L’Abruzzo va in guerra
Non
sono opera di terroristi di Al Qaeda né di anarchici insurrezionalisti.
Le foto che vedete sono state scattate dai nostri reporter inviati sul
territorio aquilano. Testimonianze dell’ennesimo ridicolo flop
berlusconiano. —
A dare la misura del clima che si respira a L’Aquila in questi
giorni, è il racconto di un terremotato di mezza età. «Ho la passione
del cross e dalla scossa del 6 aprile solo ieri sono finalmente
riuscito a rifarmi un giro con la mia moto. All’improvviso – ci
racconta l’abitante di Paganica mentre sorseggia un caffè – ho trovato
il sentiero di montagna che percorrevo di solito, sbarrato da
reticolati e filo spinato».
L’uomo non fa in tempo a riprendersi dallo stupore, che gli piombano
addosso uomini degli apparati di sicurezza che vogliono sapere perché
si trovava lì. «Io qui ci abito e ho sempre fatto questo percorso –
ribatte l’uomo – voi, invece, chi siete, cosa fate qui e cosa volete»?
Dopo una lunga attesa per l’identificazione e i controlli, finalmente
lo fanno tornare indietro, e solo allora si accorge di dove era finito:
«Un campo militare perfettamente mimetizzato con tanto di postazioni
radar, blindati e batterie di missili, posto su un colle a poche
centinaia di metri dal paese di Filetto».
Ma dal racconto dell’uomo, inizialmente dal tono sorpreso, traspare
poi una forte inquietudine: «Per oltre un giorno sono stato seguito da
un’auto in tutti i miei spostamenti, anche mentre andavo al lavoro o
incontravo parenti e amici – poi conclude -. Quello che preoccupa è che
ormai ci sentiamo osservati e spiati in tutti i nostri movimenti
quotidiani».
COSÌ, PER LE POPOLAZIONI TERREMOTATE DELL’ABRUZZO INTERNO, il clima
pesante dovuto alle misure di sicurezza per il summit del G8, va a
sommarsi ai traumi prodotti dal sisma e ai disagi provocati dalla
progressiva militarizzazione del territorio imposta dalla Protezione
civile a partire dalle prime ore successive alla scossa devastatrice.
Ma se, dopo l’11 settembre 2001, le batterie missilistiche
posizionate a difesa dei Grandi del mondo da possibili attacchi aerei
sono quasi un atto dovuto, in questi giorni sono le misure di difesa da
ipotetici «attacchi terroristici via terra» a imporre a tutti un
ulteriore sacrificio da offrire all’altare della sicurezza. Dopo gli
episodi di Gerusalemme, si teme che qualsiasi automezzo possa essere
utilizzato per attacchi suicidi e qui di macchine pesanti da utilizzare
come micidiali «armi improprie» ce ne sono in abbondanza: così anche i
pochi cantieri avviati del Piano case, finiscono per subire seri
rallentamenti.
DA ALCUNE SETTIMANE SI LAVORAVA GIORNO E NOTTE AI CANTIERI posti
vicino all’aeroporto di Preturo e lungo la statale 17 che conduce a
Onna, luogo simbolo di questo terremoto. Tanta fretta era dettata
proprio dalla necessità del governo di mostrare ai Grandi che
parteciperanno al summit che la ricostruzione procede con celerità.
Domenica, invece, nel cantiere di Bazzano, che si affaccia proprio
sulla statale 17 ad alcuni chilometri da Onna e in cui si era notata
una discreta presenza di operai maghrebini nelle ditte provenienti dal
Nord Italia, i lavori erano stranamente fermi.
Non solo: erano spariti dall’area decine di camion e ruspe. Ma se
per i residenti il rallentamento dei lavori in questi cantieri è solo
un dettaglio che difficilmente si nota, è tutto il resto che sta
creando seri problemi. A L’Aquila la libera circolazione, dopo il
terremoto, era già molto difficile a causa delle innumerevoli zone
rosse, ponti crollati, strade chiuse e posti di blocco. Con il G8 è
diventato praticamente impossibile muoversi ed è tutto bloccato, con il
territorio aquilano praticamente diviso in due.
Così per quasi dieci giorni, nell’intera area è tutto paralizzato:
impossibile recarsi al lavoro o far circolare uomini, mezzi e merci
senza i necessari passi, autorizzazioni rilasciate con il contagocce
solo dopo stretti controlli e una lunga trafila burocratica. Problemi
che stanno facendo ricredere anche i pochi che pensavano che ospitare
il G8 poteva portare un qualche vantaggio al territorio: «Pensavamo che
poteva essere una cosa buona ha dichiarato persino uno sconsolato
esponente del Pdl aquilano – ma a quanto pare ci siamo sbagliati».
Intanto, Stefania Pezzopane, presidente della Provincia de L’Aquila
rivolge un invito ai partecipanti al summit: «Non restate chiusi nel
fortino inespugnabile di Coppito, creato su misura per voi. Non è
quello il cuore della città. Venite a visitare la vera L’Aquila. Andate
anche al di là del muro della zona rossa, nelle tendopoli, tra la
gente. Venite a vedere la rabbia, l’indignazione, la paura e
l’incertezza delle persone, che patiscono da mesi gli effetti di una
calamità naturale».
da terranews.it
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