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Terre di Don Diana, un’estate di impegno

Di Tina CIoffo il . Campania

Dalla Calabria, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, Sardegna, Lazio, Lombardia, Marche, Liguria e dalla Toscana, dalla Puglia i volontari di Italia arrivati, quest’estate, a Castel Volturno nelle Terre di don Peppe Diana sono stati in tanti. Circa 500 le presenze registrate in tre mesi. I primi ad arrivare, a giugno, sono stati gli scout di Benevento 1 e 2, con loro gli Operatori di Pace di Napoli ma poi anche gruppi parrocchiali, ambientalisti, singoli cittadini convinti di non dover delegare ad altri la costruzione di un domani migliore. In via Del Cigno, località Centore, in quello che era un allevamento di cavalli di razza, confiscato al camorrista napoletano Michel Zaza, molti sono arrivati con il pregiudizio e forse pure con la presunzione di verità assoluta. Hanno lavorato alla realizzazione della prima cooperativa Libera terra della Regione Campania e della provincia di Caserta. Laddove verrà prodotta la mozzarella, agricoltura biologica, energia alternativa, latte d’asina, il contributo di ragazzi e ragazze dai 15 anni in su è stato preziosissimo.  Hanno dipinto le pareti, costruito tavoli e panche, coltivato l’orto con piantine di melanzane e peperoni, bonificato il campo dall’erba incolta, pulito i locali, organizzato gli spazi, reso vivibile quello che la camorra e forse pure l’inefficienza delle istituzioni avrebbe voluto totalmente abbandonato al degrado. Hanno ascoltato le decine le testimonianze avute dai familiari delle vittime innocenti della camorra, da imprenditori che hanno detto no al racket, da immigrati e mediatori interculturali, da tutori dell’ambiente e della legge, di uomini e donne che hanno fatto dell’impegno per la legalità la propria bandiera di vita. Hanno visitato le bellezze di Terra di Lavoro, dalla Reggia vanvitelliana ad Aversa normanna, portato omaggio alla tomba di don Diana e di Domenico Noviello, partecipato alla commemorazione di Jerry Essan Masslo nel 20 anniversario del suo assassinio, raccolto le pesche a Casal di Principe nel pescheto confiscato a Sebastiano Ferraro ed ora affidato alla cooperativa Eureka, mietuto il grano a Pignataro. Hanno pianto, riso,ballato e cantato. Si sono indignati, hanno chiesto, hanno mangiato i frutti dei campi castellani, la mozzarella e la pizza di Cancello Arnone. Hanno vissuto in terra di camorra capendo  e alla fine hanno capito che dalle mafie nessuno può veramente dirsi libero, che la camorra non è più un fatto locale e che l’attenzione in tutta Italia deve essere alta per non ritrovarsi colpevolmente soggiogati dalla violenza degli affari criminali. Andando via per tutti c’è stato il rimpianto di non potersi trattenere. Senza comodità, al caldo, punti dalle zanzare e impolverati da mattina a sera hanno dato significato a quella che spesso sono solo vuote e vane parola: solidarietà, legalità, responsabilità. Chi vive nelle Terre di don Diana ha dimostrato dignità, valore, passione e voglia di resistere. Per tutti nel nome di Don Diana, il coraggio delle proprie azioni che niente ha a che vedere con la vigliaccheria dei camorristi.

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