“Li prenderemo tutti.” Lo ha assicurato il procuratore Federico Cafiero De Raho ieri mattina presso la fabbrica di Franco D’Angiolella, l’imprenditore di Parete cui nella notte tra il 18 e il 19 luglio un attentato della camorra ha distrutto il deposito di imballaggi in plastica, legno e cartone in località «Tre Ponti» al confine tra Parete e Giugliano. Franco D’Angiolella, 59 anni, e membro dell’Unione Casertana Antiracket, nata proprio il 29 giugno scorso a Trentola Ducenta alla presenza del sottosegretario all’Interno Mantovano e dal presidente della Federazione Antiracket Italiana, Tano Grasso, nonostante i danni al deposito, non è intimidito. “La camorra non mi fa paura. Sono solo degli sciacalli che agiscono d’accordo con alcuni imprenditori che fanno il loro stesso mestiere.”
Franco D’Angiolella, 59 anni, imprenditore di Parete e membro dell’Unione Casertana Antiracket, non si dà per vinto. Ieri mattina, nel capannone ancora distrutto, sono arrivate le istituzioni a portargli la solidarietà. Il sottosegretario all’interno, Alfredo Mantovano, Tano Grasso della FAI, il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore e l’aggiunto Cafiero de Raho, il Commissario antiracket e antiusura, Giosuè Marino, Sindaci, organizzazioni sindacali. Tra la folla anche i figli di Domenico Noviello e l’imprenditore Pietro Russo di Santa Maria C,.V. a cui la camorra incendiò un anno e mezzo fa la fabbrica di materassi e nuovamente inaugurata il 29 giugno scorso. Ma c’erano anche i ragazzi dell’associazione Libera e i ragazzi dell’associazione Libera provenienti da varie città italiane, che in questi giorni sono impegnati in un campo di lavoro su un bene confiscato alla camorra a Castel Volturno.
Significative le parole di Dalia, una ragazza di Torino che partecipa al campo: “Molti noi vengono dal nord. Noi siamo qui per dirvi che anche il nord non è indifferente a quello che accade qui. Siamo arrivati a Castel Volturno con motivazione diverse, ma tutti consapevoli che arrivavamo in una terra di camorra. Ma consapevoli che queste sono anche le terre di don Peppe Diana e di persone come noi e come voi, persone oneste. Torneremo nelle nostre città con la responsabilità di far sapere a tutti ciò che abbiamo visto. Siamo contenti di aver appreso che in una terra così stressata vi sono persone che credono che si possono fare scelte diverse. E questo ci dà forza. Un commerciante della zona ci ha detto: “Voi siete quelli che hanno pagato per venire a lavorare”. E’ vero. Nel senso che abbiamo pagato per venire al campo a lavorare. Ma questa cosa ci piace. Abbiamo pagato per lavorare. E questo lavoro ci ha fatto anche crescere e ci ha fatto imparare un sacco di cose, come quella che abbiamo visto stamattina”.
“Non mi aspettavo tutta questa gente attorno a me – confessa D’angiolella – per anni mi hanno lasciato solo a combattere contro la camorra. Li ho sempre denunciati i miei estorsori ogni volta che venivano a chiedermi il pizzo. La prima volta fu nel ’98. Nel ’99 mi hanno fatto un primo attentato. Poi li ho denunciati nuovamente nel 2003. E dopo la denuncia si fermavano. Solo che Sono rimasto fuori da tutto. Isolato anche dai miei colleghi imprenditori. Nessuno per il passato ha seguito il mio esempio. E se non avessi avuto la capacità di resistere sul mercato, sarei già fallito con la mia azienda. Faccio questa attività da 24 anni. Ho costruito tutto io. Ma non ho avuto mai paura. Adesso, però, non me l’aspettavo proprio. In questo momento mi trovo vicino gli amici dell’associazione antiracket, ma ancora una volta, gli imprenditori no.” Il suo scoramento dura un attimo. “Questa manifestazione è un segnale forte – riprende Franco D’angiolella – Speriamo solo che questa cosa continui e non si fermi. Altrimenti è inutile. E’ la gente che deve collaborare. Qui si deve cambiare mentalità.
Lo Stato ha assestato colpi importanti contro i clan. In questo momento la camorra è più debole, e forse per questo anche più pericolosa.” E mentre i ragazzi di Libera si stringono attorno per salutarlo, D’angiolella lancia un ultimo appello alla società civile: “Però bisogna denunciare. Questo è l’invito che faccio a tutti gli imprenditori e ai commercianti. Qui il pizzo non lo dobbiamo più pagare. E’ giunto il momento di ribellarsi tutti quanti senza avere più paura”.