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“I Siciliani” in lotta per la memoria
Fnsi: non rassegnamoci a un paradosso

Di Stefano Fantino il . Progetti e iniziative

Sono passati da più di venticinque
anni da quando l’uccisione di Pippo Fava segnava in modo cruento la
storia dell’Italia e quella dell’informazione, cui la mafia volle in
modo perentorio togliere fiato. Ma quel gennaio 1984 segnò anche un
punto netto, di svolta. Fava lasciava dietro di sé non solo
l’affetto e la stima di parenti, amici e persone che ne avevano
apprezzato la poliedrica genialità culturale. Il più importante
segno della sua attività era quel giornale, “I Siciliani”, che
lui portava avanti grazie all’impegno e alla dedizione di molti
giovani giornalisti, i suoi “carusi”, che dopo l’uccisione del
direttore decisero coraggiosamente di portare avanti quella storica
testata, in mezzo a grandissime difficoltà.

Soprattutto economiche, che ora, a
distanza di vent’anni vengono a bussare alla porta e prevedono che
quella storica redazione versi oggi svariate decine di migliaia di
euro, pena il pignoramento di beni immobili ai giornalisti stessi.
Settantaduemila euro di debiti da saldare qualora si rinunciasse a
ricorrere in appello. Più di novantamila in caso contrario. E pare
questa la strada che la redazione di allora vuole praticare, per non
chinare la testa di fronte a una decisione, quella di non far
ricorso, che parrebbe ancora più pesante che non il pagamento
stesso.

«Il problema non è solo quello di
recuperare una cifra e saldare il debito. Ma far capire a tutte le
persone che vogliono dare un contributo che chi ora chiede soldi alla
redazione è come se avesse invitato all’epoca i ragazzi a demordere,
anziché a rimboccarsi le maniche. Un invito a chiudere bottega
piuttosto che a continuare a fare informazione». Sintetico Claudio
Fava, politico e giornalista, figlio di Pippo. Sarebbe stata «una
scelta di comodo che ora non ci metterebbe nei guai; ma non abbiamo
ripensamenti: andava fatta, dopo l’uccisione del nostro direttore era
un dovere continuare a scrivere, informare e parlare di mafia».

Liberainformazione, Articolo 21 e Fnsi
sono infatti in prima linea per rilanciare l’appello dei Siciliani,
una sottoscrizione che intende raccogliere i soldi ribadendo l’alto
valore giornalistico e democratico che una scelta come quella
dell’epoca portava con sé. «Non vogliamo rassegnarci al paradosso-
dice Roberto Natale, presidente della Fnsi- perchè il valore civile
non deve pagare. Siamo qui non solo come sindacato, ma unitariamente
con Ordine degi Giornalisti e Associazione Stampa Romana non per
polemizzare sulla decisione della magistratura ma per dare pieno
sostegno anche economico a una storia fondamentale del giornalismo
italiano».

Un argomento che a pieno titolo si
inserisce all’interno di un giornalismo che dimentica queste e altre
vicende, facendo distinzione tra cronaca e cronaca, ignorando
tematiche, quelle mafiose, senza pudore. «In Italia abbiamo un
debito di verità; speriamo che anche su questa vicenda non cali quel
garbato silenzio che molto spesso cala- dice Fava- ringrazio i
giornali che hanno parlato del nostro caso e rilancio ai loro sitiweb
la possibilità di dare spazio alla sottoscrizione che scade il 30
settembre».

Concorde l’impegno dell’Ordine con
Iacopino («I ragazzi dei Siciliani nulla devono rinnegare, si
ispiravano a un concetto etico di giornalismo che lo stesso Fava
promosse») e di Articolo 21 e Libera Informazione che si faranno
garanti della circolazione del materiale informativo. «Proporremo
una medaglia alla redazione dei Siciliani – ha dichiarato Beppe
Giulietti, portavoce di Articolo 21, riconoscimento che vuol fare
luce su una vicenda che spero occuperà anche la Rai, impegnata in un
non esaltante palinsesto estivo». Per non rinunciare ancora una
volta a raccontare quegli avvenimenti che hanno più importanza per
il paese per impedire, ricorda il giornalista Alberto Spampinato,
fratello di vittima di mafia «che l”informazione più critica e
puntuale sia quella che alla fine paga più degli altri».

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