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La città delle nuvole: vedi Taranto e poi muori…

Di Lorenzo Frigerio il . Recensioni

Il progetto
editoriale “Verdenero” di Edizioni Ambiente, dopo i romanzi
noir scritti dalle più grandi firme italiane del genere che devolvono
parte delle loro royalties alla campagna Salvalitalia promossa da Legambiente,
si arricchisce di una nuova sezione dedicata alle inchieste giornalistiche
che hanno a che vedere con i grandi temi dell’ambiente, della salute,
della giustizia.

Tra i titoli
in uscita, merita sicuramente di essere segnalato “La città
delle nuvole”
di Carlo Vulpio, il giornalista che ha raccontato
l’affaire “Toghe lucane” dalle colonne del Corriere della
Sera e che ora ricostruisce lo scempio ambientale e sociale prodotto
in quello che viene definito il territorio più inquinato d’Europa,
la città di Taranto.

È un racconto
davvero crudo che non lascia certo insensibili al dramma umano e ambientale
che vivono Taranto e i suoi abitanti. L’autore analizza in primis
quello che definisce il ricatto più odioso che possa essere perpetrato
in nome del lavoro, principio quest’ultimo basilare tanto da meritare
il primo posto nella nostra Costituzione, cioè l’attentato alla salute:
“Sessant’anni dopo, abbiamo fatto una scoperta inimmaginabile sia
per i padri costituenti, sia per noi stessi, uomini e donne del tecnologico
XXI secolo. Abbiamo scoperto che si può
dire alla gente, senza che la gente lo trovi anormale o immorale, che
per lavorare bisogna essere disposti anche a morire, magari
un po’ per volta, un tanto al giorno, per rendere più
accettabile un destino ineluttabile”.

L’inchiesta
di Vulpio è un viaggio lungo il quale incontra uomini e donne, protagonisti
di una sfida impari, quella della propria sopravvivenza di fronte all’incombente
minaccia ambientale che viene sopportata, a costo della stessa vita.
Non è tra le possibilità prese in considerazione quella di salvare
la salute ma perdere il lavoro, soprattutto in questi ultimi anni e
quindi si è disposti pure a vivere in un ambiente assolutamente malsano,
pesantemente condizionato dai fumi del “drago”, l’acciaieria
Ilva che “ha regalato a Taranto tanti posti di lavoro, ma anche
tanti veleni e tanti lutti”
.

Nella corso
della narrazione, si racconta degli abitanti del quartiere Tamburi,
soprannominati “i morti che camminano”, in ragione della
continua esposizione ai fumi del colosso siderurgico e non solo per
la loro vicinanza, singolare ed evocativa purtroppo, al cimitero cittadino.
Non ci sono solo coloro che sono esposti naturalmente perché lavorano
all’interno dello stabilimento, ma anche e soprattutto i tanti fumatori
passivi, la cui unica sventura è quella di abitare nelle vicinanze
dell’acciaieria. Come il piccolo Silvio, al quale viene riscontrata
a soli undici anni di età una patologia cancerogena compatibile solo
con il quadro clinico di un fumatore incallito, ma che in realtà è
dovuto all’esposizione precoce ai veleni contenuti nell’aria che
respira. Alcune pagine del libro sono dedicate all’odissea del ragazzo
e della sua famiglia per affrontare il terribile tumore, che ne fa un
caso clinico da studiare per la sua assoluta unicità.

Si snocciolano
anche dati davvero impressionanti, se si pensa che siamo di fronte ad
una tragedia che si consuma nell’indifferenza dei grandi mezzi di
comunicazione: ogni anno, ciascun abitante di Taranto si trova a respirare
2,7 tonnellate di ossido di carbonio e 57,7 tonnellate di anidride carbonica,
stando ai dati dell’Ines (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro
Sorgenti); ad aggravare la situazione un miscuglio di veleni – prodotti
non solo dall’acciaieria, ma anche dalla raffineria, dal cementificio
e dall’inceneritore che insistono sul medesimo territorio comunale
– quali il benzoapirene, i policlorobifenili e il mercurio. Se questo
è il quadro e queste le cifre non può essere certo casuale se i tumori
siano aumentati del 30% nell’ultimo decennio. Le prime vittime di
questa situazione sono le giovani generazioni, in particolare i bambini,
ma a Taranto la morte non guarda in faccia a nessuno e tanto meno chiede
la carta d’identità.

Nella città
pugliese, già allo stremo delle forze per i danni ambientali che deve
sopportare, l’ultimo veleno arrivato in ordine di tempo è la diossina;
si calcola che qui venga immesso nell’aria circa il 92% della produzione
italiana del micidiale veleno, la cui scoperta è fatta per caso soltanto
nel 2005. Attualmente a Taranto risulta essersi accumulata una quantità
pari a 9 chili, corrispondente a tre volte la quantità dispersa nell’aria
il 10 luglio 1976, quando si verificò l’incidente alla Icmesa di
Seveso, alle porte di Milano.

Vulpio non
si limita a dare voce alle tante storie di sofferenza e di soprusi che
incontra nella sua inchiesta. Parlare di queste vicende a Taranto è
ancora più difficile, anche perché la rassegnazione è il sentimento
prevalente nella popolazione, se si esclude il coraggioso impegno di
un manipolo di cittadini e di associazioni che non si arrendono.

In questo libro
non si parla solo di pericolose emissioni, ma anche di sconcertanti
omissioni, quelle della politica che si è dimostrata incapace di dare
una risposta seria alla richiesta di verità su quanto avveniva a Taranto.
Non c’è destra, né sinistra che si salva, sotto accusa il Comune
di Taranto quanto la Regione Puglia, giudicate nell’inchiesta troppo
subalterne alle ragioni della proprietà dell’acciaieria. Alla fine
della sua inchiesta, Vulpio ricostruisce anche l’ultima beffa in ordine
di tempo, successiva all’approvazione di una legge regionale avvenuta
sotto la presidenza di Nichi Vendola, che sembrava un primo serio argine
alla questione della diossina, in quanto recepiva il limite europeo
per la diossina (0,4 nanogrammi per metro cubo) a partire dal 31 dicembre
2010 e l’abbattimento progressivo delle emissioni dal 2009. A distanza
di qualche messe un’ulteriore legge, definita di “interpretazione
autentica”
, ed emanata a seguito di un incontro avvenuto a Roma
Governo, Regione e Ilva, ne depotenzia gli effetti disponendo che i
controlli vengano fatti a settimane alterne e solo nelle ore diurne
.

La conclusione
di Vulpio è davvero amara: “Arrivederci Taranto. Ti hanno violata,
spremuto e infine ingannata”
.  

Lorenzo Frigerio 
 

Carlo Vulpio

La città delle
nuvole

Collana Verdenero
Inchieste

Edizioni Ambiente,
Milano 2009

pp 160 

€ 14,00 
 

Link utili

http://www.verdenero.it/

http://blog.verdenero.it/

http://www.comitatopertaranto.blogspot.com/

http://www.carlovulpio.it

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