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“Il Clandestino” con permesso di soggiorno per l’altra informazione

Di Norma Ferrara il . Sicilia

“E’ nato tre anni fa in un garage, dall’esigenza di una decina di ragazzi, stampavamo poche copie, prima arrivava solo nelle scuole”. Distribuivano il loro foglio in formato A3 con una tiratura di duecento copie ma già da allora ricorda Giorgio Ruta – fra i fondatori del mensile – “ci occupavamo un po’ di tutto, di tutto quello che accadeva in città”. Si chiama “Il Clandestino” un nome evocativo di molti diritti negati oggi non solo in terra di mafie, il mensile diretto da Pippo Guerrieri ed edito a Modica con distribuzione in buona parte della cosiddetta provincia “babba”, Ragusa.

Angolo fra i più incantevoli dell’isola in cui il barocco si mischia al petrolio e al mare questa città ha dato i natali ad uno degli otto giornalisti uccisi in Sicilia nell’esercizio del proprio mestiere Giovanni Spampinato. A Ragusa dedica una incantevole e intensa pagina di narrativa e di storia del Paese, il fratello di Giovanni, il giornalista Alberto Spampinato nel suo ultimo libro “C’erano bei cani, ma molto seri”. Dalla Ragusa di ieri a quella di oggi una costante sembra rimasta  ed è proprio l’esigenza di raccontare il sommerso, l’invisibile, le pressioni di poteri forti che molto spesso hanno inciso sulle sorti dell’economia di questa città e della sua gente.

“Siamo nati perché abbiamo sentito l’esigenza di raccontare quello che c’è intorno a noi – dichiara Giorgio Ruta  de Il Clandestino – ma soprattutto perché vediamo il giornalismo “ufficiale” locale appiattito nel racconto della quotidianità, di quello che accade, solo comunicati stampa e poco più”. Nascono per colmare un vuoto e quest’anno decidono insieme al presidio di Libera a Ragusa di mettere in piedi un Festival del giornalismo a Modica, una tre giorni di laboratori, dibattiti e incontri, tutti rigorosamente con permesso di soggiorno per scrittori, giornalisti, giovani colleghi di altre esperienze giornalistiche e infine i cittadini.

“I primi anni sono stati di rodaggio – ricorda Ruta – poi a Febbraio è arrivata la registrazione e grazie al sostegno di Guerrieri ci siamo potuti occupare anche di inchieste più incisive”. L’ultima in ordine di tempo i ragazzi di Modica l’hanno dedicata proprio ad un’analisi della famiglia fra le più influenti del ragusano i Minardo  imprenditori di petrolio . “Incidono molto sugli equilibri della città, basta leggere le inchieste dello storico e giornalista Carlo Ruta, per capire come e perché. Non è stato facile occuparsene, ma abbiamo deciso di farlo perché crediamo nell’importanza dell’informazione”. 

Non credono al teorema della provincia “Babba” i ragazzi de Il Clandestino e anche l’organizzazione di questo festival ne è dimostrazione concreta. Si alterneranno in questi giorni a parlare di informazione, mafie e diritti Riccardo Orioles della storica rivista “I Siciliani” e oggi direttore de “U cuntu” e di molte altre realtà da lui coordinate, Luciano Mirone, giornalista d’inchiesta e scrittore de “Gli Insabbiati” e Carlo Ruta, scrittore e giornalista che si è occupato  in particolare del territorio ibleo. Insieme a loro anche tante esperienze editoriali, da Step one di Catania ad altri portali siciliani, sino a Libera Informazione.

“Noi non crediamo che questa provincia sia immune dal fenomeno mafioso, come sostengono coloro che la definiscono “babba” (stupida, ndr). Ci sono molte cose sommerse che non vengono raccontate, ora noi non sappiamo con certezza se si tratti di mafia, di poteri forti o di altro, ma resta il fatto che siano forze che condizionano ingiustamente la vita di questa città”. Un modello chiaro di valori e anche uno di giornalismo contraddistingue i ragazzi de Il Clandestino, un modello che affonda le radici nell’esperienza di quel giornalismo etico che il giornalista Pippo Fava scelse per raccontare la sua Catania e che gli costò la vita nel 1984.

“Vorremmo esercitare un giornalismo di rottura, che dia fastidio perché dice la verità e che non abbia paura a farlo – dice Giorgio Ruta”. E loro hanno cominciato a farlo, facendo nomi e cognomi, creando aggregazione sul territorio attraverso iniziative pubbliche come il Festival del giornalismo, cercando di non restare soli, isolati. A Giovanni Spampinato, se oggi fosse ancora tra loro, qualcosa di questa esperienza avrebbe forse ricordato la sua “Dialogo”. La sua penna scalpitante e vivace oggi manca a questa provincia, come manca la verità definitiva sulla sua morte. Ma questa terra molto arida continua a produrre ancora buoni frutti, ciclici come la storia.

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