del conflitto d’interessi è lampante. Non solo. La manifestazione del 3 ottobre nasce anche dai casi “Repubblica e L’Unità”, due episodi senza precedenti. Il mestiere del giornalista è continuamente attaccato, non passa giorno che non ci sia commento da parte del presidente o del Governo. Dopo l’editto Bulgaro (18 aprile 2002) non andammo in onda per molto tempo. Oggi addirittura il ministro Scajola interviene in prima persona con un’istruttoria sul nostro programma. Questo mi sembra un “salto di qualità”, ovvero un imbarbarimento ulteriore. Siamo vicini al Minculpop…
Quanto si sente libero oggi di fare il suo lavoro in questo Paese?
E’ sempre più difficile, ed è peggio di un tempo perchè se dovesse passare il Ddl sulle intercettazioni sarebbe fortemente a rischio il giornalismo d’inchiesta, la cronaca.
In cosa concretamente il ddl limiterà il diritto – dovere ad una libera informazione?
Un esempio lampante. Ieri abbiamo parlato ad Annozero del “sistema Tarantini” con un Ddl come quello in programma sulle intercettazioni non avremmo potuto parlare di una inchiesta giudiziaria sino alla fine dell’intero procedimento giudiziario. Tutte le vicende che riguardano la giustizia quindi slitterebbero, non esisterebbero. Il caso Parmalat è l’ esempio più evidente: senza la libertà di informare gli azionisti sarebbe stato un disastro. Non ci si potrà più occupare della cronaca, in sostanza. Noi stiamo lavorando sulle stragi di Palermo, sulla trattativa, il “papello”, Spatuzza e le dichiarazioni di Ciancimino: ecco di tutto questo se fosse già in vigore il ddl Alfano non potremmo occuparcene.
Come si ferma il Ddl sulle intercettazioni?
Mi auguro che ci siano tutti gli elementi perchè non passi in Parlamento e che il Presidente Giorgio Napolitano possa controllarne i margini costituzionali. Dall’opposizione ci si aspetterebbe un atteggiamento più forte, più d’attacco su questi temi e poi infine dalla nostra categoria. E’ giusto fare differenza fra gli atti segretati e quelli a conoscenza delle parti, ciò detto i cittadini devono essere messi al corrente di quest’ultimi. Su Facebook è partito un appello firmato da molti miei colleghi per annunciare l’intezione di disobbedire a questa legge, se verrà approvata.
Servizio pubblico e politica, qual è lo stato di salute della Rai?
Quando abbiamo iniziato a lavorare per il Servizio pubblico radiotelevisivo, noi abbiamo conosciuto una Rai dove l’idea vincente era quella del pluralismo se la Rai perde questo smarrisce l’ identità del servizio pubblico. Nel nuovo contratto di servizio per esempio c’è in cantiere una limitazione dell’autonomia del giornalista. Una cosa come questa dovrebbe “far rizzare i capelli” agli organi di categoria, ai sindacati e invece….
Il 3 ottobre in piazza chi ci sarà?
La manifestazione di domani è soprattutto un richiamo alla nostra Costituzione, io ho la sensazione che domani scenderà in piazza soprattutto la seconda parte dell’Articolo 21 della carta costituzionale, cioè quelli che hanno il diritto ad essere informati: i cittadini. Non sarà una manifestazione di giornalisti. Io mi auguro che ci siano centinaia di giornalisti ma sono certo che ci saranno migliaia di cittadini.
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