Palermo, beni confiscati e zone d’ombra
Quando parte una battaglia contro la mafia in una terra dove questa governa la si vive con lo stupore della conquista, con il sapore della giustizia e la sete di rivoluzione quotidiana. E si accetta tutto. La fatica, il sudore, le sconfitte, la solitudine e le finte vittorie. Cosi sono partite dopo quel lontano 1996, dopo il milione di firme raccolte da Libera in tutta Italia, le esperienze sui beni confiscati alle mafie. Hanno il cuore posizionato fra Palermo e Trapani queste cooperative ma diramazioni e battiti hanno raggiunto Calabria, Puglia, Campania, e hanno dato impulso al Paese, sino a lambire persino Piemonte e Sardegna (che gestiscono due beni confiscati).
Oggi pensi ad un bene confiscato e associ: terreni, uva, olio, pasta. Ma anche facce serene, sorrisi distesi e ragazzi che in estate scelgono le vacanze sui terreni confiscati alle mafie. Poi il marchio Libera Terra: un logo ma soprattutto un percorso costato fatica e spinto dall’entusiasmo e dalla trasparenza sempre più in là. La dove? dove c’è il mercato spietato e autentico, quello del rapporto qualità prezzo ma passando attraverso etica e legalità.
“Passano gli anni e si tirano le somme – dichiara Umberto di Maggio di Libera Palermo all’incontro sui beni confiscati. Tantissimo è stato fatto ma quello che rimane da fare è ancora tanto. Non dobbiamo fermarci qui. Il Consorzio sviluppo e legalità è stato un ottimo esempio di come istituzioni, cittadini, associazioni possano costruire su terreni difficili come sono quelli confiscati alle mafie ma non possiamo non vedere che ancora molti beni nella provincia sono fermi, dimenticati”.
Beni come la Cantina Kaggio a Monreale (Pa) – citata più volte nel corso del dibattito sulle zone d’ombra dei beni confiscati – la cui situazione “immobile” da troppo tempo crea un doppio danno, da un lato il mancato riutilizzo, dall’altro l’idea che forse “quando a comandare era la mafia era meglio” perchè li c’erano posti di lavoro e vini. Sulla vicenda della Cantina confiscata a Brusca e Riina il presidente del Consorzio Sviluppo e Legalità, Lucio Guarino, dichiara “l’unica certezza su quel bene è che non tornerà ad essere una cantina ma diventerà qualcos’altro. Sappiamo che il Comune di Monreale ci sta lavorando, ma se dovessero cederla al Consorzio saremmo ben lieti di occuparcene”. Rassicura sulla vicenda anche il Commissario straordinario per i beni confiscati Antonio Maruccia che commenta: “stiamo già provvedendo a monitorare la situazione della Cantina e capire come procedere al suo riutilizzo al più presto”.
“L’assemblea dei sindaci – dichiara Guarino nell’intervista rilasciata a Corleone Dialogos – ha trasmesso nuovi progetti con il Pon sicurezza, per circa 3 milioni e mezzo di euro, si tratta di strutture, centri di degustazioni, attività sostenibili. Luoghi dove si potranno degustare i prodotti delle nostre terre. I passaggi positivi del nostro progetto possono essere replicati”. Numeri che danno fiato ai progetti futuri di riutilizzo dei beni al momento fermi e sostegno a nuove attività aziendali.
Dall’altro lato ci sono i numeri dei sequestri in Italia. Solo nei primi cinque mesi di quest’anno l’azione di contrasto della Guardia di Finanza alla criminalità organizzata, si è sviluppata in oltre 2.500 controlli, che hanno portato alla confisca di beni mafiosi per 1,1 miliardi di euro. Questi dati sono stati forniti dalle Fiamme Gialle in occasione del 235/o anniversario della fondazione del corpo. Molti di questi numeri sono allocati in Sicilia e altrettanti a Palermo.
Questo lavoro d’inchiesta sui beni confiscati – nato in collaborazione con Libera Informazione e Corleone Dialogos – ha un doppio scopo: tenere alta l’attenzione e andare ad illuminare le zone ancora in ombra su territori dove il riutilizzo di un bene confiscato può davvero cambiarne l’aspetto e incidere in maniera significativa sulla cultura del luogo”. L’ inchiesta è uno dei primi lavori che facciamo sui beni confiscati – dichiara Giuseppe Crapisi di Corleone Dialogos e segna l’inzio di un percorso in cui il nostro portale e il cartaceo saranno a disposizione dei palermitani e di Libera Palermo per informare da un lato sulla situazione attuale, dall’altro per favorire la pubblicizzazione delle fasi che caratterizzano la confisca e il riutilizzo e che caratterizzano, per l’appunto con luci e ombre, la 109/96”.
“Di fronte ai beni confiscati un Comune – dichiara il sindaco di Corleone Nino Iannazzo – ha solo una scelta da fare: riutilizzarli. E farlo nel minor tempo possibile. La nostra amministrazione comunale, non senza difficoltà, l’ha fatto e oggi possiamo vantare il numero “0” a lato alla voce: beni da riutilizzare”. E’ costata fatica e impiego di risorse – commenta il sindaco – ma non potevamo non farlo”.
E se a Corleone, con la mafia sotto casa, ce l’ hanno fatta (verrebbe da dire)…
Guarda qui la prima parte dell’inchiesta sulle zone d’ombra dei beni confiscati nella provincia di Palermo
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