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Criticare il sindaco costa cinquantamila euro

Di redazione il . Sicilia

Fra i tanti modi di intimidire un giornalista per metterlo a tacere
ce n’è uno nel quale l’aggressore veste i pani della vittima, un metodo
che ha tutti i crismi della legalità: la citazione in Tribunale del
cronista per i presunti danni subiti a seguito della pubblicazione di
uno o pù suoi articoli ritenuti ingiusti. Si possono chiedere i danni,
senza limitazione d’importo, a un giornalista e al suo giornale, senza
che l’articolo sia stato giudicato diffamatorio o calunnioso in sede
penale. Non è necessario, nel nostro sistema.  Purtroppo c’è
un varco che lo permette, nella nostra legislazione. Ci sarà finchè
una oculata riforma dei codici se ne farà carico. Intanto si avvale
di questa facoltà non solo Silvio Berlusconi per chiedere milioni di
risarcimento alla “Repubblica” e a “l’Unità”, i
giornali che hanno osato fargli con insistenza domande impertinenti
o hanno descritto suoi poco commendevoli comportamenti durante i festini
ospitati nelle sue residenze. Se ne avvalgono numerosi amministratori
pubblici e fra questi il sindaco di Trapani, Girolamo Fazio, che chiede
cinquantamila euro al giornalista Rino Giacalone, corrispondente da
Trapani de  “La Sicilia”, acuto osservatore della sua terra
e autore di pepati quanto documentati articoli su Articolo21, sul mensile
di Libera “Narcomafie”e sul sito di Libera Informazione.

Il processo avrà inizio domani a Trapani con la prima udienza. Giacalone
dovrebbe pagare l’ingente somma per aver osato criticare la decisione
del primo cittadino di revocare la deliberazione del consiglio comunale
di concedere la cittadinanza onoraria per meriti antimafia all’ex prefetto
Fulvio Sodano, il quale, a sua volta, nell’imminenza della cerimonia
aveva osato criticare alcune prese di posizione dello stesso Fazio,
suscitandone l’ira funesta. Giacalone aveva commentato questa vicenda
sul sito di Articolo21, senza nascondere di ritenere ingiustificata
la revoca dell’onorificenza all’ex prefetto: “Quando vengono scritte
cose che al sindaco di Trapani non piacciono, non si è bollati come
mafiosi ma come “professionisti dell’antimafia” che  hanno
tanti interessi , tranne uno: quello che la mafia venga sconfitta perchè,
spiega, si metterebbero in discussione tante carriere e tanti vantaggio.
Fazio ha ripetuto ilo suo solito esercizio che è quello delle negazione
della realtà, ha ribaltato le cose come in queste stesse ore si è
scoperto sta facendo il capo mafia latitante Matteo Messina Denaro.
Per carità, non vogliamo dire che ci siano collegamenti, il caso vuole
che, in un pizzino diventato conosciuto adesso, Matteo Messina Denaro
grida anche lui al complotto, parla di una nuova inquisizione di Torquemada
da strapazzo a proposito di chi indaga e dirige la sua ricerca. Si rivolge
così ad uomini che tra le mani utilizzano un codice penale mentre lui
tra le mani continua a tenere stretto un codice d’onore sporco del sangue
di tanti morti ammazzati. Anche del sangue di giornalisti, di quelli
che Fazio, alla pari di altri, magistrati compresi, bolla come professionisti
dell’antimafia. Forse “ concludeva Giacalone – è ora che il sindaco
di Trapani faccia i nomi e indichi i vantaggi conquistati da ognuno
di questi”.

   Il sindaco se n’è guardato bene. Invece, offeso per
l’irrispettoso accostamento all’atteggiamento del boss latitante, ha
incaricato il suo avvocato di chiedere una punizione esemplare per quel
giornalista che, in un coro di imbarazzati silenzi si ostina a dire
ciò che vede con i suoi occhi e pensa con la sua testa: un salasso
di 50 mila euro dovrebbe togliergli il vizio, una volta per tutte. Ci
sembra difficile che il sindaco Fazio e quanti la pensano come lui possano
trovare un giudice che dia loro ragione. La giustizia è una dea bendata,
cioè non deve favorire nessun cittadino rispetto a un altro, ma non
può avere una mente ottusa, deve distinguere il torto e la ragione
al di là dei codicilli da azzeccagarbugli. Dovrà perciò considerare
che Giacalone non ha agito a titolo personale, come gratuito avversatore
del primo cittadino e delle sue tesi, ma “ piccolo particolare – come
giornalista, cioè come rappresentante dell’opinione pubblica e come
tale incaricato di raccontare i fatti nella loro completezza, di inquadrarli
nel contesto, di sintetizzarli e di interpretarli, per aiutare i cittadini
a coglierne il senso effettivo, al di là delle versioni di parte. Se
in Italia ci sono giudici disposti a chiudere un occhio e anche l’altro
occhio su queste cose, siamo messi proprio male. Una società democratica
non può fare a meno della libertà di informazione e di critica sul
comportamento dei pubblici amministratori, siano essi sindaci o presidenti
del consiglio. A noi piace un paese in cui i personaggi pubblici rispondono
alle domande con dichiarazioni esaurienti e convincenti, reagiscono
alle critiche cogliendone il lato positivo e confutandone la parte che
ritengono ingiusta, lasciano giudicare al giudice penale se una notizia
sia calunniosa e diffamatoria, cioè se il cronista o il commentatore
abbia agito con dolo. Insomma reagiscano rinunciando all’istinto di
mettere a tacere con un colpo di martello i grilli parlanti. Perciò
manifestiamo solidarietà a Rino Giacalone e  rivolgiamo un appello
affinchè il “caso Giacalone” sia inserito nella piattaforma
della manifestazione nazionale del 3 ottobre per la libertà di stampa.  

Alberto Spampinato direttore di Ossigeno per l’informazione

Roberto Morrione presidente di Liberainformazione

Giuseppe Giulietti portavoce Articolo 21 Liberi Di

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