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Dalla Colombia alla Calabria l’eco di libertà di Ingrid Betancourt

Di Anna Foti (da strill.it) il . Internazionale

Contorni di
quotidianità e umanità alla parola libertà e opposizione ferma alla
violenza dell’odio e del potere. Potrebbe essere questa l’essenza
della filosofia del futuro premio Nobel per la Pace, Ingrid Betancourt,
senatrice colombiana oggi popolare al punto da essere la candidata favorita
alla presidenza se Uribe, adesso al suo secondo mandato, deciderà di
non candidarsi nuovamente nel 2010. Liberata nel 2008, dopo sei anni
in ostaggio delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC),
2321 giorni di prigionia, Ingrid Betancourt è oggi emblema della difesa
dei diritti umani, voce delle vittime delle guerriglie che insanguinano
il Sud America e delle centinaia di persone che ancora vivono imprigionate
nella giungla. Come ci ricorda lo scrittore colombiano Efraim Medina
Reyes, in un articolo apparso lo scorso anno sul settimanale “Internazionale”,
in Colombia ancora sono tante le persone vittime del crimine terribile
del sequestro e voce dovrebbe essere prestata anche ai maestri di scuola,
alle “madri comunitarie” (donne che si sono prese cura degli orfani
di guerra), ai medici di campagna, spesisi nel quotidiano per la comunità,
morti durante le prigionie o ancora sotto sequestro senza che nessun
presidente, nessun capo di Stato, nessun Uribe o Sarkozy, spendano una
parola per salvarli o ricordarli. Forse l’adozione europea, discesa
dalla cittadinanza francese, ha garantito ad Ingrid le trattative che
hanno condotto alla sua liberazione. Forse quella stessa cittadinanza
francese discrimina i tanti colombiani sequestrati che non ce l’hanno.
La liberazione di Ingrid, invece, può e deve essere speranza per tutti
coloro che non godono di alcuna visibilità, che sono vittime di oblio
e di indifferenza. E in questa ottica il messaggio della senatrice colombiana
riecheggia nella nostra regione dove l’Istituto Superiore Calabrese
delle Politiche Internazionali (ISCaPI), in collaborazione con la fondazione
a lei intitolata sta promuovendo, con sostegno tra gli altri del Comune
di Santa Severina e della Provincia di Crotone, la “Summer Peace University”
(Università della Pace). Un’idea frutto dell’accordo tra il direttore
dell’ISCaPI, Salvatore La Porta, e il consigliere speciale del Presidente
Betancourt, Stefano Angelini, concretizzatosi in occasione del Summit
del Premi Nobel per la Pace tenutosi nel dicembre 2008 a Parigi. Dallo
scorso 2 agosto e fino al prossimo ottobre, infatti, 9 studenti figli
di rifugiati politici, di vittime di sequestro di persona da parte di
organizzazioni terroristiche e provenienti da Usa, Brasile, Argentina
e Colombia soggiornano in Calabria per frequentare le Scuole della Sapienza
(afferenti al Programma Pitagora Mundus) di Santa Severina, Fuscaldo,
Cosenza e Spilinga. Il corso prevede lezioni di lingua e cultura italiana,
di Pace e Cooperazione che saranno tenute da docenti universitari specializzatisi
nel panorama nazionale e internazionale. Studio della lingua ma anche
delle tradizioni italiane e calabresi come la tarantella. Proprio in
questo week – end il gruppo di studenti si trova nella provincia reggina,
a Caulonia in occasione del Tarantella Festival. 

LA STORIA –
Rimasta libera nella mente nonostante la prigionia di sei anni in mano
alle Farc, Ingrid Betancourt  ha tenuto saldi i propri principi
e le proprie convinzioni attraverso la quotidiana sfida con i suoi carcerieri.
Ma a chi la ricorda agguerrita, estremista al punto da essere risultata
impopolare, rigorosa e dai gesti dimostrativi dirompenti, dopo il rapimento
e la prigionia è apparsa senza rabbia sorprendendo l’intero paese.
Figlia di Gabriel Betancourt, ministro durante la dittatura di Gustavo
Rojas Pinella, e di Jolanda Pulecio, senatrice del collegio di uno dei
quartieri colombiani, Ingrid nasce a Bogotà nel 1961 ma la sua vita
la conduce fino in Francia, di cui diviene cittadina, dove studia e
sposa Fabrice Delloye, il primo marito, e ha due figli, Melanie e Lorenzo.
A loro e alla madre Jolanda Pulecio, dedica una vibrante lettera nel
2007, raccontando il dolore, l’angoscia ma senza dire Addio. “Descrive
con parole semplici e strazianti, la sua vita quotidiana nella giungla
tra i seguaci dell’odio e della violenza”, scrive il premio Nobel
Elie Weisel, nella prefazione del volume “Lettera dall’inferno”,
edito da Garzanti nel 2008. La professione diplomatica del primo marito
induce la famiglia a spostarsi finanche in Nuova Zelanda. Tuttavia Ingrid
non dimentica le radici latinoamericane e l’omicidio del candidato
alla presidenza colombiana Luis Carlos Galan, contestatore convinto
del narcotraffico, la richiamano in Colombia nel 1989 dove si sposerà
nuovamente. La sua vita politica si accende in questi anni quando distribuisce
provocatoriamente preservativi contro la corruzione in una Colombia,
capitale del narcotraffico.  

L’IMPEGNO
POLITICO, IL RAPIMENTO E LA LIBERAZIONE – In questo contesto complesso
Ingrid Betancourt fonda un proprio partito politico “Partido Verde
Oxigeno” con cui viene eletta nel 1994 alla Camera dei Rappresentanti,
si batte contro il narcotraffico e denuncia la corruzione dell’amministrazione
Samper. Candidatasi senatrice nel 1998, i voti piovono abbondanti come
le minacce di morte. Sono gli anni dell’amministrazione Pastrana in
cui viene istituita una zona smilitarizzata per l’espletamento dei
negoziati di pace con i narco-terroristi delle Farc, Secondo alcuni,
quella zona era poi diventata un’area sottoposta alla loro esclusiva
influenza rivoluzionaria comunista, il cui accesso era divenuto pericoloso.
Lì infatti avvenne il rapimento di Ingrid Betancourt il 23 febbraio
2002 quando, candidata alle elezioni che avrebbero decretato l’attuale
presidente Alvaro Uribe Velez, volle recarvisi e incontrare gli esponenti
del forze rivoluzionarie. Non fece piu’ ritorno prima del 2 luglio
2008 quando dopo una impeccabile ma controversa operazione antiterrorismo
– operazione “Scacco matto” – venne liberata insieme a tre ostaggi
americani e ad undici soldati colombiani. Tutto lascerebbe concludere
che si sia trattato di un blitz delle forze militari governative colombiane
e non di un negoziato, caldeggiato anche dal presidente Venezuelano
Hugo Chavez, tra il presidente colombiano Uribe e le Farc ed avente
ad oggetto uno scambio di prigionieri condannati per rivolta con ostaggi
militari e politici. Dunque, forse, una sintesi eccellente dell’inflessibilità
del presidente Uribe, non disposto a negoziare ma fermo sulla richiesta
di liberazione unilaterale, e dell’operato di intelligence americana
e forze armate colombiane.  

LA PRIGIONIA
E LA SPERANZA – Profonda come le angosce e la disperazione di sei anni
di prigionia. Forte come le umiliazioni e le malattie che hanno messo
a dura prova il corpo e lo spirito, ma senza avere la meglio. Oggi Ingrid
Betancourt non mostra rabbia ma resta una donna determinata, una donna
dal carisma universale e di grande tempra morale la cui popolarità
è cresciuta più di quella del presidente Uribe, che avrebbe contribuito
alla liberazione sua e di altri 14 ostaggi. Non bisogna tuttavia dimenticare
coloro che ancora vivono sotto sequestro delle Farc. Non bisogna tuttavia
dimenticare il professor Gustavo Moncayo che ha percorso a piedi oltre
2000 km per giungere a Bogotá e chiedere un accordo umanitario tra
il governo di Álvaro Uribe e le FARC per la liberazione dei sequestrati,
tra cui suo figlio Pablo Emilio, da ormai 11 anni nelle mani dei
guerrilleros
e la cui liberazione unilaterale era stata annunciata
lo scorso aprile. Come più volte paventato dalle famiglie delle persone
sequestrate, pare che la rigidità del presidente Uribe, che non acconsente
ai contatti della senatrice Piedad Córdoba con i guerriglieri, si stia
ritorcendo contro gli ostaggi medesimi. Potrebbe essere legittimo, a
questo punto, chiedersi se gli altri ostaggi della Farc possano contare
sullo stesso investimento di risorse o se il successo per Ingrid Betancourt
sia ascrivibile alla definizione di “sequestrata speciale o più celebre”
di cui lei avrebbe goduto in un momento di particolare delicatezza del
governo Uribe. La risposta potrebbe evidenziare che questo colpo inferto
alle Farc rappresenta un passo decisivo per la neutralizzazione definitiva
della guerriglia marxista che terrorizza l’intero paese. La figura
di Ingrid, destinata a segnare il futuro politico del paese, potrà
apportare il contributo decisivo per le liberazione di tutti gli ostaggi
e per la libertà della Colombia dalle Farc. 

LA COLOMBIA
DEI DIRITTI NEGATI – Nel rapporto 2009 di Amnesty International, che
con Human Rights Watch ha lanciato diversi appelli per la liberazione
delle persone sequestrate, con riferimento alle Farc si legge che nel
2008:” Il numero dei rapimenti ha continuato a diminuire; i rapimenti
registrati nel corso dell’anno sono stati 437 paragonati ai 521 del
2007. La maggior parte dei rapimenti commessi durante l’anno sono stati
attribuiti a bande criminali. I gruppi della guerriglia si sono resi
responsabili della maggior parte dei rapimenti connessi al conflitto”.
Con riferimento alla Colombia si legge nello stesso rapporto di Amnesty
che “molte centinaia di migliaia di persone hanno continuato a essere
colpite dal conflitto armato interno in corso. I civili sono stati le
principali vittime del conflitto, con popolazioni indigene, afrodiscendenti
e campesinos (contadini) maggiormente a rischio; molte vivevano in zone
di interesse economico e strategico per le parti in lotta”. La morte
di civili e di militari ha causato le dimissioni forzate di molti membri
dell’esercito governativo tra cui anche quelle del generale Mario
Montoya, che prese parte all’operazione di liberazione di Ingrid Betancourt.

Luogo pericoloso
per i difensori dei diritti umani, per i sindacalisti e per i civili
coinvolti negli scontri armati, la Colombia continua ad essere attraversata
da guerriglie tra forze di sicurezza, paramilitari e gruppi affiliati
all’Esercito di liberazione nazionale (Ejército de Liberacion Nacional
– ELN) e alle FARC  (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia)
che continuano a generare ostaggi e ad angosciare famiglie. Organizzazione
paramilitare clandestina colombiana, nata negli anni Sessanta come braccio
armato del Partito Comunista Colombiano, le Farc sono tra le più longeve
organizzazioni ribelli del mondo. Migliaia di suoi affiliati, anche
minorenni, controllano la giungla del Sud Est del paese e le pianure
ai piedi delle Ande. Tuttavia nel tempo tale organizzazione, dal presidente
venezuelano Hugo Chavez caldeggiata come forza belligerante e non clandestina
e terroristica, ha assunto un ruolo sempre più incisivo nella rete
del narcotraffico e nella gestione di ingenti quantità di cocaina che
dalla Colombia, attraverso il Venezuela raggiungono l’Europa. Una
rotta molto familiare alla ‘Ndrangheta. Un futuro di diritti umani
per la Colombia, e non solo, dipende anche dalla sconfitta dei terroristi
marxisti nelle fila della Farc che, affiancando ai sequestri e alle
estorsioni i traffici illeciti, nel tempo hanno diluito la loro vocazione
rivoluzionaria nella rete del narcotraffico. Un duro colpo è stato
inferto con la liberazione di Ingrid, con le infiltrazione che ne stanno
consentendo lo sgretolamento dall’interno e con la defezione di centinaia
di militanti.

La Colombia
è, dunque, un paese complesso e dalle mille sfaccettature. Patria di
Gabriel Garcia Marquez e di Alvaro Mutis, è anche teatro di guerriglie
e sistematiche violazioni dei diritti umani. Unita alla nostra regione
per via del traffico di cocaina gestito dalle ‘ndrine calabresi. Un
intreccio complesso, infatti, unisce le indagini di Falcone sui legami
tra Cosa Nostra e i narcotrafficanti colombiani, il primato della stessa
Colombia nella produzione di Cocaina, il cambiamento di rotta di questa
polvere bianca verso l’Italia della ‘Ndrangheta dopo l’arresto di Totò
Riina e Pablo Escobar nel 1993. Poi ancora la connivenza tra la malavìta
calabrese, i cartelli del narcotraffico e i gruppi paramilitari della
nazione sudamericana e infine le persecuzioni poste in essere da questi
nei confronti dei sindacalisti, specie se lavoratori dell’ingente sistema
colombiano “Coca Cola”.  

La Colombia,
come ogni luogo, ha bisogno di diritti umani e di libertà dal terrorismo,
dal narcotraffico. Ingrid Betancourt, in forza di una storia personale
che la avvicina ad altre persone comuni ma non meno coraggiose, potrebbe
rappresentare la svolta, il riscatto e il futuro diverso per ogni cittadino
che sogna e opera per una Colombia più civile, più giusta e dove si
respiri aria di pace.

da strill.it

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