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Reggente del clan Gionta arrestato a Napoli

Di Daniela de Crescenzo il . Campania

Sono servite le “teste di cuoio” ad
arrestare il pregiudicato latitante Ciro Nappo, trentaquattrenne,
ritenuto dagli inquirenti l’attuale reggente del clan Gionta di Torre
Annunziata. L’azione coordinata dai carabinieri del nucleo di Napoli
ha permesso di fermare Nappo, uomo a capo del gruppo di fuoco del
clan, ricercato dal novembre 2008 per associazione per delinquere di
tipo mafioso, estorsioni ed usura. Il Gis (il Gruppo di Intervento
Speciale dei Carabinieri) la cui fulminea irruzione nella casa del
latitante di fronte a Palazzo Fienga, la roccaforte del clan, ha
permesso di mettere in sicurezza l’area prima di procedere ad una
cattura situazione potenzialmente pericolosa.

Libera Informazione ripropone un
articolo, uscito sulla rivista Narcomafie nel gennaio 2004, a firma
di Daniela De Crescenzo, intitolato “La legge dei Gionta”,
dedicato alla roccaforte del clan torrese e alla sua, inquietante
epopea.

Non sono bastati 23 anni per liberare
Palazzo Fienga, la roccaforte dei Gionta, il clan dominante di Torre
Annunziata. Il capoclan, Valentino, è stato condannato in Cassazione
per l’omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista de «Il Mattino»
ucciso il 23 settembre del 1985, e molti dei gregari sono morti, si
sono pentiti, o sono in galera. Tra i morti c’è Eduardo di Ronza,
braccio destro di Valentino, eliminato – secondo il pentito
Salvatore Migliorino che con le sue dichiarazioni diede il via alle
indagini che hanno portato alla condanna degli assassini di Siani –
dallo stesso clan perché aveva parlato con i carabinieri della
strage di Torre Annunziata.

Simbolo di un fallimento

Oggi a
Palazzo Fienga restano soprattutto anziani, donne, bambini, una
ventina di famiglie in tutto che abitano in un’ala pericolante del
palazzo, mettendo in pericolo se stesse e chiunque passi nella zona.
Eppure, a 23 anni dal sisma che danneggiò gravemente l’antico
pastificio, i tentativi di sgomberarlo falliscono ancora miseramente.
Così donna Gemma Donnarumma, moglie di Gionta, e Rita Donnarumma,
sorella di Gemma e moglie di Eduardo Di Ronza, continuano a fare il
bello e il cattivo tempo in quel quadrilatero delle carceri dove il
clan stabilì il suo dominio, diventato ora uno dei tanti simboli del
fallimento dell’operazione di ricostruzione finanziata dallo Stato
con migliaia di miliardi di lire.
L’ennesimo ultimatum lo aveva
dato l’attuale prefetto di Napoli, Renato Profili, che aveva
fissato per lo sgombero la data del 15 ottobre. La sera del 14 gli
agenti del commissariato di Torre e gli uomini di supporto arrivati
da Napoli erano pronti a calare l’elmetto, quando la prefettura
ordinò di fermarsi: a chiedere un rinvio questa volta erano i
vescovi di Napoli e di Nola, perché il 22 ottobre a Torre si
festeggia la patrona, la Madonna della Neve, e le celebrazioni
richiedono la pax sociale. Da allora tutto è rimasto fermo. Ma
dietro le quinte, gli amministratori della giunta di centrosinistra
guidata dal sindaco Francesco Maria Cuocolo lavorano freneticamente
per arrivare a una soluzione “pacifica” del problema. 
Per
capire che cosa sta succedendo a Torre Annunziata bisogna fare un
salto indietro e tornare alla sera del 23 novembre 1980, quando la
terra, tremando, inghiottì migliaia di persone in Irpinia. A Torre
il sisma non uccise nessuno, ma i senzatetto furono 3225, mentre le
famiglie che ottennero una casa poco più di duecento, tutte
ammassate nel rione cosiddetto del Penniniello, teatro delle storie
più efferate degli ultimi anni, ma che oggi si sta cercando di
riqualificare. All’epoca furono distribuiti 90 miliardi ai
proprietari di case danneggiate. Molti hanno intascato il denaro
lasciando tutto com’era. Ma il fallimento più grande si chiama
“quadrilatero delle carceri”.

Manovre di palazzo 

Che cosa
fosse questo rione lo racconta Giancarlo Siani in una cronaca
pubblicata su «Il Mattino» il 15 aprile del 1981. «La maggior
parte degli edifici è inagibile – scrive Giancarlo – tutti i
fabbricati sono sgomberi e alcuni già abbattuti. Camminare per il
“quadrilatero delle carceri” dà l’idea di aggirarsi in una
città fantasma, nei vicoli ci sono solo calcinacci e oggetti
abbandonati… Il rione rappresenta il primo nucleo di abitazioni
della città; il centro storico, anche se molti preferiscono
definirlo “centro vecchio” in quanto di storico e di artistico
non c’è niente, sorse intorno al 1300 a ridosso della chiesa
dell’Annunziata. Ricalcando probabilmente il disegno dei giardini
di un vecchio convento. Vi abitavano soprattutto pescatori e tutta la
zona ruotava intorno a questa attività, poi con il venir meno della
pesca anche il “quadrilatero” ha perso il suo antico valore…
Non è un segreto per nessuno, infatti, che dalla pesca si sia
passati all’altra attività. Sempre legata al mare, ma al limite
dell’illecito qual è il contrabbando. In realtà il terremoto non
ha fatto che portare alla luce vecchi guasti e malanni mai affrontati
dalle amministrazioni che si sono succedute negli anni».

Questo
scriveva Siani nel 1981. Questo è il quadrilatero delle carceri
ventidue anni dopo. I miliardi, che pure sono arrivati copiosi a
Torre Annunziata, non sono mai stati spesi per le ristrutturazioni.
Che fine hanno fatto allora i soldi della legge 219? Lo spiega nella
sua deposizione il pentito Salvatore Migliorino, che racconta di
incontri segreti a Palazzo Fienga con i politici dell’epoca per
imporre una ditta, la Staiano e Viola, che avrebbe dovuto ottenere
l’appalto e poi ricompensare politici e camorristi. Ma l’accordo
non si chiuse e quindi il quadrilatero non è mai stato ricostruito;
gli abitanti sono stati in parte deportati nelle case parcheggio del
Penniniello, in parte sono riusciti a rimettere in sesto alla meno
peggio la propria abitazione, in parte se ne sono andati
spontaneamente. I Gionta e i loro gregari hanno preferito restare tra
le rovine di Palazzo Fienga, da dove le donne del clan continuano a
dettare legge. La loro.

Finestre blindate roulotte
incendiate Per capire quale carica simbolica abbia il palazzo
nell’immaginario dei torresi è utile la relazione dell’antimafia
presieduta più di dieci anni fa da Violante. Ecco come viene
descritto: «Un antico edificio di dimensioni assai vaste, un grande
blocco quadrato di costruzioni nel cuore della città. L’ingresso
principale e l’ingresso dei capi più prestigiosi sono muniti di
telecamere a circuito chiuso ora inattive perché sequestrate
dall’autorità giudiziaria. Restano altre misure di sicurezza,
inferriate, infissi blindati». E nel ’94 ancora Migliorino
racconta: «Alcune finestre che si affacciavano nell’atrio del
palazzo venivano murate per limitare i punti di ingresso».
La
vicenda è giunta a un nuovo punto critico poco più di un anno fa,
quando si sono verificati crolli proprio nell’ala occupata dal
clan. Nuovi sopralluoghi dei tecnici del Comune e la decisione di
sgombrare. Il Comune nel dicembre del 2002 fa arrivare delle
roulottes per ospitare le famiglie, ma queste vengono incendiate. I
colpevoli non sono mai stati presi. Dopo un anno di sgombero si parla
e si discute ancora, ma che donna Gemma Gionta e famiglia andranno a
vivere nelle roulottes a Torre non lo crede più nessuno. Tanto più
dopo il fallimento dello scorso 15 ottobre. 

Sgomberare? 

Fa troppo freddo Donna
Gemma in quei giorni aveva minacciato di rendere impossibile la vita
a tutti in caso di sgombero. Minacce credibili visto che solo qualche
giorno prima, il 9 ottobre, i carabinieri avevano arrestato il
latitante pluripregiudicato Salvatore Ferraro, esponente del clan
Gionta, proprio in un appartamento di palazzo Fienga. C’era
arrivato tramite i cunicoli sotterranei che legano tutti gli angoli
del quadrilatero delle carceri, e stava facendo il punto della
situazione con il resto del clan. 
Il 14 ottobre è stato
anche don Raffaele Russo, il parroco dell’Annunziata, a darsi da
fare per ottenere un rinvio: «Troppo freddo – aveva spiegato ai
giornali – nelle roulottes non si può andare». E poi «della
questione si stanno interessando i vescovi di Napoli e di Nola», che
come si è detto hanno chiesto il rinvio per le celebrazioni della
Patrona. Da allora di sgombero non si è più parlato. 
Ma
forse ora qualcosa sta tornando a muoversi. L’assessore al
Patrimonio di Torre ha recentemente dichiarato che i proprietari si
sono miracolosamente decisi a firmare per la ristrutturazione.
I
Gionta, se e quando lasceranno il palazzo, lo faranno solo con la
certezza di ritrovarlo in poco tempo “più bello di prima”.

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