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“No al guinzaglio all’informazione”

Di Rino Giacalone* il . Campania

Libera Informazione aderisce
alla manifestazione del 19 settembre per la difesa della libertà di
informazione e apre questo spazio per dare voce a chi nel Paese,
occupandosi a vario titolo di informazione, associazionismo e
cittadinanza attiva, riconosce nel diritto di manifestare la propria
opinione un punto cardine indiscutibile del vivere democratico. “In periferia da
anni  è difficile raccontare ciò che ti accade davanti gli occhi,
fare il resoconto di un processo, pubblicare il contenuto di una
sentenza – dichiara il giornalista trapanese Rino Giacalone. Prima di Berlusconi
per molti di noi che lavoriamo in
periferia sono scene già viste, vissute, non era Berlusconi ma magari
sindaci, politici, di tutti i colori, anche prefetti”. Giacalone sarà idealmente in piazza il 19 settembre a Roma perchè  dichiara – non è ancora troppo tardi per restituire al giornalismo dignità e libertà.

RICORDANDO ROSTAGNO, A ROMA IL 19 SETTEMBRE

Dieci righe per dire che “ci sarò” ma da Trapani. Il 19 settembre infatti si svolgerà in città una manifestazione che idealmente può collegarsi a quella di Roma. L’ordine degli architetti consegnerà un premio che porta il nome di Mauro Rostagno. Lui era un sociologo, ex sessantottino ed ex tante altre cose, che ha concluso la sua esistenza terrena il 26 settembre di 21 anni addietro per colpa di un paio di sicari mafiosi armati al solito come accade spesso in Sicilia da complici insospettabili di Cosa Nostra. Faceva o meglio aveva ripreso a fare il giornalista, senza tessera, lavorando in una tv locale, Rtc, a Trapani. Qualcuno lo ha mandato avanti a parlare delle malefatte cittadine, della criminalità, della mafia e della droga, riprendete l’archivio in mano di Rtc e vedete quante volte per esempio il direttore responsabile di quella testata è comparso in video al fianco di Rostagno, nemmeno una volta, salvo  poi osannarlo una volta morto. E’ la Sicilia.

Ecco la mia riflessione vuole partire proprio da questo punto: dal fatto che la libertà di informazione l’abbiamo messa in gioco noi giornalisti per primi, ed è stato grave in tanti anni che nessuno dal “centro” non si sia accorto di cosa andava accadendo in periferia, dei giornalisti contrattualizzati perché “fedeli” al potere che spesso risiedeva, e risiede, fuori dalle stanze dell’editore e del direttore di turno, e di quelli costretti a fare i precari per decine e decine di anni, sfruttati, anche dai colleghi, pronti a “venderli”, venendo pagati a pezzo, in lire non si arrivava quasi mai alle 10 mila lire, oggi anche meno di 5 euro, oppure 8 euro (lorde) per confezionare un servizio tv di un minuto dopo magari avere percorso anche 50 e passa chilometri; nei momenti tragici ci si è ricordati dei giornalisti, se uccisi o intimiditi, poi il silenzio.

Le prese di posizione contro giornalisti e stampa da parte del presidente del Consiglio Berlusconi, per molti di noi che lavoriamo in periferia sono scene già viste, vissute, non era Berlusconi ma magari sindaci, politici, di tutti i colori, anche prefetti. In periferia è da anni che è difficile raccontare ciò che ti accade davanti gli occhi, fare il resoconto di un processo, pubblicare il contenuto di una sentenza, o anche lettere perfettamente autentiche dove un sindaco si permette di parlare male dell’antimafia prendendosela con i professionisti e tacendo invece sulla mafia, sui suoi affari, i suoi complici.

Ecco probabilmente se si fosse prestata più attenzione a questa realtà, se i giornalisti scoperti con le mani nella marmellata fossero stati messi alla porta, probabilmente avremmo uno spazio di libertà non tanto ampio ma più largo di quanto lo è ora. Ma come diceva il titolo di una famosa trasmissione tv, “non è mai troppo tardi”, e il 19 settembre credo che si possa rimediare anche a nostri errori.

L’informazione è mossa da tanti piccoli sconosciuti giornalisti di provincia che oggi corrono il serio rischio di scomparire e con loro tanti fatti che servono a capire cosa accade a livello centrale. Cronisti che si muovono dentro moderne Gomorra, Mafiopoli, dove non ci sono più uomini a camminare con coppole e lupare, ma in grisaglia e con le valigette piene di soldi. Ci sono tante storie da raccontare, per quanto mi riguarda continuerò a provarci. Nonostante tutto.

* Rino Giacalone
 Giornalista

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