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Affinché il sale non diventi “scipito”

Di Gaetano Liardo il . Sicilia

Niscemi, Caltanissetta.
La storia di questo paese accovacciato in cima ad una collina franosa
è la storia triste e combattuta che rispecchia l’anima e i problemi
della Sicilia. «Se vuoi conoscere veramente la Sicilia devi passare
da Niscemi», raccontava un combattivo sindacalista a Palermo durante
uno dei tanti seminari di Libera Informazione. Perché? Semplicemente
perché nel paese puoi trovare in piccolo tutte le problematiche che,
in scala maggiore, segnano profondamente l’Isola. Il paese, trentamila
abitanti, basa la propria economia sull’agricoltura. Il carciofo,
l’oro verde, e le serre, che non riescono più a generare ricchezza
e prosperità. L’organizzazione del settore agricolo semplicemente
non esiste. Non esistono cooperative di produttori che riescano a contrattare
buoni prezzi con i compratori, non esiste una cultura aziendale in grado
di trattenere la ricchezza prodotta nel territorio. Il risultato è
che il duro lavoro di un anno viene vanificato da guadagni irrisori
rispetto alle potenzialità. Con il motore economico in panne, l’intera
prosperità del paese ne risente. Sommando gli effetti devastanti della
crisi, che a sud hanno colpito prima e più pesantemente, i risultati
sono devastanti. Se capitate a Niscemi vi accorgerete immediatamente
che manca un’intera generazione. Incontrerete pochissimi giovani tra
i 18 e i 30 anni, semplicemente perché la maggior parte sono costretti
ad abbandonare il paese. Per studio o per lavoro, li incontrerete dispersi
tra il nord Italia e l’Europa. Un salasso di forze ed energie che
non ha mai smesso di martoriare Niscemi.

I problemi
naturalmente non finiscono qui. Anzi. Niscemi è uno dei centri
che subisce pesantemente la forza della sopraffazione mafiosa. La vita
economica, sociale, politica ne risentono enormemente. Il Consiglio
Comunale è stato per ben due volte sciolto per infiltrazioni mafiose.
Tra gli anni ’80 e ’90 Niscemi ha vissuto la fase sanguinaria della
faida tra Cosa Nostra e la Stidda. Decine di omicidi per stabilire il
controllo del territorio. Morti e attentati intimidatori. Auto e negozi
prendono fuoco in continuazione. La paura e l’impotenza tengono in
scacco la maggioranza dei cittadini onesti.

La nuova amministrazione
eletta dopo due anni di commissariamento si trova, tra mille difficoltà 
a dover affrontare la questione. Niscemi non può e non deve essere
un paese di mafia. Non merita di restare ostaggio della violenza criminale.
Occorre una reazione. Una reazione, tuttavia, che deve riuscire a mobilitare
una società spesso incapace di affrontare di petto il problema mafia.
Alla recente escalation criminale l’amministrazione guidata da Giovanni
Di Martino cerca di porre un argine. L’operazione “crazy horse”,
di alcune settimane fa, ha bloccato il tentativo di Cosa nostra di rapire
ed assassinare i familiari di alcuni collaboratori di giustizia. Segnale
inquietante che mette in luce, se ancora ce ne fosse bisogno, la morsa
della mafia su Niscemi. La presenza dei collaboratori di giustizia,
di alto rango criminale, rischia di compromettere gli affari delle cosche.
L’uccisione dei familiari più cari, tra cui due bambini, avrebbe
sicuramente avuto un devastante effetto deterrente.

Di bambini
a Niscemi ne sono morti già due. Salvatore Cutroneo e Rosario Montalto,
uccisi nell’agosto del 1987 mentre giocavano per strada nel corso
di un conflitto a fuoco tra due auto. Un episodio che segnò grande
commozione in paese, a cui seguì, dopo un paio di anni, il primo scioglimento
del Consiglio comunale. Scioglimento per mafia, da cui Niscemi ha cercato
di risalire con la nuova amministrazione eletta nel 1994. Percorsi di
legalità e di sviluppo cercarono di ridare dignità ad un paese di
gente onesta, la chiamarono la “Primavera di Niscemi”. La sfiducia
in Consiglio comunale prima, e una nuova giunta incappata nuovamente
nel cancro delle infiltrazioni mafiose, con il conseguente secondo scioglimento,
hanno congelato i tentativi di riscatto.

Vent’anni
dopo si corre il rischio di veder ripetere scenari simili. Il tentativo
di uccidere familiari innocenti di collaboratori di giustizia, e la
recente scoperta dei resti di un ragazzo, Pierantonio Sandri, scomparso
nel nulla nel 1995 senza alcun motivo. Di Martino ha lanciato l’idea
di istituire un Comitato permanente antimafia, a cui hanno aderito una
cinquantina di associazioni. La parte sana del paese indignata e disposta
a mettersi in gioco. Il Comitato ha indetto una grande manifestazione
di protesta il prossimo 6 ottobre. “Affinché il sale non diventi
scipito”, sciapo. Affinché, quindi, non si abbassi la guardia e non
si lasci spadroneggiare nel paese un gruppo di criminali sanguinari.

E’ stato
approvato un “pacchetto antiracket” che garantisce l’esenzione
dai tributi locali ai commercianti che denuncino il pizzo. E’ stato
consegnato al paese un bene confiscato al boss stiddaro Vincenzo Di
Pasquale, affiliato al clan Russo. Dovrebbe diventare un bed e breakfast
gestito da una cooperativa di ragazzi. Un piccolo segnale in una realtà
che ha profondamente bisogno di prospettive future, garanzie di sviluppo
pulito e legale, unico antidoto contro il cancro mafioso, affinché,
appunto, il sale non diventi “scipito”.

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