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Giuliano condannati per minacce ad Arnaldo Capezzuto

Di Stefano Fantino il . Campania

Sono passati quattro anni e Arnaldo Capezzuto, giornalista napoletano
può esultare: «Questa sentenza dimostra che le minacce, chiunque le
riceva, vanno sempre denunciate anche in questa città e soprattutto
per chi esercita questa professione di giornalista». La sua storia
parte lontano. Da quel 2005, quando per la prima volta, durante il suo
lavoro di cronista di giudiziaria cominciò a subire minacce da parte
della famiglia Giuliano.

Minacce che in questi giorni hanno portato ad alcune condanne:Due
anni e 6 mesi di reclusione per Luigi Giuliano e 2 anni e 2 mesi per
la moglie Carmela De Rosa. I due, genitori di Salvatore Giuliano, condannato
come autore dell’omicidio di Annalisa Durante, avvenuto nel 2004,
sono stati condannati dall’undicesima sezione penale del Tribunale
di Napoli , giudice Carlo Spagna, anche al risarcimento dei danni nei
confronti di Capezzuto, con 10 mila euro, e dell’Ordine dei Giornalisti
della Campania, rappresentato in aula dal presidente Ottavio Lucarelli
con 25 mila euro. 

A motivare le minacce sarebbe stato il fastidio provato dai Giuliano
nel leggere gli articoli di Capezzuto, in particolar modo dopo la morte
di Annalisa Durante. E nell’aprile 2005, aperto il processo per l’omicidio
di Annalisa, i testi che hanno visto qualcosa, durante la sparatoria,
repentinamente cambiano le loro deposizioni. Smorzando e attenuando
le testimonianze diventa più lasca la possibilità di far condannare
Giuliano. Capezzuto segue il processo per il suo giornale e racconta
di strane visite a casa dei testi e le possibili intimidazioni per far
cambiare la versione in tribunale. E le reazioni non si fanno attendere.
In aula Arnaldo Capezzuto viene ripetutamente avvicinato dai parenti
di Giuliano almeno in due occasioni. Una escalation che culminerà nel 
gennaio 2006, quando Capezzuto era fuori dalla redazione per lavoro,
e un anonimo, con voce contraffatta, contattava telefonicamente la segreteria
del quotidiano “Napoli più”: «Sadda’ fa e cazzi suoi Capezzuto
‘o si no ‘o sparammo».  

Nella fattispecie la condanna si riferisce al reato di violenza privata
esercitata nei confronti del giornalista Capezzuto, consistito nell’averlo
minacciato in più occasioni per il contenuto degli articoli scritti
sul quotidiano «Napolipiù» relativi al processo per l’omicidio
di Annalisa Durante, tra maggio e novembre 2005. Il giornalista napoletano,
contattato da Libera Informazione ha parlato «di una vittoria molto
importante, il primo caso in Campania di giustizia che punisce un clan
per minacce a un giornalista».

Nelle parole di Capezzuto la felicità per la condanna ma anche l’amarezza
per quanto si potrebbe fare di meglio: «Bisognerebbe imporre all’intera
categoria di denunciare minacce e violenze. Tanti colleghi le subiscono,
anche fisiche, ritenendole connaturate al nostro territorio. Non bisogna
ritenerle fisiologiche a Napoli ma denunciarle come sopruso». 

Ad accompagnare la vicenda di Capezzuto l’Odg campano. Soddisfatto
il presidente Lucarelli: «La sentenza va a tutela dell’intera categoria,
la presenza e l’impegno dell’Ordine dei giornalisti, anche attraverso
il presidente, ha visto nella sentenza la riconferma che la libera informazione
non può e non deve essere in alcun modo condizionata e che ogni tentativo
di reprimerla viene inevitabilmente sanzionato dalla giustizia». Caso
più unico che raro di supporto a un giornalista in difficoltà. E non
manca di sottolinearlo anche Capezzuto: «Oltre all’Odg pochi mi sono
stati vicini. L’Unione Cronisti ad esempio non mi ha ancora telefonato
per congratularsi». Al telefono Renato Rocco, presidente dell’Unione Cronisti ribadisce l’impossibilità di essere soggetto giuridico e presentarsi come parte civile e la vicinanza mostrata comunque in aula con presenze durante il processo.
 «Bisogna ridare dignità alla nostra professione e
farci sentire vicini gli ordini di categoria» conclude Capezzuto. Intanto incassiamo questa,
per certi versi, storica condanna.

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