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A qualcuno fa ancora paura

Di Roberto Morrione il . Progetti e iniziative

Il 26 settembre a Roma, dalle ore quattordici parterà un corteo che dalla piazza della Bocca della Verità raggiungerà piazza Navona. La manifestazione rappresenta la continuazione ideale di quella che è stata fatta il 20 luglio davanti al palazzo di Giustizia di Palermo in sostegno di quei magistrati che, a rischio della propria vita, stanno combattendo per arrivare alla Verità sulle stragi del ’92 e del ’93. Libera Informazione ripropone, in vista della manifestazione di sabato, l’editoriale di Roberto Morrione.

Paolo Borsellino, a qualcuno, fa ancora paura. Il messaggio lanciato
da quell’agenda rossa che in tanti terranno in pugno il 18 e 19 Luglio,
sfilando nel cuore di Palermo nel nome del magistrato assassinato 17
anni fa con i cinque agenti di scorta, è insieme un simbolo e una
richiesta di verità. Quell’agenda rossa, sulla quale Paolo Borsellino
annotava giorno per giorno appuntamenti, riflessioni, nomi, nella sua
spasmodica corsa contro il tempo e la morte, che sentiva vicina, per
riuscire a scoprire gli autori del massacro di Capaci, ma soprattutto
se e chi a ogni livello, anche esterno a Cosa Nostra, aveva voluto
distruggere il genio investigativo, l’esperienza del suo amico
Giovanni, insieme con l’eredità pur “normalizzata” del pool antimafia
di Palermo. Quell’agenda da cui non si separava mai, che aveva con sé
in una borsa rimasta intatta nella devastante esplosione in Via
D’Amelio, fotografata nelle mani di un ufficiale dei carabinieri e poi
misteriosamente svanita, senza che la Giustizia abbia fatto luce sul
dove e perché sia scomparsa, in quale cassaforte sia finita.

Ora
le procure di Caltanissetta e di Palermo hanno riaperto ufficialmente
le indagini su quelle stragi,  ipotizzando ciò che in ben tre processi
si era intravisto, cioè il coinvolgimento diretto negli attentati di
uomini degli apparati di sicurezza dello Stato, con moventi ancora non
definiti, ma risalenti ad ambienti esterni e con motivazioni diverse da
quelle che mossero Riina e i capi di Cosa Nostra. La condanna
definitiva all’ergastolo di organizzatori ed esecutori non ha messo
dunque la parola “fine” alle inchieste giudiziarie, che si saldano
invece con le inchieste in corso sulla trattativa che apparati dello
Stato aprirono con i capi di Cosa Nostra, confermata ora da Massimo
Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo che di quella trattativa
fu  tramite e testimone.

Chi ha in mano quell’agenda, come gli
appunti informatici di Giovanni Falcone mai venuti interamente alla
luce, ora ha un motivo in più per preoccuparsi, ben oltre
l’instancabile  impegno di denuncia e di richiesta della verità da
parte della famiglia Borsellino, delle associazioni antimafia, di
magistrati in prima linea che condivisero la battaglia di Falcone e
Borsellino.

Nonostante l’indifferenza dei media, stampati e
televisivi, che per anni, come peraltro sta di nuovo avvenendo, hanno
distrattamente acceso la luce sui sanguinosi eventi siciliani, che
hanno segnato la storia della Repubblica e determinato almeno in parte
l’attuale quadro politico e civile,  solo in occasione delle
commemorazioni , senza scavare sui tanti punti oscuri delle indagini.
Che giornali e TG abbiano lasciato nel silenzio e nell’indifferenza
l’opinione pubblica, preferendo la facile alternativa dei delitti di
cronaca nera, su una scia emozionale e consumistica che ha riempito i
televisori e l’immaginario degli italiani da Cogne a Erba, a Garlasco,
a Perugia, fino agli stupri di modello “etnico” che tanto hanno pesato
nel dibattito sulla sicurezza e sull’opinione pubblica, è una vergogna
che peserà a lungo sul Paese, ma anche sulla dignità professionale e
sulla formazione etica del giornalismo italiano…

Ora è arrivato
il momento di andare fino in fondo, di riprendere i tanti fili finora
mai seguiti, le contraddizioni e le coperture nelle indagini sulle
stragi e sul patto scellerato che, almeno nella interpretazione dei
“corleonesi”, doveva essere realizzato con lo Stato o chi diceva di
rappresentarlo. Vicende in cui compare l’ombra, ma anche la fisica
presenza dei Servizi. A nome di chi agivano quegli uomini, che
interessi coprivano, quali erano i loro obiettivi? Quale il loro vero
ruolo nelle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, come in quelle
successive che insanguinarono Roma, Firenze e Milano?

Rai News
24, che dirigevo, cercò nel 2000 di fare il proprio dovere e quello del
Servizio Pubblico, trasmettendo in splendida (e aziendalmente forzata)
solitudine l’ultima intervista televisiva di Paolo Borsellino. Due
giorni dopo di quella intervista Giovanni Falcone, la moglie e la sua
scorta saltarono in aria a Capaci e due mesi dopo, con una incredibile
e tuttora inspiegabile accelerazione, fu la volta di Paolo Borsellino.
Quella cassetta, che ci era stata data da Fiammetta, figlia di Paolo
Borsellino, è stata vista e discussa nei processi sulle stragi. Il suo
contenuto è dunque di straordinario interesse giudiziario,
giornalistico e umano, oggi anzi ancora più attuale, ma la Rai non l’ha
più trasmessa. Non è l’ora che il Servizio Pubblico ci ripensi?

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