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Una memoria concreta e attuale

Di Stefano Fantino il . Interviste e persone, Sicilia

Sono
passati ventiquattro anni dall’uccisione di Beppe Montana,
commissario della Mobile di Palermo. Il ricordo del suo assassinio è
l’occasione per parlare del modo di fare memoria, e di fattivamente
dare un contributo alla lotta alla mafia. Senza tralasciare storie
passate di scottante attualità. Così ricordare i ventiquattro anni
dall’uccisione del fratello è anche motivo di discutere della sua
città Catania, della vicenda de “I Siciliani”, costretti a
pagare debiti contratti dopo la morte di Pippo Fava e soprattutto
presentare un progetto ambizioso: una cooperativa che su due province
siciliana, Catania e Siracusa, nascerà sui terreni confiscati ai
mafiosi. In nome di Beppe Montana.

Dario,
due giorni fa erano ventiquattro anni dalla morte di tuo fratello,
come è stato ricordato e secondo te quanto ancora è forte la
memoria di Beppe?

A
riguardo ho una sensazione netta, maturata negli anni. Una sensazione
di amarezza. Ti spiego, lo scorso anno organizzammo una serie di
iniziative per ricordare Beppe: spettacoli teatrali e una messa che
celebrò Don Luigi Ciotti. La presenza in Chiesa fu massiccia. Si
riempì completamente, anche grazie a una forte partecipazione
istituzionale. Fin troppo, direi io. Esponenti politici locali e
deputati di ogni schieramento. Quest’anno la messa, celebrata il 27
per motivi burocratici, ha visto una chiesa inesorabilmente vuota.
Non è certo una cosa che riguarda i familiari, impegnati nel
ricordare Beppe da sempre. Ma un dato oggettivo con cui le persone
devono fare i conti. Sono stato molto felice che l’anno scorso sia
venuto Luigi a celebrare. Ma le persone che un anno ci sono e l’anno
dopo non partecipano, di sicuro dovrebbero fare loro i conti con
questa anomala situazione. Io provo molta amarezza.

Proprio
il 28 una serata musicale ha voluto ricordare “I Siciliani” e
promuovere la sottoscrizione per aiutare economicante i redattori di
quel giornale a saldare un debito che viene loro contestato. In che
modo il giornale e la storia di Beppe si sono intersercate?

Esattamente.
Quest’anno il ricordo di Beppe assumeva anche questa valenza, molto
forte. Ovvero avere davanti a noi una concreta occasione, quella di
aiutare economicamente i “Siciliani”, per testimoniare il nostro
impegno. Occuparsi di cose attuali, vicine ai nostri giorni, di
problematiche che ci toccano penso sia il vero modo di fare memoria e
e di rendere concreta la nostra attività. Ancora di più nei
confronti di un giornale come i “Siciliani”, che dopo la morte di
Pippo Fava continuò la sua avventura e ci fu molto vicino all’epoca.
Con un giornalismo non truce, non “da sciacalli”. In un numero
che vedeva interviste di Beppe e di Chinnici e una ultima pagina che,
con grande lungimiranza parlava di aziende confiscate ai mafiosi da
consegnare agli operai. Quindi partecipare a una serata di buona
musica per una buona causa, sì. questo è il vero senso della
memoria.

Pensi
quindi sia fondamentale il supporto alla redazione de “I
Siciliani”?

Si,
certo. Ripercorrere gli anniversari è molto importante. Farlo
collegandosi ai temi contingenti, essere vicini in maniera attuale al
problema della mafia è fondamentale. Il nuovo questore di Catania,
che ci è stato molto vicino nelle nostre battaglie ultimamente
analizzando la situazione catanese ha detto di aver visto, in città
poche manifestazioni antimafia e soprattutto poco informazione di
inchiesta sul tema. Quell’informazione che i “Siciliani” ponevano
davanti a tutto.

A
proposito di tematiche attuali, quest’estate state portando avanti
come Libera Catania diversi campi di lavoro sui beni confiscati.
Anche lì avete ricordato Beppe?

Certo,
sui beni confiscati portiamo avanti durante i campi diversi
approfondimenti, tra cui uno su Beppe e su Chinnici, sulla realtà
palermitana di quegli anni. Abbiamo celebrato una messa sui terreni e
il questore, pur non potendo partecipare, ha più volte visitato i
campi, dicendo cose che molto mi hanno colpito. Parlando di Beppe e
di Ninni Cassarà come di due ragazzi che non mediavano su niente.
Non disposti al compromesso. E legatissimi al loro dovere. Era così
Beppe. Pensava che ciò che stava facendo fosse troppo importante per
chinarsi di fronte alle mancanze di mezzi e fondi: utilizzava la sua
macchina i suoi mezzi pur di continuare il suo lavoro. Ricordarlo sui
terreni è stata memoria ma anche riappropriazione di un bene da
parte della collettività.

Dove
si stanno svolgendo questi campi?

Dopo
i primi due campi già conclusi ora ne stiamo portando avanti uno a
Belpasso, in una tenuta di sedici ettari con un agrumeto e un
fabbricato confiscati alla famiglia Riela, tipico esempio di famiglia
mafiosa imprenditrice. Da bracciante a dattilografo, il gruppo
familiare dei Riela è diventato leader nell’autotrasporto con molti
legami con mafiosi di alto calibro anche nella sicilia occidentale e
contatti con la ‘ndrangheta. 

Oltre
a Belpasso, altri terreni confiscati dovrebbe in futuro, confluire in
un progetto di cooperativa, cosa ci puoi dire a riguardo?

Il
nostro progetto, sebbene agli inizi, è molto ambizioso. Si tratta di
una cooperativa che nelle nostre intenzioni gestirà terreni a
Lentini, Belpasso, Ramacca e Motta Sant’Anastasia, tra le province,
dunque, di Catania e Siracusa. 

In
che settori sarà impegnata la cooperativa?

L’idea
è quella di sistemare i terreni, abbandonati da dieci anni per
stabilire una coltivazione biologica di agrumi, commercializzati con
il marchio Libera Terra. In seconda battuta valorizzare anche dal
punto di vista turistico queste zone. I campi servono per sondare
questa possibilità. Infatti pensiamo di restaurare il fabbricato di
Belpasso per fargli ospitare 55 posti letto. E farne in futuro il
fulcro di un possibile itinerario per il turismo scolastico. Sposando
beni confiscati e turismo responsabile. Al momento siamo ancora agli
inizi e anche organizzare i campi di lavoro è molto dura; ma già
più di tremila persone sono state su questi terreni. E ne hanno
fatto una zona viva dove si fa memoria concreta.

A
proposito di memoria, oggi cosa significa per te ripensare a tuo
fratello?

Il
ricordo di Beppe è vivo in me. In diverse occasioni abbiamo mostrato
a dei ragazzi un video di Beppe che ne 1982 con Chinnici va a parlare
a dei ragazzi a Siracusa. Mi hanno fatto molto impressione le sue
parole. Che fanno riferimento alla politica, ai rapporti con la
mafia, a cose, che se fatte, avrebbero evitato molto sangue.
Rivederlo così, con le sue movenze naturali in mezzo ai ragazzi, mi
ha fatto ritornare il mente la sua abnegazione, il suo coraggio e la
sua voglia di agire, senza mai far rischiare i suoi ragazzi.
Impossibile per i ragazzi datare quell’intervento. Talmente attuale e
lucida era la visione di Beppe.

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