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Quanto costa la corruzione?

Di Valeria Meta il . Istituzioni

Dai cinquanta ai sessanta milioni di euro l’anno. Tanto costa allo Stato la corruzione, secondo quanto si legge nel Rendiconto presentato dal Procuratore generale della Corte dei Conti Furio Pasqualucci. Cifre esorbitanti, destinate a essere pagate interamente dalla cittadinanza, tanto in termini prettamente economici quanto nella fruizione di servizi di scarsa qualità. 

Nella relazione si sottolinea come il fenomeno della corruzione all’interno della pubblica amministrazione sia talmente rilevante e foriero di conseguenze da far ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese anche al di là delle stime effettuate dal Servizio Anticorruzione e Trasparenza. Tali stime parlano di un costo annuo pari a circa 50/60 milioni di euro, un’autentica ‘tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini’. Ulteriori conseguenze sono evidentemente riscontrabili sul piano dell’immagine e della fiducia, un costo non monetizzabile ma ugualmente importante per la collettività che rischia di ostacolare gli investimenti esteri e screditare le istituzioni. 
La vastità del fenomeno impone in primo luogo un’azione di contrasto da parte del legislatore a tutela del principio costituzionale del ‘buon andamento della pubblica amministrazione’; il rapporto evidenzia tuttavia un’insufficienza dell’azione repressiva in quanto, limitandosi a prendere atto di danni già verificati, di fatto costituisce un mero deterrente, lasciando inevasa la questione del contrasto sul piano organizzativo. Un’attenzione particolare va inoltre rivolta ai finanziamenti comunitari europei, che ha spinto il Parlamento italiano all’estensione delle ipotesi di reato dell’art. 322bis del codice penale (peculato, concussione e corruzione) anche alla tutela degli organi dell’Unione e indirettamente del patrimonio statale. Dai dati elaborati dal sitema d’indagine del Ministero dell’Interno si evince innanzitutto come fra le prime cinque regioni per numero di reati collegati ai fenomeni corruttivi, ben quattro appartengono al Mezzogiorno (Sicilia, Campania, Puglia e Calabria), mentre l’unica regione del Nord è la Lombardia; il Lazio, sede delle amministrazioni centrali si colloca al settimo posto. Sul fronte del contrasto, le articolazioni costituite all’interno delle Squadre Mobili hanno portato alla luce l’esistenza di sodalizi organicamente strutturati, atti a infiltrare apparati amministrativi dello Stato, in particolare nel settore degli appalti delle opere pubbliche, per il conseguimento di indebite utilità. In generale, i settori più colpiti risultano essere quelli della sanità, delle assunzioni, della concessione di finanziamenti e degli appalti pubblici, senza dimenticare l’edilizia privata, l’università, le consulenze e lo smaltimento dei rifiuti. 
Per quanto riguarda le modalità corruttive, le Fiamme Gialle delineano un’evoluzione delle dazioni illecite mutuata da sistemi analoghi a quelli adottati per frodare il fisco (sovraffatturazioni di operazioni commerciali, utilizzo di società cartiere, rimborso di presunte spese ecc.). I soggetti arrestati o denunciati per istigazione alla corruzione nel 2008 sono stati 182, il 30% in più rispetto all’anno precedente, a testimonianza di una percezione di facile permeabilità degli apparati della pubblica amministrazione da parte dei privati. La Corte dei Conti lamenta infine la mancanza di una puntuale trasmissione di dati sugli episodi corruttivi che ne renda più incisiva la funzione dissuasiva e repressiva, consentendo alle Sezioni giurisdizionali di pronunciarsi sul risarcimento dei danni patrimoniali arrecati allo Stato da funzionari ‘infedeli’. E magari restituisca ai cittadini almeno parte del denaro che la corruzione sottrae a loro insaputa.

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