Una città blindata, soprattutto per la stampa. Bisogna andarci per capire…
“L’Aquila bella me”, come la chiamavano i suoi abitanti, la città a
100 chilometri da Roma devastata dal terremoto di tre mesi fa, rimane
sospesa e in attesa, circondata da un silenzio fragoroso. Salvo,
infatti gli spot governativi che vedono protagonista il premier e le
notizie sull’imminente grande raduno del G8, la maggior parte dei media
ha abbandonato il capoluogo abruzzese (che pure tanta solidarietà nel
Paese ha suscitato) al suo destino. Le manifestazioni degli abitanti
pazienti e ordinate, i convegni, gli incontri dei diversi comitati
civici accomunati dalla volontà di ricostruire secondo regole
condivise, non riescono a “sfondare”al di là dei giornali e delle tv
locali. Né, eccetto lodevoli eccezioni (come il reportage de l’Unità
di domenica), si leggono inchieste, interviste, visite al Centro
storico, cuore moribondo di una città al collasso.
Bisogna andarci
all’Aquila per capire. Tornarci magari come figlia di quella terra
ingrata e bellissima e come giornalista in pensione per accorgersi che
c’è una volontà ben precisa di dirigere l’informazione, convogliarla in
innocui canali prefigurati e distrarre la gente, compresi i cittadini
aquilani, da tutto il resto. L’Aquila è una città blindata e
militarizzata, come fosse assediata da nemici con le armi spianate.
Ragioni di sicurezza, si ripete all’infinito: sicurezza fisica per le
persone comuni che le continue scosse possono pregiudicare ed ora anche
sicurezza per i grandi della Terra che si apprestano ad arrivare . E
allora accade che presentare un tesserino dell’Ordine dei giornalisti
per ottenere un “pass” in un ufficio, dove si va per ragioni personali,
faccia scattare l’allarme. E la giornalista venga presa in consegna da
un militare, seguita in ogni suo passo nel dedalo di cemento della
scuola della Guardia di Finanza, piantonata durante i colloqui con gli
sbigottiti impiegati e riaccompagnata all’uscita con nessuna
spiegazione.
Poi c’è la visita (privata) al Centro storico dentro
la zona rossa e lo choc è ancora più grande. Alle spalle di piazza
Duomo si estende un’area preziosa e unica dal punto di vista storico
culturale : vicoli, piazze, palazzi, cortili, fontane, chiese che dal
1300 in poi, sono andati formando un patrimonio inestimabile e
ineguagliabile, ma fragile e maggiormente esposto alle bizzarrie della
natura. Il cuore della città, che ha dato linfa, ossigeno, identità e
appartenenza a tutti gli aquilani, ora è gravemente ferito,
inaccessibile e impenetrabile perché pericoloso per l’incolumità fisica
dei cittadini e degli stessi uomini dei Vigili del Fuoco, della
Protezione civile e della Polizia. Per visitare la propria casa o
recuperare l’indispensabile è necessario prenotarsi presso la tenda dei
Vigili del Fuoco, mettersi in fila e attendere che una squadra
disponibile e gentilissima ti accompagni “dentro”. E dentro è tutto
rimasto fermo alla notte fra il 5 e il 6 aprile: le macerie delle ali
crollate dei palazzi cinquecenteschi sono tutte lì a ostruire i
passaggi, i cornicioni e le tegole pericolanti non sono stati
abbattuti, i puntelli alle case “spanciate” in avanti sono rarissimi e
frutto di disperate insistenze. E mentre in questo deserto, dietro il
vetro di una finestra ancora occhieggia un’orchidea moribonda,
s’incontra solo qualche faccia terrea di chi cerca di riprendersi
almeno un ricordo. Se non si entra nel Centro storico non si vede e non
si può documentare la devastazione del terremoto e quanta inerzia e
noncuranza l’hanno seguito, ma poiché è “pericoloso” per l’incolumità
fisica nessuno può entrare. E’ un circolo vizioso che impedisce la
conoscenza e la consapevolezza da parte dei cittadini, che copre e
nasconde le vere intenzioni sul futuro di questo territorio e mentre si
esaltano e si amplificano le notizie “buone”( 50 metri di corso dalla
Villa a piazza Duomo riaperti e documentati da tv di tutto il mondo) si
impedisce di fatto l’esercizio della professione giornalistica nella
zona oscurata. Delle altre censure si è parlato, anche se non
abbastanza: la vita delle tendopoli è regimentata da un ordine
paramilitare, e coloro che hanno una casa lesionata non sanno come,
quando e con quali soldi potranno aggiustarla. Ora sono prioritari i
lavori per il G8 e grande fermento c’è sull’autostrada e intorno
all’aeroporto . Ma l’inverno all’Aquila arriva presto (spesso a metà
agosto nevica sul Gran Sasso) e l’acqua e il gelo completeranno
l’opera, in un silenzio ancora più assordante, quando sul palcoscenico
dell’incontro dei potenti calerà il sipario.
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