NEWS

“A Napoli se un cronista decide di raccontare la verità rischia grosso”

Di Arnaldo Capezzuto* il . Campania

Inutile girarci attorno: a Napoli se un cronista racconta la verità
rischia grosso. E’ un assioma tramandato dall’esperienza del mestiere e
svela un bieco avvertimento: la cocciutaggine professionale si paga a
caro prezzo. Il 27 marzo di cinque anni fa Annalisa Durante, appena 14
anni, è l’ennesima vittima innocente dei killer della camorra.
L’omicidio avviene in via Vicaria Vecchia a Forcella, un rione di
Napoli dove la camorra storicamente fa ciò che vuole. Lavorare in un
piccolo quotidiano (all’epoca Napolipiù, testata chiusa l’anno scorso)
ti permette in generale di non seguire le agenzie e la gerarchia delle
notizie ma di lavorare liberamente, costruirti rapporti di fiducia e
insinuarti nei ciottoli delle viuzze dove i clan sono padroni. Una
presenza costante la mia che si è incrociata con don Luigi Merola,
prete anticamorra di Forcella e Giovanni Durante, il papà di Annalisa.
Le cronache si fanno attente. Il primo colpo è stato – con la forza
della denuncia – far abbattere alcuni manufatti abusivi della famiglia
Giuliano che si affacciavano – vedi il paradosso – sul terrazzo della
scuola che a breve sarebbe stata dedicata alla memoria di Annalisa
Durante. Non solo. La rimozione di un muretto che bloccava l’accesso
delle volanti della polizia e una scala che serviva ai “signorotti” del
clan per fuggire da un vicolo all’altro in caso di blitz delle forze
dell’ordine. L’onda lunga dell’indignazione, l’iniziale tam tam
mediatico induce molti residenti del rione – nonostante le
frequentazioni con ambienti malavitosi – a recarsi dagli inquirenti e a
verbalizzare. Un fatto enorme per gente abituata ad entrare e uscire
dalla Questura in manette. Il processo sembra una passeggiata Salvatore
Giuliano non ha speranze: sparò ad Annalisa Durante. Ma qualche mese
prima dell’ inizio del dibattimento accadono episodi molto inquietanti:
pestaggi, irruzioni in abitazioni, minacce. Le cosche non vogliono la
condanna di Giuliano. Hanno paura di un effetto domino giudiziario.
L’unica arma è avviare una potente campagna d’intimidazione ai
testimoni. Lo scrivo. Lo denuncio. Riporto notizie segretissime. Si
apre il dibattimento. Puntualmente comincia la girandola delle
ritrattazioni : “Signor presidente non ricordo”, “Signor Giudice il
verbale è falso”, “La firma non è la mia”, “Io ai Giuliano li rispetto,
sono come uno di famiglia”, “Mi sono sbagliato: quella sera io non
c’ero a Forcella”. Esattamente quello denunciato su Napolipiù qualche
mese prima. Il 27 maggio 2005, a fine udienza in un corridoio laterale
all’aula 114 della Corte d’Assise del Tribunale di Napoli, mi blocca il
pluripregiudicato Luigi Giuliano, padre dell’imputato Salvatore e
cugino omonimo del padrino Lovigino, ex capo della Nuova Famiglia
(quella che negli anni Ottanta fece la guerra alla Nco di Raffaele
Cutolo) e mi dice: “Voi siete Capezzuto. Vorrei sapere come dobbiamo
fare con voi. Scrivete sempre contro la mia famiglia. Adesso dite che i
Giuliano stanno minacciando i testimoni…che li vogliamo fare
ritrattare….non è vero…quando scrivete gli articoli mettete delle
parole per far capire altre cose”. Ribatto con la voce che mi trema:
“Faccio il giornalista, scrivo i fatti”. Lui attacca: “Voi siete stato
sempre contro di noi. Il vostro giornale mette sempre in prima pagina i
Giuliano. Vi dico solo che dovete stare attento perché le disgrazie
succedono all’improvviso”. Lo interrompo e gli chiedo : “Mi state
minacciando?”. E lui :”No….vi sto dando un consiglio così  evitiamo
i  problemi”. L’escalation è innescata. Il 2 Luglio 2005

Viene
fatta recapitare alla Parrocchia di San Giorgio ai Mannesi una lettera
anonima per minacciare me e don Luigi Merola di morte. In particolare
nella missiva c’è scritto che farò la fine di Siani perché scrivo
sempre in prima pagina le notizie contro i Giuliano. La lettera si
conclude con due pupazzi decapitati. Lo stillicidio è solo all’inizio.
Il 24 novembre 2005, sempre approfittando di una pausa processuale, i
genitori di Salvatore Giuliano cioè Luigi e Carmela De Rosa più altre
due persone mi fermano fuori l’aula. Carmela De Rosa dice: “Scrivi
sempre delle minacce e delle ritrattazioni, noi non c’entriamo niente.
Queste persone, i testimoni che hanno ritrattato ci hanno fatto solo un
danno. Tu ce l’hai con noi e la mia famiglia. Stai contro Salvatore. Ti
piace sbattere il mostro in prima pagina. Scrivi i particolari come è
vestito, che cosa fa, come si muove” Interrompe Luigi Giuliano: “Scrivi
che io sono un pregiudicato, tutta Napoli sa che io sono un
pregiudicato, tu lo scrivi perché devi farci la guerra ma la guerra te
la facciamo noi. Io ho tutti i giornali conservati, le cose non le
dimentico…stai tranquillo”. Riprende la De Rosa: “Tu vuoi vedere mio
figlio con il vestito a strisce bianche e nere come si faceva tanti
anni fa con il numero in petto. Sei un giornalista che fa di cognome
Durante. Ti sei fissato…Stai sempre a fare le foto a Forcella e a
parlare con la gente. Ti devi fare i cazzi tuoi, ci stai dando
fastidio”.
Un fardello pesante. Ne parlo con il giornale e con
Ottavio Lucarelli, l’unico, sempre accanto in ogni momento della
vicenda. Ma un altro accadimento oscuro e gravissimo irrompe nella
storia : due ragazzi in scooter gettano una bottiglia incendiaria nel
palazzo dove abita Giovanni Durante. Un chiaro segnale.
Non è
finita. Mentre il processo Durante si avvia a conclusione giunge il 20
gennaio 2006 una telefonata in redazione dove una voce artefatta dice
minacciosa �Ss’ adda fa e cazzi suoi Capezzuto ‘o si no ‘o sparammo”….

La
redazione del giornale viene messa sotto tutela con una vigilanza
saltuaria delle forze dell’ordine. Io comincio a scomparire firmando
gli articoli con un pseudonimo e tralasciando purtroppo i particolari
mentre le fasi conclusive del processo vengono affidate a un mio
collega.

Va avanti l’inchiesta nata dalle mie denunce insieme a
don Merola e approda al rinvio a giudizio degli imputati. Nel frattempo
Salvatore Giuliano esaurisce tutti i gradi di giudizio e ora sconta una
pena definitiva a 20 anni di carcere. C’è lo spazio per la condanna dei
testimoni che nel corso del processo hanno ritrattato la loro verità e
l’apertura di un nuovo fascicolo d’inchiesta sui soggetti che a vario
titolo misero in essere una strategia di minacce per intimidire i
testi.

Poi il capitolo minacce al cronista.

Il processo
viene celebrato davanti alla XI Sezione del Tribunale di Napoli -
giudice Carlo Spagna – l’ordine dei giornalisti della Campania con il
presidente Ottavio Lucarelli si costituisce parte civile (non è mai
accaduto a Napoli). Del resto è già una rarità il fatto che un cronista
minacciato trascini in aula i propri aggressori. Poi la cronaca di
questi giorni. Una secca condanna per Luigi Giuliano a 2 anni e 6 mesi
di carcere e per la consorte Carmela De Rosa a 2 anni e 2 mesi. Il
giudice ha stabilito anche un risarcimento per il cronista di 10 mila
euro e 25 mila per l’Ordine dei Giornalisti della Campania. Denaro che
sarà devoluto in beneficenza alle associazioni che operano al rione
Forcella. Conclusione: i cronisti non devono ritenere “fisiologico”
diventare bersaglio di minacce e aggressioni. Occorre denunciare e
andare fino in fondo anche tra l’indifferenza dei tanti, in primis i
molti colleghi bravi solo a parole. Anche così si restituisce dignità
alla professione.

* giornalista de “SIl Napoli” gruppo Epolis

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link