Casalesi, nuovi arresti tra Caserta e Modena
Terra bruciata intorno ai latitanti
Ancora
una volta la risposta giuridica e militare al clan dei casalesi segna
un punto importante. E ancora una volte le ordinanze di custodia
cautelare emesse ed eseguite dai carabinieri hanno tenuto unite,
salde, due provincie, quella di Caserta, originaria del clan e
quella emiliana di Modena, a ribadire ancora una vosta una
colonizzazione ormai innegabile. Per la precisione sono
quarantaquattro i mandati, per vari capi di imputazione tra cui
spiccano associazione per delinquere di stampo mafioso,
favoreggiamento, riciclaggio ed estorsione.
Solo
due persone Antonio Aquilone, di 25 anni e Costantino Garofalo, di
24, entrambi di Casapesenna sono riuscite a sfuggire all’arresto: nei
loro confronti sono state formulate le accuse di associazione per
delinquere di tipo camorristico, detenzione e porto abusivo di armi e
munizioni e gioco d’azzardo. Tra gli arrestati tre donne Maria
Capone e Angela Diana, moglie e figlia del boss Raffaele Diana e
Barbara Crisci, moglie di Giuseppe Caterino. Secondo gli inquirenti
la Crisci aveva il compito di gestire gli stipendi degli affiliati. A
finire in manette, a
San Cipriano d’Aversa, anche Corrado Carcarino, proprietario dell’appartamento nel quale fu trovato un bunker che secondo gli
inquirenti sarebbe stato usato dal latitante Antonio Iovine.
Questi
due elementi, la latitanza e la figura delle donne nell’ambito della
gestione economica, sono punti importanti per valutare le scelte
strategiche degli inquirenti e soppesare la portate della azioni
militari.
La scelta di fare terra bruciata intorno ai gran boss
latitanti tenta di prosciugare la rete delle coperture logistiche
(appartamenti, bunker) che permettono di vivere nascosti e
parallelamente azzerano quella struttura di supporto finanziario che
permette di vivere e gestire ancora gli affari durante la latitanza.
Gli
arresti a tappeto degli affiliati sul territorio, dove con molta
probabilità si trovano i latitanti, crea una sorta di mancanza di
supporto ai boss. Inoltre la grande quantità di arresti provoca uno
sbilanciamento tra le entrate dei clan e la possibilità di garantire
la “copertura finanziaria” per il
pagamento degli stipendi e il mantenimento delle famiglie e per
pagare gli avvocati.
Esempio
lampante è quello dell gruppo di Bidognetti che è stato decisamente
smantellato proprio perché non si riusciva più a pagare gli
stipendi, costringendo gli affiliati a trasferirsi nel
clan Schiavone.
Al
centro di questa dinamica finanziaria ancora una volta le donne che
garantiscono il clan gestendo economicamente l’azienda: in assenza
dei rispettivi compagni sono loro ad incassare, a registrare le
entate, a pagare gli stipendi. Ora alla luce degli ultimi arresti,
che hanno riguardato il gruppo Schiavone, anche questo clan si trova
fortemente provato ma non ancora dal passare le stesse difficoltà
create al gruppo Bidognetti. Ma il cerchio intorno a Iovine e Zagaria
continua a chiudersi.
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