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“Carissimo Paolo”, Marsala 1992

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Il ricordo di Paolo Borsellino è ricco di lettere, parole scritte o pronunciate in interviste per la carta stampata o televisive, testimonianze lasciate da chi lo ha conosciuto, ha lavorato con lui, fino a quella tremenda e terribile domenica del 19 luglio 1992. Documenti che sono usciti da scrivanie pubbliche e private, consegnate via via alla opinione pubblica perchè se ne riuscisse a far tesoro nell’impegno che ognuno liberamente ha voluto dedicare alla giustizia, alla lotta alla mafia, alla democrazia e alla libertà in poche parole. Parole spesso finite strumentalizzate.

E quindi talvolta apprezzate solo per secondi fini, mai per le cose originali e vere. Difficile che questo possa mai accadere per la lettera che di seguito si propone. E’ il saluto che i magistrati di Marsala rivolsero al loro procuratore Paolo Borsellino quando lasciò la guida dell’ufficio marsalese per approdare da procuratore aggiunto alla Procura antimafia di Palermo.

“Carissimo Paolo, al di là dei saluti ufficiali, anche se sentiti, un momento arivato, un colloquio fra noi. Non tutti siamo qui a Marsala con Te fin dal Tuo arrivo, ma ognuno di noi porta nel suo cuore un pezzetto di storia da raccontare sul lavoro a Marsala, nella Procura che Tu hai diretto. Ci piacerebbe ricordare tante situazioni impegnative o tristi o buffe che ci sono capitate in questa esperienza comune, ma l’elenco sarebbe lungo e, allo stesso tempo, insufficiente.

Possiamo comunque dirTi di avere compreso appieno il significato di questo periodo di lavoro accanto a Te e le possibilità che ci sono state offerte: l’esperienza dei «pentiti», i rapporti di un certo livello con la polizia giudiziaria, sono situazioni rare in una Procura di provincia, e la Tua presenza ci ha consentito di giovarci di queste opportunità. Abbiamo goduto, in questi anni, di una autorevole protezione, i problemi che si presentavano non ci apparivano insormontabili perchè ci sentivamo tutelati. Qualcuno ci ha riferito in questi giorni che Tu avresti detto, ironizzando, che ogni Tuo Sostituto, grazie al Tuo insegnamento «superiorem non recognoscet». Sai bene che non è vero, ma è vero invece che la Tua persona, inevitabilmente, ci ha portati a riconoscere come superiore solamente chi lo è veramente.

Ci sono state anche le incomprensioni, e non abbiamo dimenticato nemmeno quelle: molte sono dipese da noi, dalle diversità dei caratteri e della natura di ognuno; altre volte, però, è stata propria la Tua natura a vedere ogni cosa da una Tua personale angolazione, insuscettibile di diverse interpretazioni. Tuttavia, anche in questo sei stato per noi un «personaggio», Ti sei arrabbiato, magari troppo, ma con l’autorità che Ti legittimava e che mai abbiamo disconosciuto. Anche nel rapporto col personale abbiamo apprezzato l’autorevolezza e la bontà, mai assurdamente capo, ma sempre «il nostro Capo». E poi Te ne sei andato, troppo in fretta, troppo sbrigativamente, come se questo forte rapporto che ci legava potesse essere reciso soltanto con un brusco taglio, per non soffrirne troppo.

Il dopo – Borsellino – non Te lo vogliamo raccontare: pure se uniti fra noi, in tantissime occasioni abbiamo sentito che non c’eri più ed in molti abbiamo avvertito il peso, talvolta eccessivo per le nostre sole spalle, di alcune scelte, di importanti decisioni. E adesso il futuro, il Tuo, ma anche il nostro. Noi Ti assicuriamo, già lo facciamo, siamo all’erta, sappiamo cosa vuol dire «Giustizia» in Sicilia ed abbiamo tutti valori forti e sani, non siamo stati contaminati, se è vero che «chi ben comincia» – con ciò che ne segue – siamo stati tutti molto fortunati. Per Te un monito: è un periodo troppo triste ed è difficile intravederne l’uscita. La morte di Giovanni e Francesca è stata per tutti noi un po’ la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno.

Qui il Tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori. Sii la nostra fiducia nello Stato”.

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