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La lotta antimafia paga: estinti i debiti de ”I Siciliani”

Da L'Unità il . Progetti e iniziative

Ci avviciniamo al 3 ottobre, una giornata consacrata al diritto di
dire e di scrivere, mettendo intanto da parte una prima piccola, felice
notizia: il debito de I Siciliani, il giornale di Giuseppe Fava, è stato interamente coperto dalla sottoscrizione lanciata due mesi fa (e promossa, tra gli altri, anche dall’Unità).

Storia breve ed esemplare: la ricorderete. Si fa vivo il tribunale di
Catania per pretendere, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, il
pagamento di un vecchio debito rimasto insoluto con i fornitori della
sua rivista. Debito miserabile, qualche milione di vecchie lire,
cresciuto silenziosamente come un tumore – tra interessi, more e
balzelli vari – fino a quasi centomila euro. Da saldare in moneta
sonante entro il 30 settembre pena la vendita coattiva all’asta delle
case dei vecchi redattori de I Siciliani, poco più che ragazzini
all’epoca dei fatti. Colpevoli di aver voluto tenere aperto nonostante
tutto quel giornale e di esserselo caricato sulle spalle senza un solo
lamento per molti anni dopo la morte di Giuseppe Fava.

Per la giustizia della mia città, così liturgica e benevola verso molti
briganti, i debiti de I Siciliani (rivalutati a distanza di 25 anni)
meritavano solo atti formali di confisca, esecuzioni forzate, vendite
all’asta. Così non sarà perché all’appello hanno risposto in centinaia.
Donne e uomini, quasi sempre a noi sconosciuti e forse per questo ancor
più preziosi nella semplicità del loro gesto, quei dieci, venti o cento
euro mandati non per solidarietà o per amicizia ma per legittima
difesa: un paese che difende la propria memoria dai tentativi di
rapina, che pretende rispetto per la verità delle cose. E manda a dire
ai pignoli legulei di Catania che la storia de I Siciliani non è un
fatto privato di alcuni giornalisti orfani del loro direttore né una
cronaca di mafia e d’antimafia ma un grande racconto civile e
collettivo che appartiene al paese.

È questo il punto: il buon giornalismo, la buona informazione non sono
mai un atto d’eroismo: sono il principio informatore di ogni
democrazia. E dunque patrimonio di tutti. Lo sono stati I Siciliani, e
non solo perché il loro direttore è stato ammazzato dalla mafia. Lo
sono stati per aver interpretato con giudizioso disincanto l’unica
regola che valga in questo mestiere: o scrivi, o taci. Sulla verità
delle cose non sono ammessi sconti né reticenze. Solo menzogne. Ma
quello non più giornalismo: è altro. E in Italia il giornalismo spesso
è «altro». È un guardare svagato, cortesia di modi, prudenza nelle
domande.

Il 3 ottobre, quando ci ritroveremo in piazza, varrà la pena dircele,
queste cose. Senza avere in mente solo le miserie del governo, gli
affanni di Berlusconi, la sua corte di odalische. Dovremo ragionare
anche sul nostro giornalismo, su chi lo interpreta con la muta
disciplina del soldatino di piombo, su chi ha imparato troppo presto a
chiedere permesso prima di capire e di scrivere. Parleremo di questo
anche mercoledì sera, 23 settembre, alla Casa del Jazz di Roma. Un bel
posto, confiscato agli artigli della banda della Magliana, restituito
al paese e trasformato in un luogo di libere e preziose discussioni. Ci
saranno molti amici che ci hanno dato una mano in queste settimane
nella sottoscrizione per I Siciliani. Ciascuno leggerà qualcosa, di sé
o di altri. Sarà un modo per raccontarci tutto questo tempo vissuto, e
per ricordare un uomo morto per il vizio di dire.

Tratto da: l’Unità

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